Codice Oleario

Evo versus olio di oliva e sansa

Chi vince il confronto secondo voi? La risposta sembra scontata. Eppure, da una indagine che abbiamo condotto nel giro di poche ore, raccogliendo le opinioni più immediate e spontanee, non mancano le sorprese

L. C.

Evo versus olio di oliva e sansa

L’esordio è avvenuto con queste parole, scritte oggi, nella mattina del 18 marzo e destinate a diversi soggetti, rappresentatativi di diverse categorie: “Siate sinceri, vi prego siate davvero spassionatamente sinceri”. E così sono state raccolte le opinioni più diverse. Hanno risposto olivicoltori, frantoiani, non hanno risposto altri attori della filiera, hanno risposto invece alcuni consumatori e ristoratori.

Come tutti sanno, sono quattro le categorie merceologiche che si trovano direttamente sul mercato, nella vendita al dettaglio. Al vertice della qualità abbiamo l’extra vergine, e nessuno discute sulla centralità di tale prodotto. A seguire, abbiamo, partendo dal basso: l’olio di sansa di oliva, l’olio di oliva, l’olio di oliva vergine. Per molti sembra esista solo l’olio extra vergine di oliva, il resto interessa poco.

Considerando che le distinzioni merceologiche degli oli da olive rappresentano una unicità tra tutti i grassi alimentari, e di conseguenza un valore in più, è bene accogliere senza filtri i vari punti di vista. Ed ecco dunque i pareri espressi circa le categorie non rientranti in qualle di extra vergine.

Non c’è stato alcun intervento sui commenti riportati. Volutamente, in modo che tutti si facciano un’idea concreta, senza filtri, di quel che si pensa. Anche il linguaggio e la forma espressiva non sono stati modificati. In alcune risposte vi sono tra l’altro alcune affermazioni tecnicamente errate.

LE TESTIMONIANZE

Essendo un produttore di olio extravergine, io e la mia famiglia siamo abituati a consumare solo olio extra vergine. Non mi limito a consumare solo il mio olio, mi piace molto assaggiare e comprare altri oli extravergine di qualità. Purtroppo, capita in alcune tavole di amici e di una zia in particolare, di imbattermi in bottiglie di olio di oliva.
E, in questi casi, mmmmmm che rabbia. Piuttosto che condire l’isalata con questo”lubrificante”, preferisco mangiarla solo con aceto.
Personalmente, e in modo egoistico, tutti gli oli di oliva e gli oli di sansa potrebbo sparire dal commercio. Producendo poi solo olio extravergine, si migliorerebbe la qualità del prodotto
e si andrebbe a togliere delle lavorazioni che molte volte spaventano le persone consumatrici di olio extravergine. Già. Ho fatto proprio un bel discorso egoistico. Ho eliminato la concorrenza degli altri oli di oliva e olio di sansa.
OBBLIGO tutti a mangiare quello che dico io, e magari li OBBLIGO pure a comprare il mio olio.
Che bella persona che sarei. Se alla mia povera zia dalla sua tavola porto via la sua bella bottiglia in vetro trasparente di olio di oliva. Pur di mangiar l’insalata sarebbe disposta a condirla con il BURRO piuttosto che usare l’olio extravergine di oliva, in quanto mi dice sempre che per lei l’olio extravergine di oliva ha un sapore troppo forte per il suo palato; e questa frase la sento dire non solo da lei, ma da tante altre persone sopratutto del Nord Italia.
Ebbene si, il burro. Io ho origini contadine (sulle prealpi lombarde che si affacciano sul lago di Como), ho la fortuna di avere ancora la nonna, classe 1921, e mi racconta che la loro vita girava attorno alla “Vacca” (la mucca), al suo latte e ai suoi derivati. E l’olio? Tre generazioni fa dove era l’olio nel mio territorio? E le piante ultra secolari che ci sono sul lago? A cosa servivano? Semplice, a produrre olio combustibile per accedere la LUM (lampada ad olio) e pochissimi millilitri di olio finivano in tavola. Quindi, guardate che rivoluzione storica e culturale è avvenuta nel mio territorio. “Olio da combustibile ad alimento”.
Storicamente parlando, il sud Italia è sempre stato abituato da generazioni a generazioni a produrre e a consumare olio. L’uomo per come è fatto non sopporta dei cambiamenti drastici essendo prevalentemente abitudinale; per questo sono convinto che l’olio di oliva e l’olio di sansa non deve scomparire immediatamente dagli scaffali, si verrebbe a creare un vuoto alimentare nelle persone che li usano; causando un allontanamento alimentare dalle varie categorie di olio.
E’ questo quello che vogliamo rischiare noi produttori di olio? Continuiamo sulla strada della qualità, lavoriamo bene, produciamo olio extravergine, abituiamo i nostri figli a far mangiare dell’ottimo olio extravergine di oliva e vedrete che automaticamente nel giro di pochi anni l’olio di oliva e l’olio di sansa sparirà dagli scaffali del supermercato e andrà a collocarsi commercialmente in altri ambiti.

