Corso Italia 7

Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Antonio Machado e Roberto Bolaño

Importanti novità sul fronte della poesia di lingua spagnola. Gli editori Passigli e Sur hanno recentemente pubblicato due opere di poeti di alto livello

Alberto Guareschi

Antonio Machado e Roberto Bolaño

Presso Passigli (collana Le Occasioni, 2017) è apparso un volumetto di Antonio Machado, La guerra (1936-1937), p. 72 – € 10,00, a cura di Valerio Nardoni, con un saggio introduttivo dello studioso catalano Jaume Pont, molto utile a situare la raccolta nella sua cornice letteraria e storica. Già pubblicata dallo stesso autore, questa silloge di liriche e prose di diverso genere non venne stranamente pubblicata nella sua integralità all’interno dell’opera del poeta. Con l’eccezione della poesia Allo scultore Emiliano Barral, risalente al 1922, le altre poesie e i testi in prosa risalgono al periodo della guerra civile spagnola, che Machado visse con fervore e slancio dalla parte repubblicana antifranchista. Non risulta agevole districarsi nella bibliografia del poeta (per altro già più che cospicua anche in Italia), sia per le molte varianti, sia per le soppressioni e aggiunte da lui stesso apportate di edizione in edizione.

Della poesia già citata si può dire che essa appartiene al periodo in cui vennero composte le Nuevas Canciones (1917-1930), raccolta successiva a Campos de Castilla (1907-1917) che affermò il valore assoluto della sua personalità poetica e ne riverberò l’influenza – insieme a quella non secondaria del quasi contemporaneo J. R. Jiménez – sulla generazione successiva, quella detta “del ’27”, dei vari Lorca, Guillén, Alberti, Salinas, Cernuda, Alonso e degli altri esponenti di quella straordinaria fioritura poetica. Molto machadiani i versi rimati del componimento a Barral: musicali, intrisi di virile coscienza esistenziale nella loro chiusa stupenda (in originale: “dos ojos de un ver lejano, / que yo quisiera tener / como estàn en tu escultura: / cavados en piedra dura, / en piedra, para no ver.” In traduzione: “Due occhi che mirano lontano, / che io vorrei avere / uguali alla tua scultura, / scavati nella pietra dura, / nella pietra, per non vedere.”) Delle altre poesie qui presenti, è già nota da noi quella dedicata all’assassinio di Lorca, El crimen fue en Granada (Il delitto fu a Granada), mentre importante nel contesto storico del tempo è la bella Meditaciòn del dìa (Meditazione del giorno): in cui nel tramonto, a Valencia, il poeta confessa “…io penso alla guerra. La guerra /arriva come un uragano / sulle lande dell’alto Duero…”. Da lì pensiero e dolore si allargano ad abbracciare la Spagna tutta, dalle Asturie all’Estramadura, “da fiume a fiume, da monte a monte” fino “alle maremme di luce e di sale”.

