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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Una “perla” rara questa Marguerite

Taccuino di lettura. Per scrivere un buon libro non è necessario un vocabolario sterminato, ma il saper scegliere parole apparentemente comuni, ma di grande impatto emotivo. Ed Eugenio Murrali, in Marguerite è stata qui, si dimostra in questo vero maestro. Parole belle per un libro di struggente profondità

Mariapia Frigerio

Una “perla” rara questa Marguerite

Eugenio Murrali, Marguerite è stata qui, Vicenza, Neri Pozza Editore, 2023

Non è facile scrivere la biografia di uno scrittore soprattutto se è un grande scrittore come nel caso di Marguerite Yourcenar.

Ma se si riesce nell’intento si può arrivare a farne un’opera che, seppur diversa rispetto a quelle dell’autore trattato, non si può considerare inferiore, ma entra – parafrasando Pontiggia – tra i libri “necessari”.

Un precedente caso clamoroso è stato il Tolstoi di Henri Troyat (al secolo Lev Aslanovič Tarasov): due volumi che ci fanno ripercorrere passo passo l’avventurosa vita del grande scrittore, che si addentrano nei suoi romanzi, che ci descrivono (ma quasi senza farsene accorgere) il mondo russo e i suoi narratori.

Una meraviglia.

Eugenio Murrali (qui al suo primo romanzo), in poco meno di 200 pagine, fa altrettanto con la scrittrice francese.

Senza esagerare si potrebbe definire il suo un libro perfetto per capacità di alternare pagine in cui è l’autore a parlare in prima persona, ad altre in cui a parlare sono le persone che della vita di Marguerite (dal greco “perla”) hanno fatto parte.

Dal dottor Dubois che l’ha fatta nascere, alla madre Fernande, morta poco dopo la sua nascita. E ancora dalla cuoca Aldegonde alla bambinaia Barbe, dall’ostetrica Azélie al carmelitano scalzo, dalla ricca nonna Noémi alla governante Margareta, dal padre Michel René al cocchiere Alcide, da Jeanne, la cara amica della madre, alla nuova bambinaia Camille, da “l’uomo che non poteva amarla” a Grace, che invece l’amò, dall’amico greco Andreas alla “studentessa”, per finire con Jerry.

Tutto con un giusto equilibrio.

Ma i personaggi, seppur non “parlanti”, sono anche altri: dal fratellastro Michel Joseph a Christine, l’ultima compagna del padre.

E ancora i cani, i fiori, i luoghi visitati, le case abitate…

Altro aspetto notevole è che Murrali non solo rende il lettore partecipe di quanto narra facendolo sentire parte della grande famiglia e degli incontri della scrittrice, ma usa una lingua di rara bellezza.

Una lingua impeccabile, che usando termini “apparentemente” semplici, riesce a darci grandi emozioni.

Perché per scrivere un buon libro non è necessario un vocabolario sterminato (pensiamo alla bravura di un Simenon che sapeva creare atmosfere con pochissime – per uno scrittore, s’intende – parole), ma il saper scegliere parole apparentemente comuni, ma di grande impatto evocativo.

E Murrali si dimostra in questo vero maestro.

Non sbaglia una parola: non sbaglia l’estetica di una parola.

Parole belle per un libro di struggente profondità.

E per essere credibili e voler trovare a tutti i costi un neo, l’«aria cremosa» a p. 49 non ci è piaciuta.

Ma forse è perché a parlare è Alcide, il cocchiere, e allora lo si può tranquillamente perdonare!

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