Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
La caccia selvaggia di due teatranti
Elena Galvani e Jacopo Laurino - umbra lei, trentino lui - hanno dato vita in Val di Non a Stradanova, una realtà teatrale comunitaria che fa del suo essere outsider quasi una missione. E così, dalle radici stesse del Teatro, che nasce come rito collettivo, i due hanno cercato una comunità che ispiri e vivifichi questo rito, e un terreno da cui trarre nutrimento antropologico
“Ma la società, veduta ad occhio nudo, non è altra cosa alla fin dei conti che uno sterminato lago, le di cui onde sono guaste e corrotte. Basterebbe, credetelo pure, un’ora sola di calma e di bonaccia, per risolverne la completa putrefazione. […] E se questa putrefazione, continuamente minacciata, va prorogandosi di giorno in giorno, sapete a che cosa lo dobbiamo ascrivere? Lo dobbiamo ascrivere a questo movimento incessante, a questa maretta senza fine, prodotta dall’urto delle opinioni, dal cozzo dei giudizi, dall’accavallarsi delle idee, che a guisa di sfrenatissimi venti, agitano e sconvolgono…”
Carlo Collodi, Dopo mezzanotte. Dialogo tra me e un flauto
In Val di Non (sì, quella delle mele) opera da vent’anni una realtà teatrale comunitaria che fa dell’essere outsider quasi una missione e che, pur rimanendo lontana dall’attenzione di stampa e politica, ha alle spalle numeri sostanziosi: centinaia le persone coinvolte attivamente nelle produzioni, migliaia gli spettatori (più di 20mila presenze solo contando gli ultimi dieci anni). Questa realtà nasce dalle fatiche di due teatranti, Elena Galvani e Jacopo Laurino, umbra lei, trentino lui. Dopo un’infanzia segnata dalla tipica vocazione teatrale, con lei che si perdeva sognante tra le quinte polverose del settecentesco Teatro degli Illuminati di Città di Castello, e lui che coinvolgeva gli amichetti riluttanti in improvvisati spettacoli nel somàs (ampio ingresso di una casa rurale) della nonna, arriva una formazione attorale al seguito di professionisti che fanno loro capire definitivamente quale sia la strada che li aspetta; sui vent’anni i rispettivi percorsi si incrociano, perché si ritrovano compagni di corso all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, la più antica scuola di teatro d’Europa (scuola che ha formato giganti come Giorgio Strehler e Mariangela Melato). All’Accademia i giovani attori, selezionati tra centinaia di candidati, apprendono tecniche, affinano le loro capacità innate, esercitano una disciplina ferrea su loro stessi, imparano il labor limae, ripetendo strenuamente un tono o un gesto per perfezionarlo. Soprattutto, imparano a servire gli Autori con abnegazione e amore. Cosa succede quando, terminati gli studi, i due si ritrovano nel mondo di fuori? La crisi del teatro italiano è un dato di fatto, talmente ovvio da risultare un cliché, ma i due se ne rendono conto pienamente solo provandolo sulla propria pelle.
Non trovando occasioni di crescita e di sviluppo altrove, si costruiscono da soli una propria strada, lontana dal teatro ufficiale. E ricominciano dalle radici stesse del Teatro, che nasce come rito collettivo: così i due cercano una comunità che ispiri e vivifichi questo rito, un terreno da cui trarre il nutrimento antropologico. Detto fatto, da Milano si trasferiscono ‘tra le mele’, terra d’origine di lui. Qui inizia l’avventura che dura da vent’anni: sotto il nome di Stradanova (toponimo di un antico percorso di montagna della Val di Non), a poco a poco nascono i primi tentativi di radicamento, con spettacoli dedicati alla commedia dantesca, in cui i due sono sia attori che registi.
