Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
È arrivato il nuovo numero, doppio, di Kamen’
Con i numeri 57 e 58 la rivista di poesia e filosofia edita da Libreria Ticinum Editore e diretta da Amedeo Anelli entra nel suo trentesimo anno di attività, un traguardo importantissimo. Non a caso la pubblicazione ha ottenuto dal MiBACT la menzione speciale di rivista di alto valore culturale
In questo doppio numero di Kamen’ è possibile leggere i saggi di Amedeo Anelli su “Baretti intellettuale europeo”, di Daniela Marcheschi su “Giuseppe Baretti: un classico come prisma per rileggere la letteratura”, e di Gandolfo Cascio su «More virility of Thought and Vigour of Stile than any other Poem antient or modern»: Baretti patrono di Dante”.
Va evidenziato che Kamen’ aderisce al Comitato Nazionale per le Celebrazioni del Tricentenario della Nascita di Giuseppe Baretti (1719-1789), e, proprio nell’ambito delle diverse attività che a mano a mano vengonopianificate e coordinate dal Comitato Nazionale suddetto, con questo numero si chiudono le sezioni a lui dedicate.
Giuseppe Marco Antonio Baretti nasce a Torino il 24 Aprile 1719. Nella città natale frequenta, ancora adolescente, il circolo di giovani letterati che si riunisce intorno al Tagliazucchi, professore di eloquenza alla Reale Università. Nel 1737, non ancora diciottenne, lascia la casa paterna per vivere con uno zio a Guastalla, dove lavora come scrivano in una impresa commerciale e conosce il poeta giocoso C. Cantoni, che asseconda la sua vocazione letteraria e dà direzione aisuoi studi. Le future poesie di Baretti saranno non a caso giocose (L. Ariosto, F. Berni, fra i suoi autori preferiti), come si vedrà nelle Piacevoli poesie (Torino, Stamperia Filippo Antonio Campana, 1750;e, con aggiunte, Torino, Stamperia Reale, 1764).
I modi formali, auto-ironici e ironici propri della tradizione comico-umoristica, indicano siaun senso di appartenenza complice a una comunità intellettuale esociale, sia un atteggiamento agonistico nei confronti della culturaitaliana del suo tempo: contro lo stile ora mellifluo e frivolo, ora ostico e «duro come un corno, e come un osso» di certe produzioni poetiche, contro l’erudizione che non si trasforma in pensiero, le mode letterarie e la faciloneria di certi intellettuali nel seguirle.
Nel 1739 è a Venezia dove stringe amicizia con i fratelli Gozzi e, nel 1740, a Milano, dove conosce tutti i più eminenti letterati della città. Dal 1742 lavora a Cuneo come economo delle fortificazioni della erigenda cittadella, ma è richiamato a Torino dalla morte del padre, nel 1744. Sfumata ogni speranza di sostanziale eredità, una volta spesa la parte di liquidi ricevuti riparte di nuovo per Milano, quindi per Venezia, dove stampa nel 1747-1748, una versione in 4 volumi delle Tragedie di Pier Cornelio […] e le Lettere […] Sopra un certo fatto del Dottor Biagio Schiavo da Este, opera in cui i critici hanno riconosciuto la prima manifestazione del suo efficace stile polemico, fatto di «parole semplici, e comuni».
Baretti sarà fra i primi a creare una critica letteraria moderna, intesa come genere letterario e come presa in esame dellacultura e dei costumi in generale, ispirata alla difesa battagliera di un’arte eticamente utile. Si costruisceperciò una lingua espressiva fluida, modellata sul Toscano e ricca di modi vivaci, di sapidi vocaboli e locuzioni tipiche della tradizione comico-umoristica – dai novellieri a L. Pulci e ancora Berni –, e uno stile critico originale, anticruscante.
Nel 1751 Baretti si trasferisce a Londra. La pubblicazione di un paio di pamphlet di argomento teatrale suggerirebbe che lavorasse, almeno temporaneamente, come poeta librettista per il teatro d’opera, la cui orchestra era diretta dal compaesano e amico, il violinista Felice Giardini. Trova tuttavia impiego soprattutto come docente privato della nostra lingua. Pubblica vari libri (una dissertazione sulla nostra poesia, nel 1753; una Italian Library, London, A. Millar, 1757, ossia un catalogo ragionato della vita e delle opere degli scrittori italiani, e altro), che lo fanno apprezzare in Inghilterra. Nella capitale britannica stringe amicizia con eminenti personalità, come ilpittore J. Reynolds (che ne dipingerà un celebre ritratto nel 1773), lo scrittore S. Richardson, l’attore shakespeariano D. Garrick e soprattutto il “dottor” S. Johnson, il saggista, critico e lessicografo di Lichfield che ebbe importanza fondamentale per Baretti. Non a caso, come Johnson, alla fine del primo soggiorno inglese egli redige un dizionario italiano-inglese (London, J. Richardson, 1760) che resterà a lungo in uso. Il ricavato gli permise di viaggiare in Portogallo, Spagna e Francia, per rientrare in Italia, dove si stabilisce a Milano, quindi a Venezia.
