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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Francesco, un santo che piace a tutti

È una presenza tra luci e ombre, che, con le sue contraddittorietà, assume una connotazione potentemente umana. Ad attirare l’attenzione, tra i vari motivi, la sua contemporaneità, come pure il suo essere uomo del proprio tempo, fortemente radicato nella spiritualità medioevale. Nel monologo di Giovanni Scifoni nella cornice del Teatro La Versiliana, emerge, netta, la potente figura del narratore di Dio. La definizione dello spettacolo è lo stesso protagonista a darcela: una giullarata postmoderna tra strumenti antichi, moderni, medievali, jazz

Mariapia Frigerio

Francesco, un santo che piace a tutti

Fra’. San Francesco, la star del Medioevo di Giovanni Scifoni,

regia di Francesco Brandi con Giovanni Scifoni.

Marina di Pietrasanta, Teatro La Versiliana, 17 luglio 2024

 

È solo un’ipotesi, ma non potrebbe essere stato il fatto di avere lavorato per due anni consecutivi [Caterina de’ Medici, 1998-2000, NdC] con Paolo Poli, appassionato da sempre alla vita dei santi e lettore fedele de La legenda aurea, ad avere influenzato il giovane Giovanni Scifoni, all’epoca poco più che ventenne, su questo comune amore?

Chissà! Certo è che – da interviste rilasciate – il grande Poli è considerato da Scifoni tra i suoi maestri, maestro peraltro «cattivissimo», come quando gli diceva:

«Hai belle gambe, hai bei capelli, ti manca solo il talento» e solo dopo due anni di tournée, l’ultimo giorno, arriverà a dirgli: «Sei un po’ migliorato».

Ma Scifoni aveva ben capito che bisognava riuscire a entrare nel suo mondo, il mondo di questo insuperabile attore, un mondo aperto e pronto a contenere sia un ateo dichiarato, come il capocomico, sia il più giovane cattolico. E, in ogni caso, Poli non avrebbe mai voluto nella sua compagnia un attore che non avesse stimato.

È anche vero che prima di questo spettacolo su San Francesco, l’attore aveva frequentato i santi, suo soggetto privilegiato, già dal 2017 nel mondo dei social.

Ma perché proprio San Francesco?

Perché Francesco continua ad attirare l’attenzione per vari motivi: la sua contemporaneità in primis, ma anche il suo essere un uomo del suo tempo fortemente radicato nella spiritualità medioevale.

Poi è una figura tra luci e ombre che, con le sue contraddittorietà, ne fa un Francesco potentemente umano.

E ancora perché sapeva predicare, era, in un certo senso, il narratore di Dio, aveva imparato i gesti dai giullari che la madre gli aveva fatto conoscere. Un santo che è soprattutto un uomo, un attore strepitoso.

Un monologo, quello di Scifoni, orchestrato con laudi medievali e strumenti antichi di Luciano di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli, in cui l’attore si interroga sulla figura del santo più popolare che ci sia e percorre la vita del poverello di Assisi con il suo sforzo ossessivo di raccontare il mistero di Dio in ogni forma, fino al logoramento fisico che lo porterà alla morte.

La definizione di questo spettacolo è lo stesso protagonista a darcela: «Una    giullarata postmoderna, tra strumenti antichi, moderni, medievali, jazz. La cosa che più mi ha appassionato è la rinuncia al successo, alla fine della vita del santo».

Importante per Scifoni è usare il comico senza screditare la sacralità come fanno grandi autori da lui amati: Dostoevskij e Manzoni.

Ecco che allora vanno benissimo le battute su Francesco e Francesco Totti…

Scifoni spesso si ferma per fare delle considerazioni, come sui giovani che hanno difficoltà a conciliare la loro vita con la fede, in un mondo che è sempre più disincarnato, mentre la fede è sempre più incarnata: forse per questo i giovani hanno meno spiritualità?

In un’ora e mezzo di spettacolo senza interruzione seguiamo le vicende di Francesco e dei suoi amici Ruffino, Leone, Pacifico; la creazione, nel 1223, del Presepe; scopriamo che Francesco è un nome inventato perché di mamma francese, mentre lui in realtà si chiama Giovanni; ci viene detto che non amava la miseria, amava la condivisione; che aveva obbligato un suo confratello che si vergognava a predicare a farlo nudo in mezzo a una città e quello ci va, ma poi si pente e lo rincorre, lo abbraccia…; e dopo la sua morte, nel 1226, tutti iniziano a chiamare i figli Francesco.

Un santo che ha con la morte, «sora nostra morte corporale», un rapporto quasi di amore.

Come abbiamo detto è uno spettacolo in cui si ride, ma in cui non mancano momenti di grande intensità emotiva: la recita de Il cantico delle creature è uno di questi.

Scifoni (come il suo maestro Poli) fa tutto in scena: recita, canta, balla.

In più, lui che è anche fumettista, disegna un Cristo che, con pochi tratti, a fine spettacolo, diventerà San Francesco.

Così questo santo che piace a tutti, amato in modo incondizionato da chiunque è portato in scena da un attore che, come dimostrato dai molteplici applausi, è pure lui amatissimo.

All’interno, foto di Mariapia Frigerio

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