Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Le galop de la Centauresse
Una ricca selezione di poesie della poetessa e drammaturga italiana Maura Del Serra in un libro-antologia per le edizioni Wallada

È stata da poco pubblicata dall’editrice francese Wallada e sarà presentata ufficialmente al “Marché de la poesie” di Parigi, dal 18 al 22 giugno, l’antologia poetica bilingue (italiano – francese) Le galop de la Centauresse, una ricca selezione di poesie della poetessa e drammaturga italiana Maura Del Serra, da tempo riconosciuta e diffusamente tradotta come una delle voci più raffinate e intense del panorama poetico e drammaturgico contemporaneo, italiano ed internazionale.
Di seguito si riportano, in traduzione italiana, “Propos” di Françoise Mingot-Tauran, titolare dell’Editrice, e l’Introduzione del traduttore e curatore André Ughetto.
Il volume è distribuito nelle librerie con edizioni francesi e in quelle telematiche.
Le galop de la Centauresse di Maura Del Serra
Traduzione e cura di André Ughetto
“Propos” di Françoise Mingot-Tauran,
Avignon, Edition Wallada, 2025
Pagine 126, euro 15
***
Quando André Ughetto, del quale avevo già pubblicato un’opera teatrale su Petrarca [Petrarca banditore di pace, 2021] (1), mi inviò queste poesie bilingui, non riuscii a distaccarmene prima di averne finito una lettura immediata, a tal punto questo verbo concreto-astratto mi affascinò subito.
I nostri primi scambi andarono anche immediatamente al cuore dell’argomento che Maura circoscrive con la sua sottigliezza metafisica, essendo la poesia, come lei mi scriveva l’anno scorso, “Come un arcobaleno di rugiada vitale e di diamanti nascosti, un ponte su cui abitano i difensori della vita cosmica e del logos, una sua traduzione empatica e perenne” E di conseguenza fragile “poiché la fragilità è un attributo di ogni cosa preziosa e nobilmente ‘al contrario’ del mondo commerciale.”
In Amicizia, a mio parere manifesto essenziale dell’attività creatrice, la “cosa” diviene aquilone, vino solitario, acqua dolce di fonte in cui si distinguono i riflessi di molte altre metamorfosi, ad un tempo inattese e di una evidenza assoluta, che armonizza le figure del dono in apertura ai quattro elementi che si equilibrano. Si tratta proprio di un’ascesi passionale “comune”, lungo un “filo di ragione / che sale insieme all’altra ragione / fino alla grazia”: “Alza la mente e guarda […] Alza la mente / fino al fondo del cuore”. Questa esortazione giustifica i paradossi, permettendo di navigare sull’“ala” immaginaria delle parole, di coniugare “riso e silenzio”, “deserti e prati”, di unire le mani per celebrare la bellezza del mondo trasceso dalle arti.
In effetti, qualunque siano le sue turpitudini, le sue debolezze e la forza distruttiva del male che si risveglia nel quotidiano strappandosi la camicia di forza, il mondo, per la poetessa, merita la sua orazione poetica.
Di poesia in poesia vi ritrovo l’eco della mia adolescenza abbagliata da un’Italia mitica dagli arcaismi ardenti, scoperta nel corso dei miei primi viaggi: d’altronde vi riconosco, in controluce, la donna di oggi, la donna selvaggia che unisce ardore e tradizione, famiglia e libertà, nel galoppo maiuscolo (2) di una follia controllata, che sa morire vivendo tra l’altare verginale e il passo di steppa vivida, in coro, in grido e in sussurro.
Grazie al “piccolo infinito quotidiano”, i “popoli innumerevoli” si stringono “al domestico fuoco” dove lei arde. Maura testimonia che in ogni donna, in ogni uomo, in te, muore forse quel “grappolo nascosto / che i vignaioli non colsero” ma che “per te è la storia, e niente la cancella”.
Gratitudine a colei che osa, e che partita da così vicino ci porta così lontano.
