La cultura inizia sui banchi

La scuola ha un ruolo importante nella formazione ed educazione. Ecco allora un regalo originale, e inusuale, per i bambini di terza, quarta e quinta elementare. A Riomaggiore, in Liguria, a pensarlo è stata l’azienda vitivinicola Litàn. Con un chiaro obiettivo: stimolare il rispetto e la salvaguardia del territorio

Ilaria Santomanco

La cultura inizia sui banchi

Una singolare e lodevole iniziativa è stata promossa dalla cantina Litàn, ubicata nel comune di Riomaggiore, la più orientale di quelle perle conosciute universalmente sotto il nome di Cinque Terre. L’occasione era ghiotta: festeggiare la decima vendemmia, dieci anni di impegno nel recuperare vigneti abbandonati per farli rifiorire, risistemando terrazze strappate alle colline e ricostruendo i muretti a secco di sostegno.

Osservando la conformazione di questa propaggine della Riviera di Levante, stretta tra la costa del mar Ligure e l’Appennino, si comprende appieno la fatica della “viticoltura eroica”: in questi luoghi impervi, raggiungibili solo a piedi attraverso un sentiero scosceso, ogni attività deve essere svolta a mano, tenendosi in equilibrio tra filari che sembrano a picco sul mare. L’unico soccorso giunge dalla monorotaia, che aiuta i viticoltori nel trasporto delle cassette colme di grappoli, ma tutto il resto deve essere rigorosamente fatto dall’uomo. Bosco, albarola e vermentino sono le uve coltivate in questo paradiso di Costa de Sèra, una delle tre sottozone della Doc Cinque Terre.

Per festeggiare i due lustri dell’azienda, Luigi e Orlando Litàn hanno voluto coinvolgere le nuove generazioni, mossi dal desiderio di instillare e alimentare nei piccoli l’amore e l’attaccamento a questa terra aspra. Hanno così deciso di fare un regalo originale a tutti i bambini delle classi terza, quarta e quinta elementare del comune di Riomaggiore: ogni scolaro ha ricevuto un vasetto contenente una barbatella, ossia una piccola vite da far crescere.

Nel prendersi cura del germoglio, con l’aiuto dei propri familiari, i bambini imparano il valore del tempo, delle stagioni, della natura che esige attenzione e rispetto, con l’auspicio che, una volta diventati adulti, avvertano la responsabilità di recuperare questo fragile territorio.

Il dono agli scolari, che sarà ripetuto nei prossimi anni, è un esempio di come la cultura (dal latino colere, “coltivare”) abbia bisogno di menti preparate, “dissodate”, aperte, pronte a raccogliere il seme – o barbatella, che dir si voglia – da far crescere e fruttificare, dedicando tempo, energie ed entusiasmo. Proprio come nonno Giulio ha fatto con Luigi e Orlando.

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia