Codice Oleario

Il caldo e il freddo dell’olio

I frantoi tradizionali? Che vadano dignitosamente in pensione. Hanno fatto il loro lavoro, e oggi non è più il loro tempo. Il tema delle temperature? C'è ancora tanta confusione. Eppure si legge di tutto e di più in giro. Il quotidiano "La Stampa" ha pubblicato uno dei peggiori, o forse il peggior articolo sul tema olio. Una grande grandissima delusione. Sono tanti i luoghi comuni e gli errori, talvolta anche eclatanti

Lorenzo Cerretani

Il caldo e il freddo dell’olio

Ho letto recentemente un articolo apparso il 13 gennaio scorso sul quotidiano “La Stampa”, inserto “Tuttogreen”: QUI.

Dopo la prima lettura ho pensato che si fosse trattato di uno scherzo che mi aveva giocato qualche burlone, magari rimandandomi a un sito di fake ben fatto. Ho verificato e ho potuto constatare che era tutto vero. Infatti, era proprio “La Stampa” che pubblicava uno dei peggiori o forse il peggior articolo sull’argomento.

L’articolo mette insieme una serie di luoghi comuni e di errori che amplificano e creano confusione in un settore in cui al contrario si avrebbe bisogno di pochi messaggi chiari e basati su fondamenti scientifici.

Riporto l’elenco degli errori più eclatanti:

Punto 1 – “I cari vecchi frantoi sono ormai quasi del tutto sostituiti dagli impianti continui a caldo, enormi cilindri di acciaio inossidabile”

Punto 2 – “La parola chiave è polifenoli… Esse hanno la caratteristica di essere volatili, per cui si perdono nell’aria negli impianti tradizionali, dove le strutture sono tutte aperte.”

Punto 3 – “Occorre dire che il vecchio impianto ha una resa maggiore di quello nuovo, intorno al 5 per cento in più.”

Torchio in legno a tre viti – Museo dell’olio di Loreto Aprutino

Veniamo alla prima falsa affermazione: “i cari vecchi frantoi sono ormai quasi del tutto sostituiti dagli impianti continui a caldo, enormi cilindri di acciaio inossidabile”.
Questa affermazione è completamente opinabile, infatti si introduce il concetto di caldo e successivamente si cita questa “pericolosa” acqua caldo-tiepida che dovrebbe spaventare i consumatori.

Spieghiamo intanto da dove nasce l’equivoco. Fino ai primi decenni del secolo scorso il processo di estrazione dell’olio era suddiviso in due fasi:

– la prima prevedeva uno schiacciamento delle olive e rimescolamento della pasta di olive, da cui si otteneva un olio cosiddetto di “prima spremitura a freddo”;

– la seconda veniva eseguita aggiungendo acqua bollente alla pasta che aveva già subito la prima spremitura, con tale sistema si rimuoveva con acqua calda parte dell’olio ancora presente nel sottoprodotto e quindi si otteneva questo olio di “seconda spremitura a caldo”.

Detto questo, è opportuno spiegare che nei frantoi tanto tradizionali e soprattutto continui non avviene ciò, non esiste più la prima e seconda spremitura per ottenere olio extravergine di oliva. Non si usa acqua bollente. Il tema del caldo e freddo e delle temperature è frutto di tanta confusione ma ci torneremo su.

Andiamo alla seconda falsa affermazione: “la parola chiave è polifenoli… Essi hanno la caratteristica di essere volatili, per cui si perdono nell’aria negli impianti tradizionali, dove le strutture sono tutte aperte”.
Qui, dopo questa affermazione, qualcuno si rivolterà nella tomba, io semplicemente rimanderei a settembre in chimica l’autore.

I cosiddetti “polifenoli” che tra l’altro polifenoli non sono ma sarebbe più opportuno chiamarli composti fenolici o, come dice qualcuno, biofenoli, non sono volatili.
Non sono volatili perché non volano via e non scappano.
Non sono volatili perché hanno un peso molecolare tale per cui non passerebbero nell’aria a temperatura ambiente.

Diciamo che qui il nostro autore fa un altro po’ di confusione. Infatti, nell’olio extra vergine di oliva, e soltanto in questo, ci sono due classi di molecole caratterizzanti e connesse con le sue caratteristiche sensoriali.

Le due diverse e distinte classi di molecole sono:

– composti fenolici;

– composti volatili.

I primi, i composti fenolici, sono antiossidanti e sono responsabili delle caratteristiche gustative amare e piccanti.

I secondi, i composti volatili, sono costituiti da 5 o 6 atomi di carbonio e pertanto sono leggeri e possono “volare” e per questo motivo arrivano nel naso e sono quindi responsabili delle caratteristiche olfattive.

Passiamo alla terza affermazione: “occorre dire che il vecchio impianto ha una resa maggiore di quello nuovo, intorno al 5 per cento in più.”.

I lavori scientifici condotti da diversi ricercatori del mondo parlano di differenze non significative, o comunque contenute, al di sotto dell’1%.

Se la differenza fosse stata così importante come dice l’autore, ovvero del 5%, il sistema continuo non si sarebbe diffuso così facilmente.

Quindi, in conclusione, lasciamo che questi frantoi tradizionali vadano dignitosamente in pensione. Hanno fatto il loro lavoro, e oggi non è più il loro tempo…

Laviamoli, ovviamente, perché tra l’altro sono poco igienizzabili e possono nascondere “lo sporco” per anni e anni.
Lasciamoli ai musei…

Vasca a tre macine – Museo dell’olio di Loreto Aprutino

In apertura e nel corpo del testo, le foto di Lorenzo Cerretani

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