Corso Italia 7

Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Lea Goldberg, una vita tra le parole

Poetessa, traduttrice, romanziera e molto altro. È appena uscito il suo volume di poesie, Lampo all'alba, a cura di Paola Messori, in cui le grandi tradizioni della lirica e della prosa europea da Dante a Petrarca, da Shakespeare a Čecov, da Rilke a Blok o alla Sachs - tutti autori di cui la Goldberg fu traduttrice -, si innestano naturalmente in quelle della cultura ebraica per un dettato di intensa originalità espressiva

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Lea Goldberg, una vita tra le parole

Lea Goldberg nacque 29 maggio 1911 a Königsberg in Prussia Orientale (l’odierna Kaliningrad, Russia), in una famiglia ebraica non osservante e di tradizioni socialiste.

Poetessa, traduttrice, giornalista, critico teatrale, pittrice, autrice per i bambini, romanziera, la Goldberg fu docente di letterature comparate all’Università Ebraica di Gerusalemme e studiosa del racconto dalle origini al XX secolo (se ne veda il fortunato saggio Omanut haSippur, ossia L’arte del racconto, del 1962).

Nota come intellettuale libera e coraggiosa, fu amica di Elias e Vera Canetti e Martin Buber fra gli altri, ed ebbe sempre nel cuore l’Europa multiculturale e l’ebraico come patria.

Poliglotta, studiò in Lituania e a Berlino letteratura e filologia e pubblicò presto traduzioni e poesie.

Con l’avvento del Nazismo e il rapido inasprirsi della campagna antisemita, la Goldberg si trasferì in Palestina nel gennaio del 1935, lo stesso anno in cui comparve il suo primo volume di poesie Tabbe‘ ot ‘Ashan (Volute di fumo): settanta componimenti scritti fra il 1931 e il 1934, per la maggior parte quartine.

Nel 1937 fece quel viaggio in Italia («Ho le vertigini per le troppe impressioni») che la legò per sempre alla cultura e alla grande poesia del nostro paese, di cui ebbe a «innamorarsi».

Nel 1938 conobbe il poeta, ed esponente sionista di origine galiziana in fuga da Vienna, Avraham Ben Yitzchak Sonne, con cui ebbe un amore (fino alla morte di lui nel 1950) tanto inevitabile e profondo quanto infelice. Vivrà poi legami con altri uomini, densi ma non altrettanto radicali.

Il saggio ha‘Ometz leChulin (Il coraggio dell’Ordinario), del 1938, è considerato il manifesto della sua concezione etica ed estetica, secondo la quale la poesia è portatrice di significati sempre indispensabili all’essere umano per definirsi tale: anche nei tempi più cupi, infatti, essa ha il dovere di«ricordare […] che esistono al mondo valori semplici ed eterni capaci di rendere la vita più preziosa, la morte più perfetta – la morte, dico, non l’omicidio».

Nel 1948 pubblica il volume della maturità poetica ‘Al haPrichah (Sulla fioritura), a cui seguiranno, fra le tante opere, Baraq baBoqer (Lampo all’alba) del 1955 e, nel 1959, l’autoantologia Muqdam uMeuchar(Prima e Dopo). Nel 1964, esce la sua ultima raccolta ‘Im haLayla haSeh (Con questa notte).

Viaggia, insegna, partecipa alle celebrazioni dantesche del 1965, lavora: vive intensamente.

Ammalatasi di cancro, muore a Gerusalemme il 15 gennaio 1970.

Di seguito, una poesia tratta dal volume Lampo all’alba

Verso casa

Venne il vento e sfrondò i cipressi,

cadde dal viale la cortina di quiete.

S’accendeva sui lobi del trifoglio

la rugiada nel sole che si congedava.

E ancora silenzio. Inclinate le cime.

Ascolta, amico, i passi della sera.

A stanche ali, sfiniti, pesanti, vengono

a posarsi gli uccelli predatori.

Su questa strada diretta al villaggio

da un giorno di fatica insieme tornavamo ieri.

Benefico il fresco serale del suolo

ai piedi ardenti di sole.

Come è oggi così sarà domani –

dalla fatica al riposo, la strada.

Alti cipressi vegliano ritti.

E l’ordinario simile al vino prezioso

di giorno in giorno rinvigorisce l’aroma.

Lampo all’alba, Firenze, Giuntina, 2022

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