Mattia Vaccani
Cooperativa Olivicoltori Lago di Como

Mi esprimo come agronomo, assaggiatore e vice presidente dell’Associazione Olivo Quercetano.
Ammetto che conoscendo i procedimenti chimico fisici utilizzati per la produzione di oli di oliva e di oli di sansa, vorrei che ci fosse più distanza e maggiore chiarezza su queste categorie che, “non provengono direttamente dalla spremitura delle olive” , ma sono prodotti di rielaborazione e di riassemblaggio di grassi vegetali che seppur derivati dall’oliva, così come sono, senza questi passaggi, non potrebbero essere messi in commercio come alimenti.
Detto questo registro la parità tra questi prodotti ( in particolare tra l’olio di sansa) con altri grassi vegetali in commercio (es. oli di semi ecc.) e comprendo come ci sia chi non voglia o non possa spendere 10-12 euro al litro per un olio evo di qualità . Purtroppo anche nella categoria evo presente sugli scaffali dei supermercati ci sarebbe molto da dire e credo che Lei abbia già detto molto in altre occasioni; assaggi casuali svelano oli che non passerebbero al panel test ma che sono regolarmente classificati come evo e come tali venduti.
Poi per i piccoli produttori come i nostri associati, data questa situazione, è ancora più difficile far comprendere la differenza di prezzo necessaria tra questi oli e i nostri oli, prodotti in situazioni
anche difficili, ma rigorosamente controllati e valutati come extra vergini.
Non mi scaglio quindi contro queste categorie che fanno parte di un sistema di produzione industriale di oli ma vorrei che vi fosse più chiarezza nella classificazione e più distanza nelle denominazioni in modo che al consumatore fosse chiaro che l’olio di oliva come spesso viene proposto e illustrato nelle pubblicità (ovvero derivato direttamente dalla spremitura delle olive) è solo quello extra vergine o vergine e non quello che denominato”olio di oliva”, dall’olivo e dal
suo frutto si trova già molto distante.
Un ultima parola sugli oli vergini di oliva: con molta ipocrisia la categoria è sparita dagli scaffali; la ritengo, come ho visto fare in Francia del sud, una categoria inferiore ma sempre valida di spremitura di olive un po’ come il vino Igp sta al Dop, meno definito ma sempre vino.

