Codice Oleario

Povere scuole d’assaggio dell’olio

C’è qualcosa che non va nelle associazioni che riuniscono a sé gli assaggiatori professionisti, oltre che quelli amatoriali, dell’olio da olive. Quando si dice povere, si dice povere in tutti i sensi, e vi spieghiamo il perché. Con alcuni consigli utili per uscire dallo stato di miseria in cui si versa

Luigi Caricato

Povere scuole d’assaggio dell’olio

Quando a Massarosa, nel corso di Olio Officina Anteprima, lo scorso 29 settembre intervenne tra i relatori Antonello Maietta, il presidente nazionale dell’Ais, l’Associazione italiana sommeliers, rimasi ammutolito, ma non stupefatto. Collaborando da molti anni con l’Ais, scrivendo per loro d’olio, ne ignoravo i numeri, nel dettaglio, ma ne intuivo comunque la grande portata, molto chiaramente. Al di là del numero dei soci, e della capillare distribuzione in tutto il Paese, mi ha colpito in particolare il fatturato che una realtà come Ais riesce a generare in termini di fatturato: 25 milioni di euro!

Immaginavo numeri consistenti, certo, ma non tali da raggiungere livelli così elevati, considerando tra l’altro che si tratta in fondo non di un’azienda in senso stretto, ma di una associazione.

L’Ais ha una anzianità di grado che fa la differenza, è vero. Rispetto al mondo dell’olio, non c’è paragone. E’ stata fondata il 7 luglio 1965 e il 6 aprile 1973 ha ottenuto il riconoscimento giuridico dello Stato, con Decreto numero 539 del Presidente della Repubblica. E’ una storia ricca di tanti insegnamenti. Il vino, con tutti i produttori, ne ha tratto vantaggio.
E’ ciò che manca all’olio da olive. Manca una organizzazione di una potenza operativa analoga, con la capacità di estendere il proprio raggio d’azione ovunque, coinvolgendo un vasto strato di pubblico trasversale.

Ad oggi le realtà che ruotano intorno all’olio lavorano tantissimo, ma con grande fatica. Lavorano bene, ma non vegono premiate. Non riescono a crescere e a espandersi. Le risorse vengono sottratte loro da chi purtroppo non riveste alcun ruolo specifico, disponendo tuttavia di cospicui fondi senza meritarli. Ne avevo già scritto altrove, anni fa. Non è cambiato nulla. Nessun riscontro. Nessuna protesta ad alta voce da parte delle scuole di assaggio dell’olio. Il silenzio.

Vi siete mai chiesto quanto fatturano le scuole d’assaggio dell’olio? Mi riferisco a quelle principali, le più conosciute. Poco, molto poco. Rispetto all’Ais, c’è un abisso.
Uno penserebbe a circa un 10 per cento, almeno, di quei 25 milioni di euro fatturati da Ais. Macché. Si va dai 25 mila euro di un’associazione, quando tutto va bene, a circa 80 mila euro di un’altra, fino a circa 200 mila euro di un’altra ancora. “Quando va bene”, mi dicono alcuni di essi. Ci sono anni difficili. Non sempre va bene, infatti. Ci sono troppi corsi di degustazione e corsi per conseguire l’attestato di idoneità fisiologica all’assaggio. Questa inflazione di corsi, molti dei quali gratuiti o a prezzi stracciati, rende difficile proporre corsi seri a pagamento.

Così, nonostante l’impegno costante e professionale, le potenzialità di tali scuole di assaggio sono ridimensionate. La situazione è questa, piaccia o meno, occorre prenderne atto. Eppure di danaro ne circola tanto, in giro. I finanziamenti pubblici vengono indirizzati a chi ne ha pienamente diritto, sia ben chiaro, ma, guarda caso – e chissà come mai – non vengono assegnati alle scuole di assaggio reali, quelle operanti in maniera qualificata su tutto il territorio, svolgendo un ruolo di alta formazione da sempre – e purtroppo per loro in maniera per lo più volontaristica, nella quasi totalità dei casi. Alle scuole d’assaggio reali, non fittizie, non viene dato quasi nulla, se non addirittura nulla.

E’ uno stato di impasse, questo, da cui non sembra possibile uscirne. E’ un corto circuito voluto dalle Istituzioni, da sempre vicine a organizzazioni di stampo politico che attraverso emolumenti assegnati in maniera dubbia, seppur legittima, di fatto hanno determinato un impoverimento sostanziale delle scuole d’assaggio. Paradossalmente, in tempi in cui l’analisi sensoriale degli oli da olive sta ricevendo la massima attenzione generale, anche da parte dei non addetti, sono proprio coloro che hanno favorito tale percorso di formazione a pagarne le conseguenze, con una penuria di risorse che non consente loro di compiere il grande salto di qualità.

Non è necessario che vengano finanziate tali scuole. Basterebbe non assegnare danaro ad altri. Sono i finanziamenti a distruggere il comparto olio da olive, a impoverirlo fino all’inverosimile.
Questo fenomeno della dispersione di danaro pubblico, è questo uno dei mali di cui non si ha purtroppo il coraggio di parlare, ma che è bene tuttavia mettere nero su bianco, affrontandolo una buona volta per tutte. Finché la politica condiziona le dinamiche del comparto olio da olive, non potranno mai esserci scuole di assaggio con fatturati diognitosi, paragonabili non dico a quelli di Ais, ma almeno tali da consentire un quadro operativo diverso. Sarà possibile? Dubito.

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