Il fenomeno dei vini vulcanici

Sa crescendo l'interesse internazionale per i vini prodotti su suoli vulcanici. Il Consorzio del Soave, attraverso l’associazione Volcanic Wines network e alcuni esperti della materia, si sta impegnando nel promuoverli su vasta scala, facendoli conoscere e apprezzare, e anche i mercati, oggi, sembrano rispondere con interesse

Marcello Ortenzi

Il fenomeno dei vini vulcanici

Il fenomeno dei vini vulcanici o, meglio, dei vini da suoli vulcanici, è tra i più interessanti degli ultimi anni. Si è notato che la critica internazionale ne discute spesso ultimamente, i degustatori professionisti ne esaltano le caratteristiche e i buyer hanno già avviato l’affare. Inoltre, molta parte della comunità scientifica sta ascoltando e appoggiando le sollecitazioni dei produttori.

Dal 2017 è partita un’accelerata nella comunicazione che va dalla vigna e arriva a un consumatore più evoluto e più interessato alle particolarità e agli aspetti legati alla comunicazione evocativa sui vini dei vulcani. C’è una forte relazione tra suoli composti da basalti, tufi, pomici e la ricchezza gustativa e l’equilibro che si riscontra normalmente nei vini prodotti.

I suoli costituiti da rocce vulcaniche hanno valori di macro-porosità più alti, queste rocce possono immagazzinare risorse idriche fino al 100% del loro peso, rilasciandola molto lentamente. Sono dunque un’importane riserva idrica per l’apparato radicale della vite, soprattutto in annate secche e siccitose. I basalti, poveri in silicio e ricchi in magnesio e ferro, tendono ad assorbire tra l’85% e il 99% dei fosfati. In tal caso occorrono irrigazioni meno frequenti anche perché queste rocce hanno forti capacità drenanti capaci di portare rapidamente i nitrati a contatto con le falde idriche, con conseguente fenomeno di eutrofizzazione.

Non tutti i terreni vulcanici sono adatti a produrre vino, quelli con eruzioni recenti hanno suoli sbilanciati nella composizione minerale o anche possono avere metalli pesanti. Questi vini, che si producono su terreni di vario tipo, presentano sentori fumé, iodato, di roccia. Sono prodotti che possono arrivare alla complessità e capaci di invecchiare.

Le zone caratteristiche che ospitano i vini vulcanici in Italia sono molti, vanno dal Soave e dei Monti Lessini, ai Colli Euganei, dai Castelli Romani, a Orvieto, dai Campi Flegrei e il Vesuvio, alle Isole Eolie, ecc. Un totale di 17 mila ettari, 150 mila bottiglie e una produzione potenziale di oltre un milione di ettolitri. Oggi, 19 territori sono riuniti nell’associazione “Volcanic Wines network”.

Il marchio è detenuto dal Consorzio del Soave, che lo ha registrato nel 2013 mettendolo a disposizione delle aziende con un preciso regolamento d’uso e che raccoglie al suo interno le Dop italiane di origine vulcanica. Il Presidente del Consorzio è Sandro Gini che di recente ha affermato sulla rivista Consortium che “definire i vini vulcanici permette di dare un’identità e un qualcosa di unico che si esprime nel bicchiere. I vini dei vulcani hanno tutti un filo conduttore da Nord a Sud e infatti uno degli obiettivi è quello che vengano considerati come una vera e propria categoria come sono i vini bianchi i rossi o gli orange”.

Il marchio è rilasciato alle aziende che ne fanno richiesta ma che hanno i prerequisiti e possono etichettare il marchio. Tra gli obiettivi del network ci sono certificare l’esistenza dei suoli vulcanici e vitati italiani, mapparli con chiarezza, facilitare la comunicazione all’esterno Il network vuole trovare un accordo col mondo accademico, che potrebbe aprire la strada a una comunicazione istituzionale strutturata sui vini da suoli vulcanici e sul loro rapporto col territorio; una ghiotta opportunità per i produttori vitivinicoli, che potranno trasmettere nuovi elementi distintivi senza essere accusati di faciloneria.

Di fronte a una carta dei suoli vulcanici italiani, sarà necessario certificare e verificare ogni singola azienda che insiste su quei territori, per evitare abusi sul marchio distintivo. E i prezzi? Per ora tutti d’accordo. Coltivare su suoli vulcanici comporta basse rese e costi di produzione elevati. Quindi, è giusto che siano più alti rispetto alle medie

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