Nel 2012 c’è una svolta: i due teatranti iniziano a pensare che il teatro che vorrebbero dovrebbe non solo ‘rivolgersi’ a quel luogo e a quelle persone, ma ‘nascere’ da quel luogo e da quelle persone; così, modificano sostanzialmente il loro metodo di lavoro grazie al progetto Sacrificio, da cui nasce un omonimo spettacolo. Sacrificio è un testo teatrale inedito, tratto dal romanzo di Giacomo Sartori (Sacrificio, Pequod, 2008), autore trentino, che cura per loro l’adattamento drammaturgico. È una moderna tragedia, vagamente ispirata alla cronaca nera locale. Protagonisti sono quattro ragazzi e tre ragazze che vivono in una valle trentina. Dopo l’estenuante costruzione di una rete di produttori, sponsor, sostenitori, i due riescono a lanciare un bando rivolto a tutti i giovani del Trentino: “Cerchiamo sette attori non professionisti tra i 18 e 35 anni”. Rispondono in più di 200. Le selezioni durano mesi. Formata la compagnia, inizia il lungo periodo di formazione per mettere i sette non-attori nelle condizioni di essere i protagonisti della più importante produzione teatrale regionale del 2013. Al loro fianco, nei ruoli degli unici due personaggi senior, due attori di grande esperienza e di nome: Valeria Ciangottini e Pietro Biondi. L’idea è forte e suscita molto entusiasmo, ma anche molto sospetto, soprattutto nelle istituzioni teatrali e politiche. Lo spettacolo mostra i lati più oscuri della vita in una valle trentina, come fanno da sempre le tragedie. Ma questo alla Provincia Autonoma di Trento non piace per niente. L’immagine che si deve dare del Trentino è un’altra. E poi Sacrificio rompe gli schemi del sistema teatrale: uno spettacolo professionale di qualità, in cui recitano non-attori; uno spettacolo quasi imposto da un grande movimento territoriale, che per le istituzioni teatrali regionali rimane un corpo estraneo. Sacrificio resta un’esperienza isolata e i nostri due teatranti escono definitivamente, e con un certo sollievo, dalle istituzioni teatrali trentine.
Qui è il link alla pagina dedicata a Sacrificio del sito archivio di Stradanova. Segnalo, sempre su Sacrificio, l’omonimo film-documentario di Riccardo Tamburini che racconta molto bene tutta l’operazione: Qui.
Nel frattempo, i due hanno iniziato a collaborare con altre realtà: nella convinzione che il Teatro sia parte integrante dell’umano, non si pongono limiti nella ricerca di nuove opportunità e ogni nuova esperienza è vissuta con passione, rigore e rispetto. È così che trovano realizzazione nuove collaborazioni, ricchissime e sempre sospinte verso il massimo risultato possibile. Tre, in particolare, diventano fondamentali: con un istituto comprensivo, all’interno del quale mettono in piedi un vero e proprio cantiere teatrale, producendo ogni anno uno spettacolo capace di coinvolgere decine di bambini e insegnanti (di lettere, di musica, di educazione artistica e tecnica), tra attori, cantanti, piccoli scenografi, costumisti, tecnici; con il Centro di Salute Mentale locale, animando per l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari un laboratorio teatrale rivolto a utenti, operatori e volontari; con la Comunità della Val di Non (ente locale intermedio tra Comuni e Provincia), per cui dal 2014 dirigono un festival estivo teatral-letterario che si chiama In viaggio con…, ogni anno dedicato ad un’opera letteraria che viene portata in scena a puntate in una decina di luoghi di interesse artistico della Valle. Inizialmente queste rimangono esperienze separate, ma a poco a poco gli attori-non attori iniziano a mischiarsi, e con loro i diversi pubblici.
