Giovedì 12 Dicembre 2019 - direttore LUIGI CARICATO - [email protected]
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Nel passaggio da giudice di panel che svolge analisi sensoriale a giudice membro di commissione di concorso si cambia metodologia e sostanzialmente si passa da un metodo sensoriale analitico a una valutazione edonistica. I concorsi oleari rappresentano di fatto dei veri e propri “concorsi di bellezza”. Il giudizio sugli extra vergini? Può variare da giuria a giuria
L’analisi sensoriale è diventata negli anni uno strumento analitico sempre più applicato per diverse tipologie di prodotti alimentari. Sicuramente il settore oleario ha fatto scuola insieme ad altri perché grazie al Consiglio Oleicolo Internazionale la metodologia è stata condivisa a livello internazionale. Oggi questo metodo analitico è ampliamente applicato e rappresenta un elemento importante per la classificazione merceologica al pari di altre analisi chimiche. Inoltre, questo strumento rappresenta un ulteriore elemento di garanzia a tutela della valutazione qualitativa degli oli a denominazione di origine. A proposito delle denominazioni di origine, è anche interessante sottolineare che diversi disciplinari hanno subito modifiche relative alla valutazione sensoriale, in funzione dell’aggiornamento del metodo che negli anni ha visto diversi aggiustamenti.
Uno degli elementi su cui si basa l’analisi sensoriale è rappresentato dall’addestramento dei giudici e del capo panel. Anche a tal riguardo la normativa cogente si è evoluta negli anni ed oggi la figura ed il percorso di formazione del “giudice” panelista e del “capo-panel” sono ben delineati.
Questi giudici costituiscono l’elemento cardine dei comitati di assaggio ma grazie alla loro formazione possono anche essere chiamati a far parte di commissioni o giurie di concorsi oleari. Anche io ho partecipato negli anni a numerosi concorsi di assaggio in Italia e in altri paesi. A mio giudizio i concorsi hanno permesso la crescita qualitativa di molti oli. Tutti i concorsi, tanto locali quanto nazionali o internazionali, hanno contribuito ai percorsi di miglioramento qualitativo dell’extravergine.
Tuttavia, credo sia importante ribadire che nel passaggio da giudice di panel che svolge analisi sensoriale a membro di commissione di concorso si cambia metodologia e sostanzialmente si passa da un metodo sensoriale analitico ad una valutazione edonistica. Infatti, questi concorsi rappresentano di fatto dei veri e propri “concorsi di bellezza”.
Il giudizio finale, perché la valutazione possa essere più facilmente spendibile, non può non richiedere una valutazione soggettiva, un giudizio. E’ interessante infatti notare che durante i concorsi il commissario ci tiene ad esprimere e a premiare con un voto il prodotto che più si avvicina alla propria idea di olio perfetto.
Alla luce di questa considerazione credo che sia importante ricordare che il giudizio può variare da giuria a giuria in quanto costituiti da individui diversi.
Si può dire però che un olio che raggiunge sempre i massimi livelli in più concorsi è un olio di alta qualità in quanto raccoglie l’apprezzamento di più esperti. Chiaramente il peso di un concorso va valutato in funzione dell’area di estensione della partecipazione (locale, nazionale, internazionale) e del numero dei partecipanti. In tal senso sono lodevoli le esperienze di aggregazione delle graduatorie dei diversi concorsi come QUESTA o QUEST’ALTRA.
Peccato che tali aggregatori non prendano in considerazione i risultati di guide o concorsi nazionali che permettono di valutare anche piccoli produttori, che ovviamente non hanno né possibilità (si veda concorso Mario Solinas che si rivolge soltanto a grandi produttori) né interesse a partecipare alle competizioni internazionali su cui si basano le valutazione dei ranking.
La foto di apertura è di Lorenzo Cerretani
Lorenzo Cerretani - 24-05-2016 - Tutti i diritti riservati
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