Codice Oleario

Senza olivi non c’è futuro

Basta olivicoltura geriatrica. Ci vuole rinnovamento. D’altra parte, non è possibile concepire un settore in perdita. Se non c’è reddito, che senso ha coltivare? Ad Alghero si è svolta con successo la manifestazione Olio Officina Anteprima. Protagonisti di primo piano, i “capitani coraggiosi”, imprenditori oleari che credono nell’olivicoltura praticata in proprio, Domenico e Pasquale Manca. Con loro, sono intervenute le voci più autorevoli della ricerca italiana

L. C.

Senza olivi non c’è futuro

Il gran maestro dell’olivicoltura, il professor Angelo Godini, per anni colonna portante dell’Università di Bari, non ha mezzi termini. E così, per essere più esplicito, alla giornata algherese che si non rinuncia a essere spietato nei suoi ragionamenti. Non c’è altra strada da praticare se non quella dell’olivicoltura moderna e superintensiva. Poi, è evidente, si può sempre essere nostalgici e restare vincolati al passato. Nessuno lo proibisce. Ciascuno può intraprendere la strda che ritiene più opportuna. Tuttavia alcune sane riflessioni sono d’obbligo. E Godini non lascia spazio a equivoci: “non riesco a immaginare – ha detto – un agricoltore che lavori per appagare solo l’occhio. C’è anche l’economia, che costituisce l’asse portante di ogni lavoro. Chi non riesce a fare profitti, deve oggi quanto meno evitare di avere perdite”.

In attesa di svelarvi le relazioni che si sono svolte ad Alghero, in occasione di Olio Officina Anteprima, per intanto c’è da fare i conti con la realtà che tutti conoscono molo bene, anche quelli che si illudono di restare fermi e immobili, senza progredire. Ed è significativa l’immagine che il professor Godini ha voluto proiettare in modo da essere ancor più credibile, qualora non bastassero gli insegnamenti dei numeri fin troppo eloquenti nel rappresentare una olivicoltura semplicemente vetusta – a parte le poche eccezioni. Cosa ha proiettato Godini? Una foto con un esemplare di albero secolare con il tronco sorretto da blocchi di tufo, perché non cedesse del tutto in maniera rovinosa e definitiva

Non tutti resistono al cambiamento. Ci sono le eccezioni, e tra queste rare eccezioni, c’è la famiglia Manca, titolare del prestigioso marchio oleario San Giuliano. Domenico Manca trasuda orgoglio, forte anche dei cento anni della sua azienda, che cadono proprio in questo 2016 che si sta concludendo. Ed è per questo che hanno voluto festeggiarli con esempi di concretezza: piantare olivi, tanti olivi, e piantarli bene, con sistema superintensivo, senza la paura di pronunciare il nome: super intensivo.

Pasquale Manca, il figlio di Domenico, si sente investito da una missione. “Non c’è stata alternativa”, ha detto. “Ora che abbiamo varcato la soglia dei cento anni di attività o andavamo avanti o ci fermavamo, arretrando. Noi, posti davanti a un bivio, abbiamo scelto di investire e di imboccare la strada che riteniamo la più opportuna: la modernità”. Ci sono forse alternative?

Pasquale Manca si bilancia: “abbiamo piantato cento ettari di oliveto, per celebrare il nostro centenario, ma il traguardo è quello dei 500 ettari, da qui a cinque anni”. Non è una sfida facile, anzi il più delle volte viene pure contrastata. ma padre e figlio non demordono: ci credono con fermezza. Pasquale va oltre la grande sfida, e tira in ballo un numero compromettente, perché sembrerebbe impossibile, ma d’altra parte si vive di utopia, senza utopia non si realizzano risultati. La sfida e la promessa è di aspirare a quota mille ettari di oliveto. Sembra un sogno, anzi, è soprattutto una enormità, se solo si considera che nessuno più pianta olivi in Italia e tanti oliveti vengono oltretutto abbandonati. Eppure, dichiara Pasquale Manca, “L’Italia viene percepita come il paese leader dell’olio al mondo”. Può essere ancora così per gli anni a venire se non si decide di voltare pagina?