Lamberto Tosi
Vice presidente Associazione Olivo Quercetano

Rispondo da tecnico agronomo appassionato di oli extra vergini di oliva e proprio per questo motivo per niente consumatore di “oli di oliva” e di “oli di sansa di oliva”. A dire il vero mi è capitato di acquistare qualche bottiglia di questi oli, ma l’ho fatto esclusivamente per un uso non alimentare, in particolare per lucidare dei mobili antichi o per alimentare delle lampade ad olio nel periodo natalizio ed estivo. Non conosco i volumi d’affari di tali oli ma posso immaginare che non siano trascurabili. Nulla in contrario sul loro commercio ma a patto che ci sia una giusta informazione circa il loro utilizzo alimentare.
Assolutamente diverso il mio giudizio sull’ ”olio vergine di oliva”, trovo che quest’ultimo possa, senza ombra di dubbio, essere utilizzato per uso alimentare, specialmente in cucina nelle preparazioni di alcune basi o in frittura. Ovviamente come nell’extra vergine di oliva nell’ambito dell’olio vergine di oliva esiste una non trascurabile variabilità, sia nel gusto che nel successivo impiego; io ad esempio vado cercando in frantoio l’olio vergine di oliva a basso prezzo con la caratteristica di essere privo di clorofille e di alcuni difetti (rancido, avvinato, morchia) mentre tollero il riscaldo e il grossolano in genere, questo perchè lo trovo straordinario per la frittura in alternativa al sicuramente più “reattivo” e per questo meno sano, olio di semi.
Il “vergine” leggermente avvinato, quando lo trovo in frantoio (spesso in quelli ad estrazione a presse) lo trovo assolutamente confacente per i soffritti e la successiva preparazione di sughi a base di passata di pomodoro. Ricordo il sapore della cucina tradizionale di mia nonna che usava sempre una punta di aceto nel soffritto del ragù o dei “pezzetti di carne rossa”. Anche in questo caso l’uso di questo tipo di olio rende in me il sottile piacere edonistico di un ricordo familiare ma anche il piacere di un sano risparmio economico visto che troverei sprecato l’uso di un buon extra vergine che nulla trasferirebbe alla preparazione finale.
In buona sostanza, riflettendo sulle risposte date mi rendo sempre più conto che quello che veramente manca al consumatore è l’informazione circa l’offerta di “olio” nelle varie categorie commerciali e soprattutto sul loro corretto utilizzo. Rimango sempre liberale nella possibilità di una vasta offerta di tipologie di olio e di qualità di olio ma non accetto la cattiva informazione o l’assoluta mancanza della stessa.
Concludo osservando che nel pullulare di trasmissioni televisive dedicate alla cucina si parla sempre di olio extra vergine ma da nessun cuoco ho mai sentito un giudizio sulla scelta dell’extra vergine da utilizzare per quella determinata preparazione. Bisogna ancora crescere!

Carmelo Buttazzo
Agronomo

Ha senso che continuino a esistere sul mercato gli oli di sansa di oliva e gli oli di oliva nel momento in cui si mette in gioco il confronto con un “olio extravergine di olive”, dando delucidazioni di come e perché acquistare solo ed esclusivamente OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA. Spiegherei ai lettori/consumatori i danni che possono causare a lungo tempo in un essere umano questi due tipi di oli.

Gli oli di oliva e di sansa di oliva non li ritengo assolutamente accettabili, per il periodo storico in cui viviamo. Non penso proprio che siano una buona proposta commerciale.
Ogni consumatore, quando si trova di fronte ad uno scaffale, con tanta scelta di oli a prezzi super concorrenziali, se si chiederebbe “ma cosa mi sto comprando? Cosa dico al mio organismo di assimilare?” E se invece dessi al mio organismo la possibilità di assimilare un olio extra vergine di oliva (“puro Made in Italy”), valutando naturalmente i profumi, i sentori che ci trasmettono, sicuramente associati a storia e cultura di un territorio: sicuramente ci manderebbero su due orizzonti diversi, e certamente la mano si appresterebbe a scegliere: “il vero” olio extra vergine di oliva made in Italy. Penso che il concetto si stato chiaro.

Alberto Romano
Frantoio Romano, Campania

Personalmente non ho mai consumato oli diversi dall’olio extra vergine di oliva, che mio nonno peraltro produceva. Anche per le fritture, che faccio raramente, uso solo olio evo. Le altre categorie di olio, seppure rispondono a una logica di mercato giustamente volta a soddisfare le esigenze di una pubblico variegato di consumatori, per quanto mi riguarda non le ho mai neppure prese in considerazione.

Rosalia Cavalieri
Scrittrice, docente di Semiotica e Teoria delle lingue dei segni all’Università di Messina

Io personalmente consumo solo extra vergine. Secondo me il consumatore non sa che differenze ci sono tra le altre tre categorie. L ‘olio di sansa anche se ha una brutta nomea perché è ottenuto con solventi ha comunque qualità migliori degli oli di semi che sono anch’essi ottenuti con solventi, ma ha acidi grassi insaturi in quantità maggiore e punto di fumo più alto bisognerebbe poi informare meglio sull ‘olio vergine e di oliva. Quello di oliva utilizza la spremitura a caldo? E quello vergine non so bene che differenze abbia con l extra. Su questi anche se sono laureata in agraria non ricordo le distinzioni

