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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

L’umanità senza tempo di Ifigenia tra mito e famiglia

Alternata a Oreste, e sempre sotto la regia di Valerio Binasco, ha chiuso la stagione teatrale torinese alle Fonderie Limone. Entrambe le tragedie di Euripide portano in scena gli scontri generazionali e la solitudine dei protagonisti, capaci di affrontare il destino con determinazione senza però abbandonare quell’innocenza che sembra essere ormai dimenticata dagli adulti

Mariapia Frigerio

L’umanità senza tempo di Ifigenia tra mito e famiglia

Sono stati un vero successo per il Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale i cinque importanti riconoscimenti al premio “Le maschere del teatro italiano 2022”, consegnati il 7 settembre scorso al Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania che ha assegnato al Direttore artistico del Teatro Stabile torinese, Valerio Binasco, il premio per la Miglior regia per Le sedie di Eugène Ionesco, produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale. Per lo stesso allestimento Nicolas Bovey ha ottenuto il riconoscimento per la Miglior scenografia.

Premio “Le Maschere del Teatro Italiano” Binasco, Ferrini, Scommegna, Fonsatti, Bovey

Inoltre Arianna Scommegna e Jurij Ferrini sono stati insigniti del premio come Miglior attrice e Miglior attore non protagonista per il dittico tragico Ifigenia / Oreste di Euripide, prodotto sempre dal TST e diretto da Valerio Binasco.

In particolare, i quattro premi conseguiti dalle due produzioni firmate da Valerio Binasco, Le sedie e Ifigenia/Oreste, collocano il TST tra le eccellenze del panorama teatrale italiano ed europeo e contribuiscono a rafforzare il posizionamento della città sabauda sulla scena culturale internazionale.

Allo spettacolo Le Sedie di Eugène Ionesco con Michele Di Mauro e Federica Fracassi è andato anche il Premio Hystrio Twister, assegnato dal pubblico mediante un sondaggio online in una rosa di dieci titoli di spettacoli selezionati dalla redazione e dai collaboratori di Hystrio, conclusosi lunedì 19 settembre, nella affollatissima Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini di Milano.

Diverse le motivazioni ricavate dalle testimonianze di alcuni spettatori che lo hanno votato: «Grottesco, comico, vacillante, immobile, strabiliante, malinconico, struggente, ammaliante, onirico, dadaistico, picassiano, amabile, beckettiano… uno spettacolo che mi rimarrà nel cuore e negli occhi!  – Uno spettacolo che non si dimentica, sono proprio felice abbia avuto questi riconoscimenti! – Grandissimi!!!! Felice felice felice per voi di questo premio a un lavoro straordinario!  – Grandissimi. Era ora. Strameritate tutto quello che avete ricevuto – Visto ieri sera…. testo, regia, scenografia, attori: tutto fantastico… grazie! – Federica Fracassi e Michele Di Mauro magnifici! Una coppia perfetta di clown pieni di malinconia che si affannano per trovare un ordine, un senso, anche, alla propria vita, lasciando un segno nel mondo. Struggenti! – Una scena sfasciata piena di rottami accoglie lui e lei, Michele e Federica, comici, amabili, fantasmi, maschere, esseri umanissimi capaci di commuoverti e farti ridere. La scena finale lascia una immensa malinconia. Che bello, che bravi!»

Non si può che plaudire a simili riconoscimenti per più di uno spettacolo, per più di un attore uniti tutti nella grande famiglia di un eccezionale Teatro Stabile di Torino.

Torniamo ora a Ifigenia che, alternata a Oreste, ha chiuso la stagione teatrale torinese alle Fonderie Limone, in quegli ex locali dell’imprenditoria piemontese ora trasformati in teatro.

Ifigenia come Oreste (che purtroppo non abbiamo visto) rappresentano gli scontri generazionali e la solitudine dei giovani protagonisti che ugualmente sanno affrontare il destino con determinazione e con quell’innocenza che gli adulti hanno ormai dimenticato.

Qui l’esemplare regia di Binasco passa dagli archetipi del mito alla più umana e intima dimensione familiare.
È lo stesso regista a precisare la sua decisione di affrontare, dopo anni di commedie, due tragedie classiche con l’intenzione di restare fedele a ciò che si intende per “tragedia”, ma secondo quello che questa pare a lui oggi, ovvero «spettacoli dove si percepisce il dolore estremo e il caos dentro al quale vanno ad affogare uno ad uno tutti i sentimenti e i pensieri umani, quando la sofferenza prende possesso della vita».

Nell’intento del regista Valerio Binasco, nonché direttore artistico del Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale, c’è il desiderio di fare due spettacoli severi, spogli di richiami visivi fini a sé stessi, semplici e nello stesso tempo estremi, in cui il dolore – alla radice per lui di tutti i sentimenti – venga guardato negli occhi con considerazione e pietà.

Per Binasco Euripide è “nostro”, perché ci sa parlare in modo diretto, perché è umano, di un’umanità senza tempo. E nel suo mettere in scena questa tragedia non vuole farne uno spettacolo metaforico, ma vuole che le cose «“accadano” in modo popolare, diretto, commovente».

Quello che lo interessa è soprattutto la concretezza psicologica di quella che lui definisce «antica favola tragica» tanto da fargli eliminare il coro per potersi concentrare maggiormente sulla portata umana di questa vicenda famigliare e universale e da far vestire gli attori con sobri abiti di uomini contemporanei.

In Ifigenia [Ifigenia in Aulide, NdC], tragedia al presente dove l’azione tragica incombe, c’è la patologia di Agamennone, il padre-comandante che fallisce in entrambi i ruoli.

La morte della ragazza è annunciata fin dalla prima scena e verso di quella si procede in modo inesorabile per tutto lo spettacolo, con scene brevi staccate le une dalle altre da momenti di buio.

La scena è infatti spoglia (eccetto una cattedra scolastica, luogo-tenda di Agamennone-Binasco) e il pubblico si “affronta” su sedili digradanti che confluiscono nello spazio dell’azione.

Un pubblico attento, muto nel seguire le psicologie dei vari personaggi.

Da un Agamennone amante del potere e spaventato all’idea che i soldati possano ridere di lui a un Achille che ha paura dello scherno e usa il cervello come gli ha insegnato Chirone, da una Clitennestra che considerando il marito un vile e ricordando di essere stata presa da lui con la forza maledice tutti gli uomini a un’Ifigenia che dignitosamente accetta di morire.

Siamo di fronte ad attori che, con grande bravura, recitano tutti senza microfono (una vera e propria rarità) tra cui vogliamo ricordare l’ambiguo Agamennone di Binasco, il tormentato Menelao di Jurij Ferrini, la Clitennestra di una splendida Arianna Scommegna, la dolce e pur decisa Ifigenia della giovane Giordana Faggiano.

C’è da sperare che questo applauditissimo spettacolo che, come si è detto, ha chiuso il calendario del programma dello Stabile dell’ultima stagione, possa essere di buon auspicio per un nuovo cartellone dallo stesso interesse e della stessa intensità.

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