Descritta così, sembra la normalissima e variegata attività di una delle miriadi di realtà teatrali di piccola e media grandezza diffuse sul territorio nazionale: corsi di teatro, piccoli spettacoli, per lo più saggi, letture, lezioni-spettacolo e così via, per sbarcare il lunario in un Paese in cui ormai di teatro e di cinema se ne produce pochissimo. Ma non è proprio così. Perché quello che fa Stradanova è ancora e sempre quello che ha fatto con Sacrificio in seno alle istituzioni teatrali e che dopo ha continuato a fare autonomamente immergendosi veramente nel proprio territorio: produrre spettacoli d’arte, mai rassicuranti, spesso provocatori, coinvolgendo in qualità di attori persone comuni. Le varie attività che svolge, anche formative, non rimangono mai esperienze separate e fini a loro stesse, ma sono parti di un tutto, di un’unica, grande macchina di produzione teatrale (e video, negli ultimi anni) che può inglobare chiunque nei propri ingranaggi. Così, i ragazzi delle scuole medie vengono coinvolti anche nel ‘viaggio’ teatral-letterario estivo, come gli utenti del Centro di Salute Mentale; mentre alcune attrici e attori di In viaggio con… iniziano a frequentare come volontari il laboratorio teatrale del Centro di Salute Mentale; e poi tutti possono ritrovarsi nel cast di uno spettacolo o di una serie TV. Insomma, è una ‘ciaza mata’, come ultimamente quei due hanno iniziato a chiamarla (caccia matta, variante locale della leggenda norrena della caccia selvaggia diffusa in tutt’Europa), e chi si imbatte nella strana compagnia di Stradanova, che come un’araba fenice continua a morire per rinascere dalle proprie ceneri, può esserne risucchiato. Per ogni progetto, nuova chiamata, nuove persone: donne, uomini, bambini, anziani, dipende dal testo teatrale o letterario per cui si cercano gli interpreti. Ogni volta la compagnia che si crea è caratterizzata da una straordinaria varietà interna: sono individui provenienti da ambiti diversi, che non si sarebbero forse mai incontrati, perché hanno storie, vissuti, lavori, relazioni sociali che non li accomunano, ma che improvvisamente si ritrovano insieme con l’obiettivo di costruire un prodotto artistico comune sotto la guida di professionisti qualificati. Ed è l’obiettivo professionale da perseguire che scatena la reazione chimica. Perché questo non è semplicemente un teatro sociale, finalizzato a creare giochi teatrali collettivi, per far stare insieme le persone e farle divertire: in primo piano c’è sempre il prodotto d’arte da costruire e presentare al pubblico, e il lavoro è spesso duro e frustrante. Eppure è proprio da questa tensione forte, ma inevitabile, tra il rigore del Teatro e l’iniziale approccio naïf delle persone trascinate nell’impresa che il teatro di Stradanova ricava la sua unicità, sviluppando un proprio linguaggio particolare, che non può mai essere convenzionale, anche e soprattutto nello stile della recitazione: c’è sempre qualcosa di ruvido, di non digrossato, che però radica la storia universale che viene raccontata al territorio, le conferisce un sapore locale che la vivifica, la avvicina al pubblico, la rende urgente.
Per rendersene conto basta farsi un giro nel sito di Stradanova: www.stradanovaslowtheatre.it. Si scopre, nella sezione dedicata alle più recenti produzioni video, come la vicenda di Adelchi possa vivere nei boschi e nei vecchi castelli della Val di Non, in cui gli endecasillabi manzoniani risuonano con una verità e una chiarezza insospettata, seppur pronunciati da voci non educate e con forti cadenze locali: qui.
Oppure, si scopre come in un antico maniero di Malosco, ai confini della Val di Non, che nel Novecento fu trasformato in questura (e in cui nacque Fortunato Depero) e che ormai è chiuso da cinquant’anni, possano essere ambientate le vicende del buon soldato Švejk, interpretate da una compagnia in cui gli attori e le attrici principali sono ‘matti’ veri, che portano la loro alterità al servizio dei personaggi strampalati immaginati prima da Hašek e poi da Brecht: qui.
Segnalo anche Questo non c’entra niente, il bel film documentario di Marco Rauzi che documenta la costruzione di uno spettacolo interamente recitato da utenti operatori e volontari del Centro di Salute Mentale di Cles: qui.
Il frutto dell’ultima ciaza mata che ha radunato una compagnia di quasi trenta persone è l’edizione dell’estate 2024 di In viaggio con… dedicata a Pinocchio: qui.
Qui mi fermo, lasciando, spero, a chi mi legge la curiosità di conoscere anche dal vivo la ciaza mata di due teatranti che, usciti da una delle accademie più importanti d’Italia, hanno provato a fare il loro teatro rimanendo fuori dal sistema teatrale costituto, che probabilmente avrebbe potuto metterli nelle condizioni di lavorare meno nell’ombra, con più mezzi, con più tranquillità, ma che forse li avrebbe anche allontanati dal loro obiettivo, che possono raggiungere solo rimanendo sulle vie laterali, stando con le persone e vivendo nel loro territorio.
In apertura, La storia di un buon soldato, Ph. Francesca Dusini
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