Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Per non perdersi nel Labirinto
Ritornare ai classici. La conformazione fisica del nostro cervello richiama in qualche misura le circonvoluzioni di questa enigmatica struttura dove si scorge la compresenza di tenebra e luce, di mostruoso e razionale, di orrore e desiderio, di umano e divino. Attraverso il labirinto è possibile cogliere i meccanismi del mito greco, le dinamiche del suo farsi e disfarsi senza mai perdere la propria identità pur assumendone molte e diverse fra loro

“Se avessimo il coraggio di plasmare un’architettura a immagine della nostra anima il nostro modello dovrebbe essere il labirinto”, scriveva Friedrich Nietzsche in Aurora. E non solo perché la conformazione fisica del nostro cervello richiama in qualche misura le circonvoluzioni di quella enigmatica struttura, come si potrebbe pensare, bensì soprattutto, come ricorda Giorgio Ieranò nel suo recente Il racconto del Labirinto (Einaudi, Torino 2024), per la possibilità di far coincidere la forma del labirinto con i meandri dell’inconscio. Ed effettivamente è difficile pensare al labirinto senza chiamare in causa i misteri della psiche umana, il più nascosto segreto della realtà, la compresenza di tenebra e luce, di mostruoso e razionale, di orrore e desiderio, di umano e divino che vi albergano.
Prima di tutto questo, però, il labirinto evoca il mito. O più precisamente un conglomerato di miti ambientati nello scenario di un Mediterraneo antichissimo, precedente alla guerra di Troia, nei limiti in cui nel mito classico si può parlare di un prima e un dopo. È una storia con molti protagonisti, che racconta di un re potente e divino, Minosse di Creta, di sua moglie Pasifae, degli insani amori di quest’ultima con un bellissimo toro della mandria del re, di un architetto e scultore dalle capacità prodigiose, Dedalo, che costruendo una meravigliosa e realistica vacca cava al suo interno permette a Pasifae di assecondare le proprie predisposizioni amorose attirando l’attenzione del toro; e ancora di quello stesso Dedalo che in veste di architetto progetta il carcere nel quale tenere prigioniero il Minotauro, mostro per metà uomo e metà toro frutto dell’incontro fra la regina e il suo quadrupede amante; e di Teseo, principe ateniese che debella l’orrenda creatura riuscendo a penetrare nel labirinto e a uscirne indenne grazie al gomitolo di lana che la principessa Arianna, innamoratasi di lui, gli fornisce per ritrovare l’uscita. Con un seguito di vicende drammatiche: l’abbandono di Arianna stessa da parte di Teseo sulle spiagge di Nasso o di qualche altra isola greca, il ritrovamento della ragazza da parte del dio Dioniso, il rientro di Teseo ad Atene e la morte del padre di lui, Egeo, che si getta in mare perché crede che il figlio sia perito nell’impresa, mentre si era semplicemente dimenticato, lo sbadato, di issare le vele bianche che avrebbero dovuto segnalare al padre il suo successo. E ancora, tra le vicende successive, le conseguenze del fallimento di Dedalo, costretto a fuggire da Creta per scampare all’ira di Minosse e obbligato a farlo per via aerea, essendo tutti i porti sorvegliati dall’esercito del re; Dedalo si salverà e mieterà altri successi strepitosi come architetto in Italia meridionale e in Sicilia, ma suo figlio precipiterà in mare per essersi avvicinato troppo al sole che ha fuso la cera di cui sono imbevute le sue ali.
A questi personaggi e a questi fatti, che costituiscono il nucleo centrale del mito, si aggiungono altre figure, come Zeus che rapisce Europa, alle origini di tutta la vicenda, o Fedra, sorella di Arianna e sposa di Teseo, con il figliastro Ippolito, figlio di Teseo e della regina delle Amazzoni, e la tragica storia d’amore e morte che ne deriva.
Nel complesso intrecciarsi di questi personaggi e di queste avventure si colgono molti aspetti che caratterizzano il mito in generale: lo svolgersi degli eventi fuori dal tempo degli uomini, e però in modo tale che ogni tempo ne porti in qualche misura le conseguenze; la molteplicità delle versioni di ogni vicenda, che conosce numerose varianti (persino le parentele sono spesso riferite in modi contrastanti dalle diverse fonti); lo spaziare delle storie in luoghi diversi e remoti tra loro, a sottolineare che, pur disparati, gli scenari geografici del mito sono uno spazio solo, comune e noto, che accorpa Greci e non Greci su un unico sfondo reso familiare dai miti comuni. Meglio di qualsiasi altro, il racconto del labirinto permette di cogliere i meccanismi del mito greco, le dinamiche del suo farsi e disfarsi senza mai perdere la propria identità pur assumendone molte e diverse fra loro.
Alla complessità intricata di questi racconti nessuna epoca storica è rimasta insensibile, e il mito del labirinto, spesso con nuove inedite varianti, è stato rivisitato infinite volte, ora nelle cattedrali medievali europee, dove rappresenta simbolicamente il viaggio del pellegrino in Terra Santa, ora da parte di scrittori e poeti, da Boccaccio a Petrarca, da Chaucer all’Ariosto, da Cervantes a Lope de Vega, fino ad autori più recenti come Joyce, Octavio Paz, Robbe-Grillet, Marguerite Yourcenar, Nietzsche, Italo Calvino, Umberto Eco, Borges… e tanti altri.
Affrontare un tema così vasto e articolato è impresa quanto mai complessa, e per questo non si può non essere grati a Ieranò che, con la sicurezza che gli viene dalla sua profonda competenza, estrapola dalla congerie delle tradizioni i momenti fondamentali e li enuncia con limpida chiarezza. Ogni capitolo del libro approfondisce uno dei protagonisti della saga: Zeus, Europa, Minosse, Pasifae, Dedalo, Teseo, il Minotauro, Arianna, Dioniso, Icaro, Fedra… Senza rinunciare alla complessità, ma fornendoci, con la nitidezza del suo stile, un filo d’Arianna sicuro per ritrovare il cammino, le sue pagine ci guidano attraverso il mito e le sue rivisitazioni, confermando una volta di più, se mai ce ne fosse bisogno, che il mito classico ha ancora molte cose da raccontare. E che vale la pena di fare silenzio, fornirsi di una buona guida (come questa) e ascoltarlo.
In apertura, foto di Olio Officina
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