C’è davvero il coraggio di dare una svolta al Paese? Per ora resistono in molti, al nuovo. Il nuovo fa paura. Preferiscono, i più, puntare il dito contro la Spagna, immaginandola come se fosse tutta improntata al sistema super intensivo, ma non è così. “Su due milioni di ettari, solo 40 mila sono coltivati in super intensivo”, ha precisato il professor Salvatore Camposeo, dell’Università di Bari.

C’è da chiedersi a questo punto se vi sia davvero professionalità nel settore olivicolo? Dipende, non sempre è così. Quando per denigrare l’olivicoltura moderna si tende a mettere in campo gli esempi negativi, quelli non andati bene negli esiti, in realtà si ignora la mancanza di conoscenze.
”Una volta messo a dimora un impianto di olivo, l’impianto deve essere gestito bene”, precisa Camposeo, “occorre impegnarsi per ottenere risultati, ma non sempre si riesce. Molti fallimenti di questi nuovi impianti – ha precisato il professore – non sono legati al sistema in sé, ma sono stati il frutto di una cattiva gestione. Tutti questi errori compiuti da chi non conosceva la materia, hanno fatto sorgere delle forti limitazioni allo sviluppo degli impianti super intensivi, ritenuti a torto fallimentari. Non si sapeva in realtà condurre un oliveto moderno. Così, senza leggere le istruzioni, così come si fa con la tecnologia, non si raggiunge l’obiettivo. Quando invece tecnicamente si affrontano per il verso giusto gli oliveti ad alta densità, tutto va bene”, ha voluto tranquillizzare il numeroso pubblico presente ad Alghero dai Manca, nella loro tenuta del Podere Monte Sixeri.

Aleandro Ottanelli, tecnico presso l’Università di Firenze, racconta dal canto suo l’esperienza personale a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, fatta con il mondo del vino, che “ha saputo rinnovarsi compiendo un balzo in avanti significativo, con effetti ampiamente positivi sul piano economico. Il vino – ha spiegato Ottanelli – è un prodotto che va nei mercati internazionali giocando le proprie carte vincenti. È ciò che dovrebbe fare l’olio, ma non riesce: noi abbiamo tante importazioni, inevitabili, perché carenti di olio, e non sappiamo invece produrre, ma soprattutto non abbiamo una visione di insieme e manchiamo in strategie comuni e condivise”.

Anche in Toscana, oltre alla famiglia Manca in Sardegna, ci sono per fortuna produttori capaci e volitivi, ma l’intensificazione va saputa gestire. “Un cambio di passo dell’intero comparto è necessario, ma i nuovi modelli di coltivazione, affidabili, competitivi, capaci di aumentare le rese unitarie e allo stesso tempo in grado di assicurare qualità del prodotto, richiedono anche molti investimenti”. Ottanelli nel corso del suo intervento non a caso ha voluto rimarcare come per ogni territorio possa essere portato avanti un proprio modello di olivicoltura, purché sia moderno e razionale, adatto a fare economia. Ecco allora profilarsi “una nuova macchina (peraltro tutta italiana) programmata per la raccolta in continuo su parete laterale: una macchina sicuramente meno performante della vendemmiatrice/scavallatrice, ma non per questo da disegnare, perché comunque interessante per i risultati, facendo leva ugualmente su una olivicoltura basata sull’olivo allevato a filare”.

Quanto si è ascoltato in occasione di Olio Officina Anteprima, dove si è presentato anche il programma di Olio Officina festival, prima ancora di renderlo pubblico a tutti. Quanto è dato detto dai vari relatori non si può ridurre a poche battute, anche perché è una storia fatta di tante voci, ma proprio per questo riprenderemo i vari aspetti emersi ad Alghero le prossime settimane. Non ci resta dunque che attendere.

La foto di apertura è della famiglia Manca

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