Rosanna Figna

Per me rimane solo l’olio extra vergine d’oliva (evo), il motivo è molto semplice: tutti gli oli ottenuti dagli scarti dell’olio evo, vengono rettificati chimicamente.
Perchè continuare a chiederci se sono più o meno ottimali, non lo sono e basta. Certo, molti usano oli d’oliva per il prezzo più vantaggioso, non certo per dare qualità.
Nel mio piccolo ristorante, dove la qualità è una prerogativa, non c’è neanche da discuterne, solo olio evo. Molte aziende fanno olio d’oliva, non evo, per ottimizzare i costi, bisogna portare a conoscenza i consumatori, sia gli stessi che i professionisti, che l’olio non evo non è neanche da prendere in considerazione. Detto questo, purtroppo rimane l’ignoranza (nel termine più appropriato della parola) di come vengono fatti gli oli d’oliva non evo…
Bisogna diffondere molto più ampiamente il verbo…

Gaetano “Tano” Simonato
Che e patron “Tano passami l’olio”, Milano

Sono stata svezzata e cresciuta con l’olioextravergine d’oliva. Poi, vivendo in Puglia, e nella zona dova si coltiva “la coratina”, difficilmente si accetta altro, soprattutto se non è un VERO OLIO.
Mia madre, anche per le fritture, ha sempre usato l’extravergine, l’unico olio che può avere accesso a casa nostra.

Luciana Doronzo
Iscritta all’albo ufficiale degli oli di oliva ed extravergine Regione Puglia e Mipaaf

L’olio di oliva va usato per l’industria conserviera. Sarebbe un successo debellare il girasole. E va usato anche per le fritture.
L’olio di sansa destinato al terzo mondo, o dove la fame c’e ancora. Costa quasi come l’acqua minerale, anzi “meno”, direi. E, al tatto, con la pelle lascia la stessa sensazione di un olio di semi.
L’extra vergine dovrebbe essere tutto extravergine, ovvero quello che potremmo consumare. Mettendo da parte l’analitica, quello che non è extra vergine dal punto di vista del panel (sempre che, non sia costituito da guru dell’estrema sapienza inconsapevoli delle realtà), dovrebbe essere declassato a vergine per passare poi alla raffinazione, o – perchè no? – scriviamoci sopra deodorato e facciamone un prodotto ufficializzato, che non nuoce dal punto di vista puramente organolettico con muffe e terra riscaldo, eccetera, obbligando a scrivere “deodorato” in caratteri di 2 cm.
Abituare il consumatore a difetti percettibili con un olio vergine sarebbe continuare a fare cio che succede ora nel extravergine.
Forse in questo difficile mondo nemmeno io saprei piu cosa fare normare, e chiederei alla rete, su Internet, per trovare un conforto

Claudio Bi

Dalle quattro categorie merceologiche degli oli alimentari in argomento oserei proporre semplici e sostanziali modifiche. Innanzitutto, eliminerei la dicitura “oliva” dai due oli che, sostanzialmente, conservano solo una remota origine del frutto, se non quella (molto discrezionale) dell’aggiunta sul rettificato di base: olio di oliva ed olio di sansa e oliva.
Se ha senso che continuino a esistere sul mercato gli oli di sansa di oliva e gli oli di oliva? Sì, nella misura in cui non si confondano (etichette) con gli altri due oli vergini/extravergini.
Riguardo all’olio di oliva vergine, ormai introvabile. Questo è il grande paradosso. Bastano 30 minuti di corretta informazione alle massaie per far comprendere loro che vale molto di più un onesto vergine a tanti blasonati (commercialmente parlando) extra vergini sullo scaffale.
Per il resto, occorre concentrarsi sulla essenziale e condivisa comunicazione senza scivolare in tecnicismi poco comprensibili al grande pubblico. Spesso si fa confusione tra i diversi livelli di comunicazione.
In ordine, porrei:
1) l’offerta sullo scaffale (categorie merceologiche chiare);
2) oli con esami organolettici certificati (da terzi), e quindi attaccabili, Dop/Igp/anche Bio (sia per vergine che extra vergine), filiere controllare da vari soggetti.

Gianni Lezzi
Consorzio olio Dop Terra d’Otranto

Sono un produttore di olio extravergine di oliva di Peranzana e dico solo una cosa riguardo a tutte queste categorie di oli, la prima cosa da fare è controllare sugli scaffali dove c’è olio se gli extravergine di oliva sono tali e non avere paura di intaccare certe alte sfere della produzione di oli, poi avere il coraggio di denunciare queste mega aziende che fanno il bello e cattivo tempo sul mercato vendite. Tutto questo che non viene fatto va a discapito dei prodotti di qualità dell’agricoltura Italiana.

