Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Una storia sintetica del genere dal Seicento a oggi nelle parole di Patrizia Violi
Da leggere perché… Favola sempre a lieto fine e romanzo di formazione: questo è un altro aspetto che ha da sempre attirato e sempre attira le lettrici. In Breve storia della letteratura rosa l’autrice non solo osserva le strutture narrative standardizzate, gli usi e le forme dello stile, ma anche e soprattutto segue l’evoluzione della condizione femminile nel corso dei secoli
Patrizia Violi, Breve storia della letteratura rosa, Perugia, Graphe.it edizioni, 2020.
Senza pregiudizi, la Violi argomenta e si interroga nella consapevolezza che la letteratura rosa o sentimentale, destinata al pubblico femminile e dal lieto fine garantito, ha prodotto un grande numero di best sellers e che, nonostante tutto, «non conosce flessioni di vendite».
La Violi traccia una storia sintetica del genere dal Seicento a oggi: cioè dalla fiaba Cenerentola (1634), narrata da Giambattista Basile (1583-1632) e vero e proprio archetipo della letteratura sentimentale, passando per la Pamela (1740) di Samuel Richardson (1689-1761), e su su per i romanzi di Carolina Invernizio (1851-1916) e di Liala (Amalia Liana Negretti Odescalchi, 1897-1995), fino a Cinquanta sfumature di grigio (2011) della londinese Erika Leonard James (1963) e alla cosiddetta fan fiction.
Né Patrizia Violi tralascia di dar conto delle varie case editrici e del numero delle pubblicazioni del settore o di trattare nomi come quelli di Barbara Cartland (1901-2000), la regina del rosa inglese, o della nostra Brunella Gasperini (1918-1979) che, capace di rispecchiare l’evoluzione della sensibilità e della vita delle donne nella nuova società italiana, è stata apprezzata anche dalla critica.
Favola sempre a lieto fine e romanzo di formazione: questo è un altro aspetto che ha da sempre attirato e sempre attira le lettrici. Così analizzare il romanzo rosa significa non soltanto osservarne le strutture narrative standardizzate, gli usi e le forme dello stile, cosa che la Violi fa, ma anche e soprattutto seguire l’evoluzione della condizione femminile nel corso dei secoli.
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