L’esperienza di viaggio confluisce nelle Lettere familiari a’ suoi tre fratelli, di cui, tuttavia, solo due volumi vedono la luce in italiano (Milano, G. R. Malatesta, 1762 e Venezia, G. B. Pasquali, 1763), mentre in inglese, con correzioni e aggiunte, l’opera verrà stampata nella sua interezza (A Journey from London to Genoa: Through England, Portugal, Spain, and France, London, T. Davies, 1770) e avrà enorme successo.
Le lettere di viaggio mostrano il suo spirito nuovo, di intellettuale europeo, curioso e a suo agio ovunque, grazie alla padronanza di diverse lingue.m
Approdato a Venezia, dopo il blocco della stampa delle suddette lettere, nell’ottobre 1763, con lo pseudonimo Aristarco Scannabue, Baretti lancia il suo famoso giornale «La Frusta letteraria» (1763- 1765), periodico tutto scritto da lui, in cui si propone di brandire la frusta «addosso a tutti questi moderni goffi e sciagurati, che vanno tuttodì scarabocchiando». Perseguitato dalla censura Baretti cessa tuttavia la pubblicazione della rivista dopo un paio d’anni e decide di ritornare in Inghilterra.
Nel 1766 è infatti nuovamente a Londra, da cui si allontanerà solo brevemente nel 1768-69 e nel 1770-71 per viaggi in Spagna e in Italia e dove diviene segretario della corrispondenza estera della Royal Academy of Arts.
Nella sua seconda patria, continua a scrivere e pubblicare, tra le altre cose, An Account of the Manners and Customs of Italy (London, T. Davies, L. Davis and C. Rymers, 1768) e il Discours sur Shakespeare et sur Monsieur de Voltaire (Londres, J. Nourse / Paris, Durand neveu, 1777) considerato da molti, per vivacità polemica e vigore di pensiero, il suo capolavoro critico. Baretti muore a Londra il 5 maggio 1789.
Per la sezione “Poesia”, spazio alle liriche dello sloveno Miklavž Komelj, con testi in tre lingue – sloveno, italiano e spagnolo – in gran parte inediti.
Miklavž Komelj è nato a Kranj (Slovenia) il 10 luglio 1973. Ha studiato Storia dell’Arte raggiungendo il PhD all’Università di Lubiana, con una tesi sui significati della natura nella pittura toscana della prima metà del Trecento. Si dedica intensamente alla poesia dal 1986. Ha pubblicato le raccolte Luc delfina (La luce del delfino, 1991), Jantarcasa (L’ambra del tempo, 1995), Rosa (La rugiada, 2002, uscito anche in traduzione polacca nel 2003), Hipodrom (L’ippodromo, 2006, uscito anche in traduzione americana nel 2015, e in traduzione polacca nel 2018), Zverinice (Le bestioline, per i bambini, 2006), Nenaslovljiva imena (I nomi senza titolo, 2008), Modra obleka (Il vestito blu, 2011), Roke v dežju (Le mani nella pioggia, 2011), Noc je abstraktenejša kot n (La notte è più astratta che n, 2014), Minima impossibilia (2015), Liebestod (2017), Stigmatizacija (2019).
Ha scritto anche un libro di poesie in lingua spagnola Vox clamantis in deserto, finora inedito. I suoi libri di prose usciti finora sono Sovjetska knjiga (Il libro sovietico, 2012, edizione bilingue slovena e russa) e Larvae (2019), e un racconto per bambini Kako sta se gospod in gospa pomirila (Come il signore e la signora si calmarono, 2009).
Da segnalare anche una raccolta di saggi Nujnost poezije (La necessità della poesia, 2010), la monografia scientifica Kako misliti partizansko umetnost? (Come pensare l’arte partigiana?, 2009) e alcuni opuscoli, fra cui un saggio sul dittico di Federico da Montefeltro e Battista Sforza di Piero della Francesca (2009).
Ha pubblicato anchearticoli scientifici e saggi in varie riviste, soprattutto sulla teoria e la storia dell’arte, su la letteratura e il cinema. Si dedica molto intensamente anche alle ricerche del patrimonio culturale; ha curato una edizione in due volumi delle poesie complete di Jure Detela e in un’altra edizione, pure in due volumi, tutti gli scritti finora inediti di Srecko Kosovel.
In un numero speciale della rivista «Perimmagine» ha pubblicato e commentato la corrispondenza di Tina Modotti e Vittorio Vidali con il rivoluzionario sloveno Ivan Regent. Ha tradotto in sloveno alcune opere di Karoline von Günderrode, Fernando Pessoa, César Vallejo, Djuna Barnes, Oskar Davico, Pablo Neruda, PierPaolo Pasolini, Alejandra Pizarnik (l’edizione delle sue opere scelte, in collaborazione con NadaKavcic, ha raccolto per la prima volta anche alcuni preziosi materiali inediti, fra cui due lettere di Pizarnik a Djuna Barnes), ed altri.