Françoise Mingot-Tauran
Aggiungo che un’altra opera di André Ughetto, in corso di realizzazione, che mi riporta a quella felicità adolescente, riguarda l’opera di René Char, che egli ebbe il privilegio di frequentare a partire dagli anni ’60. Da parte mia avevo avvicinato indirettamente il poeta a quell’epoca tramite una pubblicazione fondamentale di George Maunin, professore all’Università di Aix-en-Provance, mio maestro di letteratura e poi consulente editoriale.
Di qui l’uso della maiuscola “Centauresse” in francese nel titolo [del volume], come richiamo rispettoso ad un mito.
Introduzione
di André Ughetto
Maura Del Serra, nata a Pistoia nel 1948, è una prestigiosa autrice italiana. Già docente alla Facoltà di Lettere e Filosofia, poetessa, drammaturga (ventotto testi teatrali pubblicati, in versi e in prosa) critico letterario e traduttrice (dal latino, tedesco, inglese, francese e spagnolo) ha riunito finora le sue numerose poesie in quattro corpose raccolte, ciascuna costituita da molti “libretti” pubblicati in precedenza: L’opera del vento. Poesie 1965-2005 (2006); Tentativi di certezza (2010); Scala dei giuramenti (2016); Ali straniere (2022). Ha inoltre dedicato numerosi libri e saggi a poeti e scrittori italiani ed europei. Fra gli autori tradotti: Cicerone, Shakespeare, George Herbert, Virginia Woolf, Katherine Manfield, Marcel Proust, così come Simone Weil (le poesie e il saggio Il radicamento).
Dato che ogni estate mettevo in scena a l’Isle-sur-la-Sorgue uno spettacolo poetico o teatrale, ho tradotto e adattato per il nostro teatro sull’erba la sua pièce su Simone Weil La fonte ardente, che abbiamo rappresentato nel 2016. Le opere di Maura sono state tradotte nella maggior parte delle lingue europee, tranne che in francese. Avevo cominciato a colmare questo ritardo pubblicando nel n° 11 della rivista “Phoenix”, al quale hanno contribuito, al mio fianco, in introduzione, due critici italiani, Giorgio Bárberi Squarotti e Daniela Marcheschi, e il critico-traduttore russo Lev Verscinin.
Ho letto almeno un libro in ciascun genere che lei pratica. Autrice molto versata nella critica letteraria, lo è egualmente nell’esercitare il suo talento analitico nelle poesie che scrive, la cui forma è sempre perfettamente adatta col motivo.
Il viaggio nel corso del quale la incontrai nel 2008 fece seguito ad un invito lanciato dalla Biblioteca Municipale San Giorgio della sua città natale, e del suo sindaco, il Sig. Berti, ad un piccolo numero di poeti raccolti sotto il nome “Scriptorium” a Marsiglia (associazione fondata da Dominique Sorrente). Si trattava di venire a lavorare una settimana sui problemi della traduzione. Anch’io, che avevo tradotto in collaborazione con Philippe Jaccottet Le mura di Pistoia (Les remparts de Pistoia) del poeta fiorentino Piero Bigongiari (1914 -1997), vi fui condotto a parlare dell’opera bigongiariana, sulla quale vegliava il suo erede testamentario, il poeta Paolo Fabrizio Jacuzzi, ugualmente originario di Pistoia. Fu durante i nostri primi scambi che Maura Del Serra mi accordò la sua confidenza. Il progetto di traduzione, nato dai nostri scambi, consiste dunque nel dare un’idea estesa del suo lavoro poetico. La sessantina di poesie scelte lo ha fatto percorrendo le quattro grandi raccolte che riuniscono le sue pubblicazioni scaglionate in una quarantina d’anni.
Cercando di essere fedele al testo italiano pur inventando le soluzioni più eleganti in francese, perché bisogna che nella lingua di arrivo il testo tradotto rimanga una poesia, cambio la metrica della poesia originale solo in caso di assoluta necessità.
Se c’è una corrispondenza tra la mia poesia e la sua, questa risiede, credo, nella diversità dei nostri motivi, dei nostri impulsi a scrivere: in Maura il compasso dell’ispirazione è ampiamente aperto, e ammiro il fatto che lei non tema di affrontare gli argomenti più gravi della politica, della religione, della filosofia, della metafisica, in mezzo ad evocazioni più leggere, ad esempio la nascita di un nipote. Questo tipo di poesia, che non mi sembra frequente in Francia, vi sarebbe particolarmente innovativa.
