Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Nell’onda lunga della narrazione
Taccuino di lettura. Un romanzo, quello di Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico, che si sposta avanti e indietro nel tempo, con digressioni, parodie, citazioni nascoste e citazioni scoperte. In cui si ride e si piange. Un volume avvincente, ma non convincente, dove qualcosa sfugge e lascia un po’ perplessi
Gian Marco Griffi, Ferrovie del Messico, Milano, Laurana Editore, 2022
Programmatico l’esergo dal Molto rumore per nulla shakespeariano: «giacché nessun filosofo/seppe mai sopportare stoicamente/nemmeno il più banale mal di denti».
E infatti questo romanzo-fiume di 805 pagine si potrebbe dire che abbia come vicenda portante l’estenuante mal di denti – e il conseguente terrore per i dentisti – del protagonista Cesco Magetti oltre al fatto che, sempre lo stesso milite della Guardia nazionale ferroviaria, riceva un incarico, molto dall’alto, di compilare la mappa delle ferrovie del Messico.
«Una trama piuttosto lineare» per dirla con Mario Draghi nella sua postfazione Il romanzo enciclopedico, all’interno di una «letteratura enciclopedica» per citare Guido Almansi, che altro non è che quella letteratura (sempre continuando con Almansi) che parte dalla quinta lezione americana di Calvino, quella sulla molteplicità.
Un romanzo, quello di Griffi, che si sposta avanti e indietro nel tempo, con digressioni, parodie, citazioni nascoste e citazioni scoperte. In cui si ride e si piange.
Un romanzo che genera storie su storie e che ha come luogo-base Asti (ma in cui c’è anche tanto “altrove”) e come tempo il 1944 (ma anche un prima e un dopo, rapsodicamente alternati).
Un romanzo avvincente (lo si legge senza fatica anche se diluendolo nel tempo), ma non convincente.
C’è qualcosa che ci sfugge e che ci lascia un po’ perplessi.
Potrebbe essere lo stesso genere da noi non particolarmente amato.
Di certo non la lunghezza visto che l’abbiamo affrontata sempre senza problemi da Houellebecq ad Aramburu.
Forse un romanzo troppo di “testa”?
Manzonianamente lasciamo ai posteri l’ardua sentenza.
Ci appelliamo però alla quarta di copertina che per noi sintetizza alla perfezione tutto il romanzo-fiume: «Essere lirici e ironici è la sola cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta».
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