Corso Italia 7

Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Quando il convitato di pietra è Molière

L’uomo che oscurò il re Sole è la rappresentazione teatrale messa in scena al Giglio di Lucca, un lungo monologo sulla vita del commediografo parigino di cui è autore Francesco Niccolini, con protagonisti l’attore Alessio Boni e il violinista, polistrumentista e compositore Alessandro Quarta. C'è la vita di un grande artista racchiusa in un'ora e mezzo di spettacolo, su un palcoscenico fra scale, manichini, cenci e cordami

Mariapia Frigerio

Quando il convitato di pietra è Molière

Nota. Una versione ridotta di questo scritto sulla première al Teatro del Giglio di Lucca (13 giugno 2021) dello spettacolo L’uomo che oscurò il re Sole – Vita di Molière con Alessio Boni è apparsa già in «Avvenire», 19 giugno 2021. Pubblichiamo qui su «Corso Italia 7» la versione inetgrale del testo.

Una boccata d’aria fresca assistere nuovamente in teatro a una rappresentazione, dopo il lunghissimo e insopportabile tempo del virtuale, utile per molti aspetti, ma non sostituibile al rapporto umano che è quanto si richiede, e richiede, il teatro.

Il teatro in questione è quello del Giglio di Lucca, l’autore rappresentato è Molière, in un lungo monologo sulla sua vita.

Che sia stato scelto il grande commediografo francese è abbastanza naturale: un uomo di teatro a tutto tondo, autore, scrittore, imprenditore.

Un autore che, tra i tanti, ha suscitato l’interesse e gli studi di Giovanni Macchia, le traduzioni di Cesare Garboli, l’esigenza di scriverne la vita – seppur romanzata – di Michail Bulgakov.

Ma veniamo allo spettacolo.

Francesco Niccolini

Francesco Niccolini, autore (si ricordi Vajont: storia di una diga, testo di grande impegno civile e di memoria), Alessio Boni, attore, Alessandro Quarta, violinista, polistrumentista, compositore sono i tre nomi uniti per dar vita a un quarto, una sorta di “convitato di pietra” che è, in questo caso, Jean-Baptiste Poquelin, ovvero lo stesso Molière.

Alessio Boni, Milano 2021 – © Stefano Ferrante

Ed è il teatro del Giglio di Lucca lo spazio che ospita la prima nazionale di L’uomo che oscurò il re Sole – Vita di Molière: vero e proprio inno al teatro come luogo di indipendenza e di libertà narrato, per voce e musica, attraverso la figura del grande commediografo francese.

C’è tutto Molière in questa ora e mezzo, su un palcoscenico fra scale, manichini, cenci e cordami: un palcoscenico che vuole essere il palcoscenico dell’attore-autore.

Ed è Alessio Boni a raccontare la vita di un bambino fragile, balbuziente, figlio di un tappezziere, che in breve tempo perde sia la madre che la matrigna, con un nonno che lo porterà agli spettacoli dei comici, un bambino nato in una Parigi che, agli inizi del ‘600, era la città più viva d’Europa e tuttavia ancora ostile agli attori.

Un ragazzino cresciuto nel quartiere delle Halles in cui avrà modo di conoscere la varietà della realtà umana, dalla grande voglia di studiare (studierà infatti in scuole prestigiose come quelle dei gesuiti) che lo porterà a conoscere, in casa di un compagno di studi, il filosofo antiaristotelico Pierre Gassendi.

Sempre Boni ci parla della passione per il teatro inculcatagli dal nonno materno, dell’amore per l’attrice Madeleine Béjart, del suo desiderio non riuscito di essere autore di tragedie (la sua unica tragedia venuta bene sarà la morte), dell’incontro con Tiberio Fiorilli-Scaramouche che gl’insegnerà a non balbettare, del nuovo amore per Armande, figura avvolta dal mistero (sorella o figlia di Madeleine e dello stesso Molière?), dell’amicizia con Luigi XIV e con La Fontaine, della genesi degli spettacoli sublimi in cui porta in scena le malattie della società, dalle Preziose ridicole alla Scuola delle mogli, dal Don Giovanni al Misantropo al Malato immaginario.

Boni ci restituisce un Molière in tutta la sua umanità, in un gioco di canto e controcanto tra le sue parole e le musiche eseguite da Quarta.

Alessandro Quarta – © Marco Perulli

Un’umanità che proprio in quanto tale è anche modernità.

Scriveva Garboli riguardo ai testi molieriani che bisogna restituirli «come se le parole di Molière, scritte ieri, fossero state scritte oggi, e come se il linguaggio molieriano di ‘oggi’ fosse però il misterioso risultato di una spedizione archeologica, il frutto di un ritrovamento». Questo è secondo il critico e traduttore il solo modo di rappresentare Molière «uomo di teatro di grandi conflitti mascherati da farsa».

La “modernità” di Molière unisce Garboli al Bulgakov di La vita del signor de Molière, perché, come diceva Borges, se il russo scelse come suo idolo Molière e non Shakespeare è perché in Shakespeare «vi erano tutti e nessuno», mentre in Molière vi era soltanto sé stesso, e la sua lingua realistica che con gli strumenti antieroici ch’egli adoperava si adattava al personaggio moderno, che cela il dolore e la sconfitta. Del resto, secondo Macchia, nella vita tragica di Molière Bulgakov scopriva sé stesso e la catena dell’infelicità umana.

Questo per dire che Alessio Boni, attore che ha lavorato alternatamente in teatro e nel cinema con nomi del calibro di Peter Stein, Luca Ronconi, Giorgio Strehler, Marco Tullio Giordana e Roberto Andò, raggiunta la popolarità con la fiction Incantesimo e con altre, che ha dato corpo in TV a figure da Caravaggio a Walter Chiari a Enrico Piaggio, riesce in modo eccelso, mai sopra le righe, a rendercene la vita, confermandosi un attore di grande finezza, applauditissimo con Quarta e Niccolini da un pubblico nuovamente a teatro.

Uno spettacolo che molti insegnanti dovrebbero vedere per imparare ad appassionare i propri allievi con quella passione che Boni ha saputo rendere tangibile, compreso il bis di quanto il personaggio di Orazio della Scuola delle mogli dice sull’amore…

In apertuta, foto di Mariapia Frigerio

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