In chiusura, la sezione “Umorismo”, dedicata a Roberto Barbolini, con “Il Tovagliolo di Formaggino. Quando ridere è volare da una torre”; e, sempre dello stesso Barbolini, un nutrito numero di racconti brevi ed altri scritti inediti.
Roberto Barbolini è nato a Formigine (Modena) nel 1951. Laureato a Bologna in Estetica con Luciano Anceschi, dalla sua tesi sulle interpretazioni di Socrate nella “fin de siècle” trae l’esordio saggistico Il sileno capovolto (Bologna, Cappelli, 1981) prefato dello stesso Anceschi, sulla cui rivista «il Verri» ha mosso i primi passi, estendendo poi la collaborazione a «Paragone», «D’Ars», «Il Terzo Occhio».
Ha cominciato la professione giornalistica al «Giornale» di Indro Montanelli, occupandosi di critica teatrale e passando poi alla pagina dei libri, dove ha lavorato con Giovanni Arpino.
Nel 1988 è trasmigrato alla redazione cultura e spettacoli di «Panorama», di cui è stato per quindici anni critico teatrale, scrivendo in proposito I ragazzi irresistibili-Diario di uno spettatore non pagante (Milano, Greco&Greco, 2011). Attualmente collabora al «QN-Quotidiano Nazionale». Parallelamente, Barbolini ha continuato a svolgere intensa attività di saggista, con particolare attenzione al romanzo gotico, al fantastico e al poliziesco, travasata nelle raccolte La Chimera e il terrore (Milano, Jaca Book, 1984), Il riso di Melmoth (Milano, Jaca Book, 1988), Il detective sublime (Roma, Theoria, 1988) e Paper Hell-Carte infernali, scritto con Silvia Tomasi (Ancona- Bologna, Transeuropa, 1991).
Tali interessi, culminati nei saggi di Stephen King contro il Gruppo 63 (Ancona-Bologna, Transeuropa, 1999) si riscontrano anche nelle raccolte successive, fino ad Angeli con la faccia sporca-Viaggio al di là del giallo e del noir (Giulianova, ed. Galaad, 2016). Prefatore del Meridiano Romanzi e racconti di Dashiell Hammett (Milano, Mondadori, 2004) e curatore con Guido Almansi della Passion predominante (Milano, Longanesi, 1986), antologia della poesia erotica italiana, Barbolini ha tradotto Il postale inglese di Thomas De Quincey (Bologna, Cappelli, 1983); il suo testo teatrale Io parlo ai perduti, sullo scrittore Antonio Delfini, è stato allestito nel 2009 da Emilia Romagna Teatro con la regia di Claudio Longhi. L’esordio narrativo di Barbolini risale ai racconti de La gabbia a pagoda (Firenze, Franco Cesati editore, 1986), quarta di copertina firmata da Arpino. Sarà invece Cesare Garboli a definirlo «un Fellini della scrittura» presentando i racconti della Strada fantasma (Milano, Garzanti, 2001), vincitori del premio Dessì. Ad essi ha fatto seguito una ricca produzione di romanzi, racconti e “ibridi”. Tra i primi: Il punteggio di Vienna (Milano, Rizzoli, 1995, 2a ed. Bologna, Pendragon, 2005); Piccola città bastardo posto (Milano, Mondadori, 1998); Ligabue fandango (Torino, Aragno, 2003, 2a ed. Reggio Emilia, Corsiero editore, 2020);Uomini di cenere (Milano, Mondadori, 2006); Provaci ancora Radetzky (Siena, Barbera, 2012); L’uovo di colombo (Milano, Mondadori, 2014). Raccolte di racconti: La fine di Dracula (Firenze, Polistampa, 1993); Buffalo Bill sceglie Chico (Bologna-Ancona, Transeuropa, 1997); Chiamala veglia. Storie tra sonno e rock (Torino, Aragno, 2001); Giallo in città, con Giuseppe Pederiali (Reggio Emilia, Aliberti, 2005); Beethoven 27% (Milano, Mondadori, 2008); Più bestie si vedono ( Torino, Aragno, 2009); Sade in drogheria (Rimini, Guaraldi, 2015), Mio marito è un mi bemolle (in e-book, Bologna, Marietti 1820, 2020).
Ibridi tra saggio, memoria e narrazione sono Magical Mystery Tour-da Pico della Mirandola a Ligabue (Reggio Emilia, Aliberti, 2004); Nero Wolfe in via Pastrengo e altri incontri ravvicinati (Milano, Greco & Greco, 2017) e L’ombelico del mondo- Viaggio sentimentale intorno alla città della Potta (Modena, Asterione, 2019).
Collage di racconti che tendono a farsi romanzo sono Ricette di famiglia (Milano, Garzanti, 2011) e Vampiri conosciuti di persona (Milano, La nave di Teseo, 2017). Recentissima la raccolta di racconti Il maiale e lo sciamano (Milano, La nave di Teseo, 2020).
Dall’11/11/’11 Barbolini è Soprintendente Perpendicolare del Collegio di Patafisica Vitellianense, Ordine della Grande Giduglia.
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