Se voglio far irraggiare questa voce, è anche per dire ai poeti francesi in generale e me stesso in particolare: osate dire tutto quello che pensate sulla vita che conducete, che conduciamo. Poiché ogni voce è singolare, ogni mente singolare nelle sue preoccupazioni come nel suo modo di immetterle nella scrittura, quello che qui mi piace diventa una lezione di universalità poetica.
II
Non mi sarei mai arrischiato a presentare questa raccolta con il titolo Le galop de la Centauresse [Il galoppo della Centaura] se non mi avesse in una certa misura autorizzato a farlo una delle sue poesie autobiografiche, le cui prime parole: “Sono Maura” (Je suis Maura) sono così riprese e sviluppate nel finale: “Sono Maura, Centaura / che scorrazza sfrenata zoccolando scintille / nel suo mite orticello di clausura” (Nella mia traduzione: “Je suis Maura, Centauresse / effrenée, vagabonde au galop d’étincelles / arrachées à l’enclos de son doux jardinet”). Questa breve poesia, estratta da un libro intitolato Adagio con fuoco. Poesie. Versi per la danza, (1997 – 1999) mi sembra emblematica di tutta la sua opera. Qualunque sia l’argomento o il soggetto che la sua poesia presenta (e i suoi titoli sono sempre congruenti col contenuto annunciato) si ha proprio il senso che la sua personalità – pensando al senso del latino “persona” – vi si investa – e vi si rappresenti interamente. In altri termini, Maura Del Serra utilizza le maschere o i prestanomi della realtà spesso la più quotidiana, familiare, coniugale ecc, non per raccontarsi (cosa che la sua umiltà, sottolineata da molti critici che hanno commentato la sua opera, non le perdonerebbe) ma per entrare in comunicazione ovvero in comunione, in ogni caso in reale empatia, con le cose, gli elementi, gli esseri che ha conosciuto e che affianca nella sua famiglia. Tale è quel meraviglioso Niso, suo nipote, o Moreno Fabbri, il suo sposo, infaticabile curatore degli interessi della sua compagna-poeta e, come attore di teatro – e talvolta di cinema – eccellente dicitore dei testi che lei produce, nel “galoppo” di emozioni tumultuose e di pensieri ispirati tanto da libri di sapienza tradizionale quanto da concetti desunti dalle ricerche fisiche ed astronomiche moderne.
Maura abita continuamente nel cuore del poema, come in un focolare che ci illumina sul suo rapporto col mondo. Decine di raccolte pubblicate – raccolte, come abbiamo detto, in cinque grossi volumi e in altrettante più piccole antologie – sono testimoni del suo incessante lavoro per cercare di renderci accessibile la sua luce interiore sorretta tuttavia al di fuori di ogni dogma strettamente religioso, dalle virtù propriamente teologali, Fede, Spernza, Carità, che percorrono tutta la sua opera. “Centaura”, Maura riconosce la sua doppia natura. La parte veramente “umana” del Centauro, perché è aperta al divino, giunge a padroneggiare, senza annichilirli, gli istinti focosi dell’animale in ni, simboleggiato dal quadrupede cavallino della mitologia. Inoltre il Centauro – in questo caso Chirone – è diventato la figura dell’educatore, al quale fu affidata l’infanzia turbolenta di Achille. In quanto stimatissima docente di Letteratura nell’Università di Firenze, Maura Del Serra rivendica a buon diritto in italiano la qualifica di Centaura.
