Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Rubini rilegge Stevenson come antesignano della psicanalisi
Lo spettacolo Il caso Jekyll al Teatro del Giglio Giacomo Puccini di Lucca ha contribuito a esplorare l’inconscio umano per farci riflettere su due grandi maestri, Freud e Jung, e sulle loro teorie. Il celebre romanzo diventa «un’apologia sulla condizione umana, con tema centrale il doppio, che poi è il doppio che alberga in ognuno di noi»

Ottimo inizio per la Stagione di Prosa 24/25 con lo spettacolo Il caso Jekyll.
Quale testo letterario, infatti, come Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde meglio si sarebbe prestato a una interpretazione psicanalitica con tutto quello che comporta di disturbi di personalità e di bipolarità?
Ecco, questo è quanto ha fatto Rubini: una lettura in tal senso del testo di Stevenson, dove in primo luogo viene esplorato l’inconscio umano per poi farci riflettere sui due grandi maestri e sulle loro teorie, quelle di Freud e di Jung.
Sergio Rubini – indimenticabile il suo esordio come regista nel film La stazione – riesce inoltre, in questo spettacolo tratto da Stevenson, a mescolare aspetti tipici della filmografia ad altri della letteratura.
Non si può infatti non pensare a Psyco di Alfred Hitchcock o a Che fine ha fatto Baby Jane? di Robert Aldrich per quanto riguarda le alterazioni della psiche o, in letteratura, a Paura di Stefan Zweig.
Naturalmente l’elenco potrebbe proseguire a lungo, ma questi sono i primi titoli che ci sono venuti alla mente.
Titoli che hanno in comune con la pièce teatrale tratta da Stevenson aspetti di noir e di thriller, a cui qui si aggiunge lo sfondo di una Londra piena di pericoli, di fumo e povertà che tanto rimanda al “predecessore” Dickens.
Rubini non è solo regista, ma è presente in scena anche come attore, in qualità di narratore in piedi davanti a un leggio.
Il doppio ruolo di Jekyll e Hyde è affidato invece a Daniele Russo.
Ecco quanto, dalle note di regia dello stesso Rubini, viene messo in luce, quali i suoi intenti.
Per Rubini il celebre romanzo «è un’apologia sulla condizione umana, avendo come tema centrale il doppio che poi è il doppio che alberga in ognuno di noi».
Così la sua regia e l’adattamento del testo originale (curato con Carla Cavalluzzi) hanno reso tutto in chiave volutamente psicanalitica, prediligendo agli aspetti allegorici e fantastici usati da Stevenson una sorta di viaggio nell’inconscio «di un famoso luminare della medicina, Henry Jekyll, che ambendo all’individuazione di quelle che sono le cause della malattia mentale, si fa cavia e diventa poi vittima delle sue stesse teorie, tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, la sua ombra, il suo Hyde».
Chiare le intenzioni di Rubini: partire da un racconto dell’Ottocento, “trampolino” di ispirazione per arrivare ai giorni nostri, avvicinandosi a quelli che sono i temi a noi più vicini per permettere al pubblico di «dialogare col proprio inconscio, portarlo fuori e condividerlo con la collettività per evitare che la nostra ombra scavi in solitudine nel nostro io un tunnel di sofferenze e violenza.»
Un’operazione che ha sortito negli spettatori non solo vivo interesse, ma anche una partecipazione a 360° evidente nei molteplici applausi e nelle continue chiamate degli attori a fine spettacolo.
Tutti molto bravi (in o.a. Geno Diana, Roberto Salemi, Alessia Santalucia, Angelo Zampieri) e superlativi sia Daniele Russo che, ça va sans dire, Sergio Rubini.
Il caso Jekyll, da Robert Louis Stevenson, regia di Sergio Rubini, con Sergio Rubini, Daniele Russo e in o.a. Geno Diana, Roberto Salemi, Alessia Santalucia, Angelo Zampieri.
Lucca, Teatro del Giglio Giacomo Puccini, 6-7 dicembre 2024
In apertura, Il caso Jekyll, foto di Flavia Tartaglia
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