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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Cyrano, quando il testo sovrasta lo spettacolo

Se in una rappresentazione teatrale si manifesta una situazione simile, significa che qualcosa non ha funzionato. E questo è, purtroppo, il caso dello spettacolo di Arturo Cirillo che, protagonista, ha pure curato la regia adattando il celebre testo di Edmond Rostand. Le vicende di Rossana e Cristiano vengono infatti buttate in commedia, senza che il non piegarsi mai alla mediocrità di Cyrano venga messo in risalto

Mariapia Frigerio

Cyrano, quando il testo sovrasta lo spettacolo

Chiunque abbia dimestichezza con il teatro sa che un testo teatrale non è fine a sé stesso, ma deve trovare il suo compimento nella messa in scena.

Il suo fine quindi non è la lettura, ma la sua realizzazione sul palco o in qualsiasi altro luogo venga rappresentato.

È altresì vero che la cultura italiana è una cultura profondamente letteraria, se non una cultura addirittura libresca. La nostra tradizione privilegia infatti la storia della letteratura teatrale più che la storia del teatro, intesa come luogo osmotico tra attori e pubblico. Privilegia la lettura, dimensione solitaria, sulla realizzazione, dimensione collettiva, nella sua fisica e ampia corporeità. La parola scritta vince su quella parlata.

Un simile aspetto, positivo per molti versi quando lo si intende come amore letterario per il testo scritto, ha fatto sì che le vere novità teatrali (e anche artistiche se si pensa a Edvard Munch) del Novecento mettessero però le loro radici, sul finire dell’Ottocento, fuori dal territorio italiano, soprattutto nei paesi scandinavi, dove meno forte era il “peso” della tradizione letteraria, grazie ad autori del calibro di Henrik Ibsen o di August Strindberg.

Tutto ciò per ribadire che i testi (pur con una loro intrinseca e innegabile validità) non dovrebbero mai sovrastare quanto avviene in scena. E quando così accade significa che qualcosa non ha funzionato.

Questo purtroppo è il caso dello spettacolo Cyrano de Bergerac di Arturo Cirillo che, protagonista, ha pure curato la regia adattando il celebre e omonimo testo teatrale (1897) di Edmond Rostand.

L’operazione che il regista-interprete ha messo in atto è di tutto rispetto: riandare con la memoria a un musical visto da ragazzino a Napoli, che è il ricordo di un giovane spettatore fortemente attratto dal teatro e da una storia d’amore impossibile, quella di Cyrano che ama la cugina Rossana senza osare dichiararsi per il suo naso.

E quando, infine, si deciderà a fare il grande passo, Rossana gli rivelerà il suo amore per Cristiano, giovane cadetto, bello, ma incapace di parlare d’amore. Cyrano ricorrerà allora allo stratagemma di scrivere per conto di Cristiano lettere d’amore alla cugina.

Da qui una serie di vicende con triste epilogo: Cristiano muore in guerra; Rossana si ritira in convento; Cyrano la va a trovare mantenendo il suo segreto che le rivelerà solo prima di morire in seguito ad un agguato.

È per questo che, dopo circa trentacinque anni, Cirillo torna a Cyrano e non per riproporre quel musical, che all’epoca aveva le musiche di Domenico Modugno, ma con l’intenzione di accentuare della vicenda di Cyrano di Bergerac più il lato poetico che quello di uomo di spada ed “eroe” della retorica.

Le sue intenzioni però non hanno sortito l’effetto sperato. Nel suo spettacolo, che pecca di eccessiva napoletanità, le vicende di Rossana e Cristiano vengono infatti buttate in commedia, in una sorta di vaudeville con piume e lustrini, senza che il non piegarsi mai alla mediocrità di Cyrano venga messo in risalto.

Si aggiunga che, senza fare confronti con altri celebri Cyrano, sia teatrali sia cinematografici, ad Arturo Cirillo manca la presenza fisica per il ruolo del protagonista.

Nella seconda parte lo spettacolo si riprende.  Merito del testo di Rostand e delle musiche: Rossana canta Le foglie morte; c’è la bellissima Canzone di Geppetto con parole di Nino Manfredi e musiche di Fiorenzo Carpi  – proprio quella del Pinocchio comenciniano – oltre al memorabile Cyrano di Francesco Guccini con parole di Beppe Dati e musica di Giancarlo Bigazzi.

Ma le contaminazioni con Pinocchio (la governante di Rossana sorta di Fata Turchina) non convincono e fanno di questo spettacolo un pot-pourri deludente.

In apertura e all’interno, foto di Tommaso Le Pera

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