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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

I conti con il proprio passato e il perenne senso di abbandono

La ragazza sul divano, con la regia di Valerio Binasco, ha come protagonista una donna di mezza età, che vuole ritrarre la ragazza sul divano. Una donna afflitta da mille dubbi sulle sue reali doti artistiche, e con l’ossessione dell’immagine della ragazza seduta ­– che altri non è che lei stessa giovane – con le sue mille insicurezze. Per questa pièce il regista ha sentito l’esigenza di essere affiancato da bravi attori che fossero in grado di dare la giusta interpretazione ai diversi personaggi, riuscendo perfettamente nell’intento

Mariapia Frigerio

I conti con il proprio passato e il perenne senso di abbandono

La ragazza sul divano di Jon Fosse, regia di Valerio Binasco con Pamela Villoresi, Michele Di Mauro, Giordana Faggiano, Isabella Ferrari, Giulia Chiaramonte, Fabrizio Contri
Torino, Teatro Carignano, 5 – 24 marzo 2024 / Prima nazionale

La lettura del testo di Jon Fosse – dobbiamo confessarlo – ci aveva lasciate vagamente perplesse e, nella nostra mente, lo avevamo etichettato come un Čechov sottotono.

Ancora una volta però abbiamo dovuto dare ragione a quel grande che fu lo studioso di teatro Gian Renzo Morteo quando, dalle aule torinesi di Palazzo Nuovo, insegnava che i testi teatrali non sono per la lettura (solo noi Italiani, diceva, pensiamo al teatro come “letteratura teatrale”), ma che il loro fine ultimo è la rappresentazione in scena.

Infatti, quando abbiamo avuto modo di vedere La ragazza sul divano del Premio Nobel norvegese sul palcoscenico del Carignano, abbiamo dovuto ricrederci e abbiamo dovuto concordare con la scelta operata dal regista Valerio Binasco, suo principale interprete italiano.

Valerio Binasco, regista e attore, qui nel ruolo dell’Uomo, è dal 2018 anche Direttore artistico del Teatro Stabile di Torino.

Regista e attore pluripremiato, ha portato nel panorama del teatro torinese una ventata di novità, muovendosi tranquillamente tra passato e presente, tra testi classici, di cui ha dato riletture innovative, e testi della drammaturgia contemporanea, senza contare il suo contributo alla formazione di giovani talenti, focalizzata nella direzione della Scuola per Attori dello Stabile di Torino.

Concordiamo quindi con la scelta del regista, perché, quando la scena si apre (per modo di dire, dal momento che il palcoscenico è a vista per gli spettatori fin dal loro ingresso in sala, con il divano, gli elettrodomestici, una grande tela da dipingere) e Pamela Villoresi, la Donna (nient’altro che la Ragazza sul divano con più anni) inizia a parlare, il nostro pregiudizio si dissolve.

La scena. Foto di Mariapia Frigerio

Basta il suo: «No/Breve pausa/ Che orrore /Breve pausa /Non so dipingere […]» e ne veniamo catturati.
Perché è degli attori questo potere: quello di fare pervenire al pubblico ciò che letto nel testo scritto non ha la stessa gradazione, né la stessa intensità.

Ecco allora dispiegarsi la vicenda che ha come protagonista una donna di mezza età, che vuole ritrarre la ragazza sul divano. Una donna afflitta da mille dubbi sulle sue reali doti artistiche, e con l’ossessione dell’immagine della ragazza seduta ­– che altri non è che lei stessa giovane – con le sue mille insicurezze.

Nelle sue note di regia Binasco dice di amare, nei testi di Fosse, «la percezione fuori fuoco della realtà» e sostiene che il tema principale de La ragazza sul divano sia l’abbandono, aggiungendo che ci sono traumi dell’infanzia che non si superano mai del tutto, ferite affettive che non si rimarginano mai.

La Ragazza sul divano infatti a un certo punto dice: «Mia madre non è quasi mai a casa/ no. /E nemmeno mia sorella. /E nemmeno mio padre».

I personaggi inoltre si sdoppiano. La Donna è anche la Ragazza sul divano (Giordana Faggiano) e la Madre (un’intensa Isabella Ferrari); Valerio Binasco è l’Uomo e anche il Padre (Fabrizio Contri). Poi ci sono la Sorella (Giulia Chiaramonte) e lo Zio (un superbo Michele Di Mauro).

Ci dice ancora Binasco: «Fosse è un autore che istiga in modo irresistibile il mio bisogno di fare teatro con delicatezza, da ritrattista, un teatro da innamorato dei volti delle persone, dei loro occhi, del loro silenzioso e spesso inutile fluire attraverso la vita».

Per questa pièce il regista ha sentito quindi l’esigenza di essere affiancato da bravi attori che fossero in grado di dare la giusta interpretazione ai diversi personaggi.

Applausi. Foto di Mariapia Frigerio

E il quadro che la Donna dipinge racchiude vari simboli.

La nave che parte è una minaccia che non riguarda di certo solo il mare, ma si può leggere come una nave che si lascia alle spalle la tempesta.

Il mare del dipinto simboleggia la fuga del Padre che se ne va verso un’altra scelta di vita; per la figlia più giovane, sola e reclusa nella vita d’appartamento (sul divano in particolare), è il mare delle sue incertezze. È poi un mare che la percuote con la tempestosa vita della madre e con quella autodistruttiva della sorella.

Il dipinto è incompiuto, è sospeso come lo è l’attesa della figlia per il padre che non ritorna mai.

In uno stile minimale e ossessivo, ma dotato di ritmo, di un ritmo «poetico e lieve», per usare le parole di Binasco, il pubblico segue uomini che non ascoltano, uomini che lavorano e se ne vanno in mare, uomini che non perdonano, uomini che si rifanno una vita, di fronte a donne che si consolano, a donne che si recludono, a donne che si autodistruggono, a donne che muoiono.

E ne resta avvinto e incantato.

In apertura, foto di Virginia Mingolla

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