Sur pubblica Tre (Tres ) del cileno Roberto Bolaño, p. 197, € 16,50, nell’impeccabile traduzione di Ilide Carmignani, con una prefazione di Andrés Neumann, poeta, narratore e saggista di origine argentina, oggi docente all’Università di Granada, del quale Bolaño stesso fu amico e al quale dedicò la terza delle sezioni che compongono il libro. Il suo saggio introduttivo, Benvenuti nel deserto: la poesia di Bolaño, scritto appositamente per questa edizione, risulta quanto mai opportuno per chi ignora ancora, come il pubblico italiano, l’altro grande versante creativo, quello poetico, di questo autore iconico, considerato oggi nel mondo fra i massimi romanzieri del nostro tempo, se non addirittura di un tempo ancora à venir. Qui non si vuole entrare in quest’ambito di giudizio, ma limitarci semplicemente a dire che l’opera poetica di Bolaño, sia essa in versi o in prosa lirica, e indipendentemente dal valore dell’opera narrativa, raggiunge a nostro avviso vertici assoluti. Grazie quindi all’editore Sur per questo primo volume delle poesie di Bolaño, e per gli altri che una nota editoriale ci informa seguiranno nei prossimi due-tre anni, I cani romantici (Los perros romànticos) e L’Università Sconosciuta (La Universidad Desconocida). Dunque, tornando al ben calibrato saggio di cui sopra, Neumann inquadra molto bene l’importanza del Bolaño poeta. Perché tale è nato e tale rimane, nella sua stessa considerazione, anche quando la vena e la necessità romanzesche paiono prendergli la mano. Vale la pena riportare quanto Neumann scrive del giudizio di Bolaño su Tre: “Se mi legassero a una sedia e mi costringessero a leggerlo un’altra volta, non perderei la faccia per la vergogna, che non è poco. A volte arrivo persino a pensare (…) che sia uno dei miei due libri migliori.” Il libro consta di tre sezioni differenti anche per data di composizione. Sono rispettivamente del 1981 la Prosa dell’autunno a Girona, del 1993 I Neochilenos, e del 1994 Una passeggiata nella letteratura. Dove nella prima “si assiste – scrive Neumann – alla nascita di una polisemia che si espanderà per due decenni di scrittura (…), a mio gusto il risultato più alto del poeta Bolaño, nella sua ricerca di una scrittura capace di assorbire tutti i generi”. Effettivamente, la Prosa dell’autunno a Girona tocca punte di alta raffinatezza e sapienza compositiva, non disgiunte da momenti più intimi e drammatici (“Tirami fuori da questo testo, vorrò dirle, mostrami le cose chiare e semplici, la paura, la morte, il suo istante Atlantide…”). La terza parte ha una scrittura forse meno intensa ma più interessante per entrare nella vasta biblioteca e nei gusti letterari del poeta; ci fornisce, sempre secondo Neumann, “alcuni codici d’interpretazione validi per tutte le sue opere”. Si tratta, nella totalità, di testi brevi o addirittura brevissimi, nei quali l’autore racconta i propri sogni, con l’immancabile incipit: “Ho sognato che…”, come ad esempio il numero 44: “Ho sognato che traducevo il marchese De Sade a colpi d’ascia. Ero impazzito e vivevo in un bosco.” Resta da dire della seconda parte della raccolta, il poemetto in versi liberi I Neochilenos, per il quale parlare di poesia “on the road”, oppure di ”road story”, è soltanto un modo superficiale di leggerlo. Sì, c’è tutto quanto può rientrare nel genere: il viaggio verso il nord (“Il nord che calamita i sogni / E le canzoni senza senso / Apparente…”) e il deserto cileno, che continua poi attraverso il Perù e l’Ecuador, su un camioncino scassato, intrapreso da un pugno di amici per suonare in piccole cittadine e paesini dove imperano solitudini e disperazioni, pattuglie antiguerriglia, disoccupati e puttane adolescenti. Amici che, durante il viaggio, si raccontano storie di altri amici e di altri viaggi: come da sempre nella tradizione della letteratura orale. Ma ci sono anche esaltazioni giovanili e disincanto, lucidità e follia, sogni e premonizioni di morte: tutto quanto è carne viva, linfa e essenza della poesia. Che nel poemetto cola allo stato puro, su un registro ritmico sapientemente misurato e incalzante a un tempo. E dove l’inevitabile deriva esistenziale è preannunciata fin dai primi versi: “Il viaggio iniziò un bel giorno di novembre. / Ma in qualche modo il viaggio era già finito / Quando lo incominciammo. / Tutti i tempi convivono, disse Pancho Ferri, / Il cantante. Oppure confluiscono, / Vallo a sapere.” Grande libro di un grande poeta, questo Tre da tenere sul comodino.

In apertura: Roberto Bolaño

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia

Iscriviti alle
newsletter