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L’olivicoltura di oggi? Deve guardare a nuove varietà

Si tratta di un passo necessario, che non può essere più escluso in quella che è la ricerca all’interno del comparto. Vanno però considerati i tempi: le valutazioni sono necessarie per evitare di immettere sul mercato nuovi prodotti non validi. A spiegarlo è Angela Canale, agronoma e vivaista, con attente e puntuali riflessioni

Olio Officina

L’olivicoltura di oggi? Deve guardare a nuove varietà

In un contesto agronomico come quello attuale, spiega Angela Canale, e, più nel dettaglio, come in quello olivicolo, avere tante varietà di cultivar significa avere un ampio patrimonio di diversità, ed è quest’ultima che garantisce la sopravvivenza della specie.

Ciò che sostiene l’agronoma e vivaista, nell’ambito dell’ultima edizione di Enovitis in campo, è che più differenti siamo, più ci sono capacità di reagire e di sopravvivere a cambiamenti di diverso tipo: una teoria valida e estendibile a tutte le specie viventi.

Ricorda che, oltre questo concetto, è importante anche la base genetica sulla quale la natura e l’uomo possono lavorare per la costituzione di nuovi individui, sempre diversi.

Credere fortemente in tale discorso, comunque, non esclude una parte di diffidenza che in modo inevitabile si presenta quando, spiega l’agronoma, vengono immesse sul mercato nuove varietà di anno in anno.

«L’olivo è una pianta che impiega molto tempo per manifestarsi. Di conseguenza, prima di affermare con assoluta certezza il valore di una cultivar, deve essere provata in campo più e più volte, in diversi ambienti. Solo a quel punto, possiamo proporla con consapevolezza. Una richiesta da parte del comparto olivicolo è la velocità con la quale si possono fare tali valutazioni, dato che in passato si trattava di processi molto lunghi che richiedevano anni. Oggi si dispone di nuove tecnologie che portano le piante a mostrare subito quello che sono, e possono essere impiegate da parte del mondo della ricerca», afferma Angela Canale.

Ma non finisce qui la sua riflessione. «Bisogna assolutamente accelerare i tempi di manifestazione degli incroci, portandoli fino a un punto di stress. Va ricordato che quando sono stressate, le piante di ulivo manifestano la propria produzione, ed è su questo che occorre dedicare tempo e studio. E in un momento storico come questo, ignorare i cambiamenti climatici sarebbe un errore».

Quindi, è vero che l’olivicoltura si è alzata di quota, arrivando a piantare ulivi sempre più a nord, ma è anche vero che si è abbassata, come ricorda Angela Canale.

«Nel 1985, dopo l’ultima grande gelata, l’olivicoltura del Centro Italia fu completamente messa in ginocchio, dove le basse temperature ridussero a zero la produzione. Chi avrebbe mai potuto immaginare che oggi, dove un tempo si coltivava solo tabacco, è possibile dedicarsi alla coltivazione di olivi? Si tratta, ovviamente, di un cambiamento delle attuali condizioni climatiche e del relativo aumento delle temperature».

Angela Canale, protagonista insieme ad altri esperti del settore a Enovitis in campo, nell’intervista curata da Sauro Angelini per Agrilinea ha restituito interessanti riflessioni per una panoramica completa su quelle che sono alcuni le principali questioni dell’olivicoltura di oggi.

Temere il cambiamento non porterà né il settore, né tutti gli attori che lo compongono, a compiere un salto decisivo, capace di restituire la giusta competitività.

Al tempo stesso, occorre agire con una visione chiara e ben strutturata, prendendo decisioni sulla base di dati certi e confutati, come ritroviamo nelle parole dell’agronoma e vivaista.

Per prendere visione dell’intervista, è possibile cliccare QUI.

In apertura, foto di Olio Officina©

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