Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Il ring come metafora della lotta al non senso della vita
Teatro. Caligola. Underdog/Upset è liberamente ispirato al testo di Albert Camus: una rilettura drammaturgica di Jonathan Bertolai. «Riappropriamoci del corpo» potrebbe essere il grido di battaglia di Ian Gualdani. Il pubblico, entrando in sala, lo vede di spalle su un piedistallo, in equilibrio instabile, immobile, in una quasi nudità a metà tra una statua di Prassitele e una di Mitoraj. «È uno spettacolo che parla di questo tempo incerto che stiamo vivendo, un tempo che incede più velocemente della natura dell’uomo» afferma lo stesso Bertolai
Lucca, Teatro del Giglio, Caligola. Underdog/Upset, 10-11 luglio 2021
Nota. Una versione ridotta di questo scritto sullo spettacolo Caligola. Underdog/Upset, andato in scena al Teatro del Giglio di Lucca (11 luglio 2021) con Ian Gualdani per la Compagnia Teatro del Carretto, è apparsa già in «Avvenire», 13 luglio 2021. Pubblichiamo qui, su «Corso Italia 7», la versione integrale del testo.
«Riappropriamoci del corpo» potrebbe essere il grido di battaglia di Ian Gualdani, quando a luci ancora soffuse, il pubblico entrando in sala lo vede, di spalle, su un piedistallo in equilibrio instabile, immobile, in una quasi nudità a metà tra una statua di Prassitele e una di Mitoraj, con fasce agli avambracci e ai polpacci.
Un urlo che ne evoca di precedenti (il suo potrebbe essere l’ultimo): l’urlo di tutta quell’avanguardia, di tutta quella storia della controcultura che ha animato la storia teatrale della seconda metà del secolo scorso, dal Living Theatre all’Odin Teatret.
Del resto la formazione di Gualdani avviene, tra l’altro, nella scuola del Teatro Arsenale di Milano fondata da Marina Spreafico, sua insegnante (di cui è stato più volte assistente alla regia), che, a sua volta, è stata allieva di Jacques Lecoq, attore francese famoso proprio per i suoi studi sul teatro fisico.
Ora il giovanissimo attore fiorentino è Caligola nello spettacolo prodotto dal Teatro del Carretto di Lucca, gloria locale e internazionale, nato con Maria Grazia Cipriani e Graziano Gregori e attivo da oltre quarant’anni quale intelligente alternativa al teatro di parola.
Caligola. Underdog/Upset è liberamente ispirato al testo di Camus: una rilettura drammaturgica di Jonathan Bertolai, già attore e assistente alla regia della Cipriani in Ultimo Chisciotte, qui al suo debutto da regista.
Ecco quanto afferma lo stesso Bertolai: «È uno spettacolo che parla di questo tempo incerto che stiamo vivendo, un tempo che incede più velocemente della natura dell’uomo, costretto a rincorrere sé stesso, in una distanza ormai siderale. Caligola come noi fluttua smarrito nei meandri della sua mente cercando l’impossibile».
Proviene forse dalla giovane età di Caligola, quando divenne imperatore, un Caligola non solo imperatore “folle”, ma uomo che vive un dramma percepito dallo spettatore attraverso dialoghi interiori e gestualità, il fascino esercitato da quest’opera sia sul giovane attore protagonista dello spettacolo sia sul suo regista.
In scena Ian Gualdani è Caligola ed è, al contempo, la voce dei vari cortigiani.
La ricerca dell’impossibile segna l’inizio e la fine di questa rappresentazione, con la luna che s’ingigantisce su un grande monitor alle spalle dell’attore. «No, non avrò la luna», bisbiglia sommesso alla fine Caligola, in un rantolo di disperata solitudine.
Perché la solitudine e l’assurdo sono temi costanti della poetica di Camus che ne fanno un autore di indiscussa attualità (si pensi alla rilettura della “sua” Peste in quest’epoca di pandemia) e il Caligula, nelle sue diverse versioni, è la dimostrazione del suo attaccamento a questo dramma che non è una tragedia storica, ma essenzialmente esistenziale.
Caligula. In scena per la prima volta a Parigi nel ’45, con Gérard Philipe, lascia l’autore insoddisfatto. Philipe, secondo Camus, ha snaturato il personaggio, tradendo il significato del dramma.
Del ’46 è la prima rappresentazione in Italia, alla Pergola di Firenze, con la compagnia di Renzo Ricci per la regia di Giorgio Strehler.
Eclatante il caso di Carmelo Bene che riesce a ottenere da Camus i diritti di rappresentare la sua opera, diritti negati ad altri. Pronto ad andare a Parigi per un incontro col grande esistenzialista, sarà facilitato dalla venuta di quest’ultimo a Venezia.
È il ’59: l’esordiente Bene è uno sconosciuto ventiduenne che debutta al Teatro delle Arti di Roma con la regia di un altro giovane, Alberto Ruggiero.
Un testo, il Caligula, ambìto, in tempi diversi, per i suoi temi intramontabili.
Ancora da ricordare, nel 2004, la messa in scena di Claudio Longhi (attuale direttore del Piccolo Teatro) e Franco Branciaroli, in cui quest’ultimo è – novità – un Caligola “vecchio”.
Ian Gualdani è invece giovane, come l’imperatore, come Bene, e per questo più adatto a indagare un mondo giovanile di fragilità, disagi esistenziali, paura del futuro, in lotta – la metafora del ring nel titolo Underdog/Upset (pugile dato per sfavorito che ribalta i pronostici) – per conquistare il diritto di esistere.
Gualdani dà voce, ma soprattutto corpo, al non senso della vita.
Dal lutto per la prematura morte di Drusilla, amatissima sorella-amante, prende il via in Caligola un percorso distruttivo e autodistruttivo, quello di una mente malata in cui coesistono, alternate, logica e follia. Caligola è accecato dall’odio e dal rancore verso l’ingiustizia di un mondo governato dal caso, dove gli dei non esistono, perché «gli uomini muoiono e non sono felici».
Un mondo assurdo a cui Caligola cerca disperatamente di ribellarsi.
Per cui uccide cortigiani che sono, cifra tipica di questa compagnia, teste di bambole, canopi e si farà uccidere, consapevole, dai congiurati, perché questa resta per Camus la «tragedia dell’intelligenza».
Gualdani è un Caligola tormentato in uno spazio bianco accecante, in un’atmosfera post industriale, in una scena trapuntata di monitor e luci al neon, tra voci registrate che ripropongono il disordine mentale di un uomo senza più connotazioni temporali, che ha un fortissimo impatto emotivo sul pubblico e lo sconvolge.
Un Caligola che entra a buon diritto nella migliore tradizione innovativa della seconda metà del secolo scorso, da Julian Beck e Judith Malina del Living, da Grotowski al nostro Barba.
Di certo il Caligola-Gualdani sarebbe piaciuto anche al grande Carmelo Bene che, nella seconda metà del ‘900, è stato tra i più importanti innovatori teatrali della scena italiana, e questo vuole essere un complimento sia all’attore che al suo regista, a cui si aggiunga la presenza in sala di molti giovani che alla finale calcistica hanno scelto questo spettacolo.
In apertura, foto di Mariapia Frigerio. Le foto nel corpo dell’articolo sono di Manuela Giusto
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