Tuttavia l’immagine esprime di più, e quando lei si scusa con Alessio Riva, un amico che la trova sofferente, dicendo: “Che vuoi? Ho un corpo di serie C…”, è proprio delle passioni del corpo che parla, così come le evocano Descartes e Spinoza, ma sapendo secondo il detto greco “tò páthei máthos,” che “ la conoscenza giunge attraverso la sofferenza”. Nel suo teatro, personaggi come Nijnskij (Lo Spettro della Rosa) o Simone Weil, hanno offerto a Maura l’occasione di fronteggiare il mistero dei loro tormenti e anche della loro beatitudine esistenziale. Questa luminosità che lei porta in sé, e che comunica al lettore o al pubblico mediante il verbo poetico o il dramma teatrale, che proviene ugualmente dal suo intuitivo poiein, non cessa mai di individuarli negli altri, allorché le appaiono i segni di una volontà di elevarsi, di qualche stadio in cui ci si trovi al punto di partenza verso le alte sfere di una realizzazione spirituale.
Di qui la sua opera critica, molto abbondante, condotta col massimo rigore richiesto dal suo pensiero retto e dalla sua regola, ma spesso orientata dalla ricerca sororale di un pensiero amico che corrisponda alle sue personali aspirazioni.
Nella sua doppia postulazione verso la Carnalità e verso lo Spirito, Maura meriterebbe senza dubbio l’appellativo di “poeta metafisico” che fu dedicato un tempo, nel XVII secolo, ad inglesi come John Donne, o George Herbert da lei tradotto. Ha ugualmente tradotto le poesie altamente spirituali di Simone Weil prima di consacrarle La fonte ardente, due atti (*) in cui fa rivivere, con lei o parlando di lei, l’amato professore Alain, Trotskij, che mette a confronto con gli operai di cui descrive la dura condizione, e poi Simone De Beauvoir, Georges Batailles, Joe Bousquet, René Daumal, prima di far leggere in italiano L’Enracinement (Il Radicamento) [della stessa Weil].
Fra le sue numerose traduzioni, le ultime, dall’inglese, sono le Poesie e prose liriche di Katherine Mansfield, così come i ricordi (Ricordi di vita) di Tagore; due libri per due itinerari che esprimono questa costante della sua opera, svelata dal titolo di una elle sue prime raccolte, La gloria oscura, ossimoro che protegge dai falsi valori mondani, come un invito a diffidare dell’apparenza.
Che cosa cerca, ad esempio, dietro Le confessioni di Sant’Agostino e la conversione del giovane cartaginese chiamato a diventare vescovo di Ippona? La pièce Scintilla d’Africa (Étincelle d’Afrique) si interroga sulla compagna cartaginese di Sant’Agostino, che, sebbene madre del loro figlio Adeodato, resta innominata nelle “confessioni” del grande teologo. E in Agnodice il personaggio, parallelamente eponimo, una giovane donna diventa medico – dei corpi e delle anime – suscita grande scandalo tra certi ateniesi dello stesso secolo a. C. Queste due pièces evocano dunque i sacrifici chiesti da una metà del genere umano all’altra, per l’evidente soddisfazione dei giochi di potere maschili, perfino d’ordine spirituale.
Nella raccolta antologica che ha come titolo italiano In voce (En voix) e nella nostra traduzione, Le galop de la Centauresse, si potrà scoprire, come in una registrazione sismografica relativa agli avvenimenti che ne sono il pretesto, l’ardente spiritualità, il ritmo e le immagini incantatrici di questa grandissima poesia; e spero che altri libri faranno seguito a questo. Con la felicità di averla scoperta, sono lieto di condividere con la nostra Editrice, Françoise Mingot-Tauran, quella di aprire una via francese a quest’opera che i nostri contemporanei italiani leggono da decenni, e già tradotta in numerose lingue europee.
Coerenza razionale, sensibilità estetica, compassione verso l’altro, rispetto per il Bene, il Bello, il Giusto, sono le solide colonne di pensiero e le arcate di un’ispirazione sempre entusiastica in Maura Del Serra. Chi vuole credere alla poesia come strumento per decifrare gli arcani del mondo deve leggere la sua opera, vibrante di fervore e di bellezza.
André Ughetto
Tradotto a mia cura, La fonte ardente fu rappresentata alla presenza dell’autrice durante l’estate 2016 a L’Isle-sur-la-Sorgue, con una troupe di attori per la maggior parte amatoriale, sotto gli auspici dell’Associazione Poieô.
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