Codice Oleario

L’invasione del lampante

Tutti parlano – giustamente - di eccellenza, ma poi, se si fa un attento esame di coscienza, si scopre che la produzione di oli di scarsa qualità continua ancora inarrestabile, anche nel nuovo millennio. In Italia, oltretutto, gli oli lampanti non sono nemmeno tra i migliori in circolazione. Cosa è cambiato, rispetto al secolo scorso?

Domenico Petrosillo

L’invasione del lampante

Quanto olio lampante si produce per davvero in Italia? Io personalmente sostengo da tempo che il 40% del lampante ci sia tutto. E così? Il broker Domenico Petrosillo ci fa una panoramica storica sulla quale è bene riflettere, e che ci apre gli occhi alla realtà. Tanto da spingersi a sostenere che il lampante copra addirittura una quota dell’80%. E’ proprio così? Intanto, possiamo senza dubbio sostenere che vi sia un malcelato senso di imbarazzo nell’ammettere che a tutt’oggi si produca ancora dell’olio lampante, e per giunta anche in grande quantità. (Luigi Caricato)

Dal 1950 al 1973 si produceva l’80% di olio lampante e il 20% tra olio fino, sopprafino e in seguito, dal novembre 1960 in poi, di olio extra vergine di oliva. I prezzi, all’epoca, erano di 400/500 lire al kg. Nel 1973 – vi ricordate? – ci fu la crisi del petrolio, e il lampante raggiunse una punta di 1500 lire per kg.

E’ da quell’anno, dal 1973, che si costituirono gli ammassi, con un prezzo di intervento di 1.500 lire, e sin da allora si importava da Grecia,Turchia,Tunisia. Poco dalla Spagna, perché era sotto il dominio di Franco.
Dal 1973 al 1980, i prezzi salivano con il costo della vita, fino ad arrivare a 4.000 lire per un kg. di
olio, con un forte consumo, allora, di olio di oliva. Era famosa la pubblicità di un olivo sul quale erano appese le bottiglie di olio di oliva. Tale pubblicità intonava un canto: “Piva piva piva l’olio di oliva.

La qualità degli oli di oliva era eccellente, ed era anche apprezzata. In quegli anni fecero la storia molte grandi imprese dai marchi oggi storici e affermati. Poi ci fu un cambiamento. Dal 1980 al 1995 incominciarono i problemi per l’olio. Si inizio a fare una grande pubblicità. Iniziarono gli aiuti al consumo dell’olio di oliva. I confezionatori percepivano 1.300 a lire per kg venduto. Si iniziò a non tenere presente più la qualità. I raffinatori miscelevano di tutto, nel lampante. Quindi usciva un olio raffinato A, con qualità scadente; e in più sì miscelava con l’olio vergine, ancora più scadente, perché i produttori, nel frattempo, nel 1990 ebbero l’aiuto alla produzione, portando così al frantoio di tutto, e non considerando per nulla la qualità. Contava solo fare quantità, così da percepire le quote.

Dal 1995 al 2000 incomiciarono a venire fuori tutte la porcherie fatte sugli oli, con intervento della magistratura, e con i media sempre a parlare delle truffe dell’olio. C’era un grande fermento. Si tentò di reagire. Il mondo dei frantoiani intanto intraprese una fase di aggiornamento, ricorrendo agli impianti continui. I produttori incominciano a capire che qualcosa andava mutato e di pensare così alla qualità, impiantando uliveti secondo for,me di allevamento più razionali e moderne, almeno fino al 2000, rientrando nei finanziamenti europei.

A partire dal 2000 i produttori non hanno più impiantato un olivo, credendo sempre meno nella olivicoltura italiana. Nel frattempo si era fatta una grande attività di comunicazione a favore degli oli extra vergini di oliva. L’olio raffinato era anch’esso migliorato qualitativamente, giacché si utilizzava sempre più lampante spagnolo, che era analiticamente perfetto. In Italia, però, si pubblicizza poco il raffinato, anzi veniva e viene visto male.

Nel frattempo non si è nemmeno lavorato a sufficienza sul lampante, rendendolo migliore. Eppure – e nessuno vuole ammetterlo, seppure tutti conoscono bene la realtà – oggi in Italia si produce il 60% di lampante e il 40% olio extra vergine di oliva. Così è, se vi pare – direbbe Luigi Pirandello.

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