Coltivare olivi su piattaforme marine
Non è fantascienza. Dobbiamo prepararci a tutto. Concepire delle isole galleggianti per produrre olive è possibile. Si parte dal concetto di Ocean Cropping. Anche perché le piante sono in qualche misura tolleranti allo stress salino. La tecnologia necessaria è già presente in esse, modificando e sviluppando il DNA affinché gli olivi possano gestire al meglio l’acqua salata. Ecco cosa ci dicono al riguardo due biotecnologi agrari: Eddo Rugini e Bruno Ruggiero

A Olio Officina Festival 2025 si è argomentato intorno al futuro dell’olivicoltura prospettando l’idea di coltivare olivi perfino su chiatte marine. Non è fantascienza, perché tutto è possibile. Basta studiare le soluzioni tecnologiche. Non c’è da stupirsi. Il fenomeno della crescente salinità dei terreni agricoli va in qualche modo affrontato. Il cambiamento climatico pone seri interrogativi cui dobbiamo dar risposte concrete.
In Italia, ci rammenta il professor Eddo Rugini, i suoli salini sono attualmente 3,2 milioni di ettari e sono destinati ad aumentare. Se ciò accade, è per varie ragioni. Rugini ha elencato le principali cause: la cattiva gestione dei suoli per uso eccessivo o inappropriato di fertilizzanti; la progressiva deforestazione; l’innalzamento del livello del mare; e l’intrusione di acqua salata nelle falde sotterranee.
Ora che sono chiari a tutti i motivi, occorre capire come affrontare il problema e tramutarlo in opportunità. È quel che è avvenuto sul palco di Olio Officina Festival lo scorso primo marzo. Ne ho parlato con Eddo Rugini e Bruno Ruggiero. Sono stati loro ad aver studiato la questione traendo spunto per ricavare soluzioni a dir poco geniali.
Il primo, già docente all’Università della Tuscia, è un biotecnologo agrario di chiara fama; il secondo è ceo di 9th Dimension Biotech, nonché membro del National University of Singapore Medicine International Council. Entrambi ci hanno fatto comprendere che le piante diventano in qualche misura tolleranti allo stress salino.
I danni che gli olivi subiscono sono tuttavia seri e vanno affrontati. Ci ha risposto Rugini, elencandoli: arresto della crescita; ustioni fogliari apicali o marginali, clorosi e necrosi cellulare. Le soluzioni agronomiche ci sono, ma prevedono un impegno piuttosto oneroso. Esistono tuttavia risposte tecnologiche molto interessanti.
Rugini al riguardo ci rassicura: “sono stati identificati geni candidati che codificano per fattori di trascrizione e proteine specifiche indotte dallo stress da salinità nelle piante coltivate”. Si tratta, in altre parole, di una selezione specifica per la tolleranza al sale. Avete sicuramente sentito parlare di bioingegneria. Dobbiamo perciò prendere confidenza con espressioni quali “mutazioni indotte, trasformazione genetica, editing del genoma”. Il futuro è alle porte e non ci deve spaventare. Nessuno pensi che l’agricoltura consista solo nello zappare la terra.
La tecnologia entra di fatto nelle piante, anzi, in realtà è già presente al loro interno. Come reagisce l’olivo in condizioni di stress salino? “L’olivo – chiarisce il professor Rugini – si difende col suo sistema di difesa antiossidante”. Ovviamente vi sono olivigni più suscettibili, come il Leccino e l’Arbequina, per esempio, e altri invece più tolleranti, e perciò più resilienti, come Frantoio e Hojiblanca. Le aspettative sono alte e promettenti.
Ecco allora che da un problema reale si può passare a una opportunità concreta. Una soluzione alla crescente salinità dei suoli viene dall’idea che forse a un primo ragionamento può apparire improbabile ma che in fondo si svela non solo possibile ma ovvia. L’idea è di coltivare gli olivi su piattaforme marine galleggianti.
“Dobbiamo esportare il nostro sistema agricolo dalla terra al mare”, chiarisce Bruno Ruggiero. Si parte dal concetto di Ocean Cropping. In cosa consiste? Molto semplice: “si tratta di sviluppare chiatte e zattere galleggianti su cui possiamo coltivare piante progettate per prosperare e produrre raccolti utilizzando acqua salata”.
Qual è il vantaggio di questo sistema? “Semplice”, precisa Ruggiero. “Il vantaggio è che la tecnologia che permette la coltivazione in acqua salata è già dentro le piante. Basta sviluppare un sistema galleggiante come piattaforma su cui le piante possano crescere. Poiché la tecnologia è già nelle piante, i costi di implementazione sono significativamente ridotti.
Cosa significa che la tecnologia è dentro le piante? “Significa – aggiunge Bruno Ruggiero – che è possibile modificare e sviluppare il DNA delle piante affinché possano gestire meglio l’acqua salata. Tutte le piante sono in qualche misura tolleranti allo stress salino e all’acqua salata, fino a un certo livello. Le alghe, ad esempio, hanno un’alta tolleranza al sale, mentre le piante terrestri no. Tuttavia, esistono specifici meccanismi cellulari responsabili di questa tolleranza, che possono essere potenziati geneticamente nelle piante terrestri, permettendo loro di sopravvivere e prosperare in acqua salata. Questo aprirebbe la strada all’agricoltura su chiatte galleggianti lungo le coste, una prospettiva con un enorme valore potenziale”.
Coltivare olivi su piattaforme marine è allora possibile. “Sono stato il primo a sviluppare il concetto di Sustainable Ocean Cropping, basato su piante bioingegnerizzate tolleranti al sale coltivate su flotte di chiatte offshore, e circa dieci anni fa ho ricevuto il sostegno di un gruppo di venture capital americano”.
Ecco allora che l’idea si fa concreta. “Che ci crediate o no – afferma con orgoglio Ruggiero dal palco di Olio Officina Festival – le piante che avevo proposto per sviluppare il sistema Ocean Cropping e con cui abbiamo vinto la sponsorizzazione di IndieBio nel 2015, erano piante di ulivo bioingegnerizzate”.
Gli ulivi sono estremamente interessanti per questo progetto. Ruggiero elenca tre motivi:
- “Il loro prodotto finale – l’olio d’oliva – è un prodotto di alta qualità e ad alto valore commerciale.
- Una volta che la produzione è avviata, può durare per secoli, quindi una zattera implementata potrebbe rimanere in uso e produrre per decenni, rimborsando ampiamente i costi iniziali.
- Gli ulivi sono già naturalmente abbastanza tolleranti all’acqua salata, ma con la modifica genetica sviluppata dal team guidato dal dr. Rugini, la tolleranza al sale è stata notevolmente aumentata”.
Ed ecco la saggia riflessione conclusiva. “Basandoci sul lavoro già svolto su queste piante – precisa Bruno Ruggiero – possiamo facilmente immaginare la costruzione di una piattaforma prototipo per produrre olive e olio d’oliva, galleggiante lungo le coste del Mar Mediterraneo”.
Noi siamo certi che il futuro sia sul mare. Coltivare olivi su isole galleggianti è possibile. Occorre solo che ci siano imprese disposte a crederci e a investire.
In apertura, una simulazione di isola galleggiante di olivi, immagine di Bruno Ruggiero
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