Giambattista De Florio

Una risposta un po’ integralista in quanto anche se figlia di due culture, da parte paterna mediterranea e da parte materna, nordica, del burro, ho sempre utilizzato olio extra vergine d’oliva. La vera tragedia c’è stata nel 2006, quando ho conseguito l’idoneità fisiologica all’assaggio degli oli extravergini d’oliva (con OLEA). Da quel momento la mia vita è cambiata, non sono più riuscita a utilizzare nessun olio diverso dall’EVO, nemmeno con il minimo difetto. Anche i miei famigliari sono stati coinvolti e travolti da questo emozionante tripudio di sapori e sensazioni che si chiama extra vergine d’oliva, persino i miei bimbi di 6 mesi e 2 anni sono attenti consumatori. Quindi, per me, la risposta è semplice: non c’è spazio per un olio di categoria inferiore, anche se non tutta la popolazione può esser formata e aprezzare a pieno le caratteristiche dell’EVO.

Natascia Riggi

Di recente consumo solo olii extra vergine, ma quando ero piu’ giovane giu in Calabria dove sono nato, il concetto di extra vergine non era ben noto e molti produttori locali, soprattutto chi produceva per uso proprio come la mia famiglia, non sapevano nè la differenza tra le varie categorie nè sapevano come migliorare la qualita’ dell’olio durante l’intera fase di produzione. Per cui in passato ho anche consumato olii ad altissima acidita’, olii prodotti da oliva raccolte a terra e lasciate a macerare nei sacchi per giorni prima di portarle al frantoio. Oggi per fortuna ho la possibilita’ di consumare solo extra vergine e lo preferisco in ogni aspetto e pase dell’alimentazione, anche nella frittura. Anzi le diro’ che piu’ e’ fresco l’olio e piu’ mi piace friggerci. Mia moglie lo usa come prodotto di bellezza o per trattamenti minori sulla pelle, per cui in questi casi utilizziamo solo olii a bassissima acidita’ e ad alto contenuto di polifenoli.

Il problema pero’, almeno qui in America dove ormai vivo da anni, rimane la ristorazione. La maggior parte degli chef usano olii di sansa perche’ li trovano neutri, non alterano (a loro avviso) il sapore delle portate. In aggiunta ci sta il fattore economico: il 99% dei ristoranti risparmia sui costi dell’olio e compra qualsiasi schifezza si trova sul mercato al costo piu’ basso. Solo una minor parte e’ attenta ad utilizzare un olio di qualita’ e si permette il “lusso” di spendere un po’ di piu. Per cui ancora oggi gli olii di sansa e categorie di olio intermedie prendono una grossa fetta del mercato. Spero che in futuro si riesca a cambiare la tendenza, magari educando sempre di piu’ il consumatore finale e gli addetti alla ristorazione.

Nazzareno Callipo
Italian Olive Oil of the Month Club

Sinceramente io vieterei gli oli di sansa o in generale gli olii che si ottengo l’utilizzando l’esano, riguardo gli oli d’oliva li ritengo utili per l’industria conserviera e utilizzabili anche per le fritture e quindi eviterebbe l’utilizzo degli oli di semi o di sansa.
Accettabili o non accettabili? Bellissima domanda… io non li consumo e non li consiglio. Però sappiamo che almeno gli oli d’oliva permettono un certo giro di denaro in aree depresse come la mia, Monopoli, quindi nn hanno il solo vantaggio di far girare moneta … in un periodo come questo direi che non bisogna buttare via nulla.

Riguardo al vergine d’oliva, io sono convinto che bisogna necessariamente riproporlo!
Abbiamo una marea di extra vergini con i dati chimici a posto ma che non passano il panel e quindi perche non metterli in lattina e proporlo come vergine? Ritengo anche più logico far capire alle persone che un olio vergine ha ancora dei contenuti degni di considerazione e che potrebbe sostituire gli oli di semi o di sansa… Chiaro che parliomo di oli da proporre a un prezzo più vantaggioso rispetto agli extra vergine.

Gianfranco Gervasi – coltivatore diretto, frantoiano e assaggiatore

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