Si può capire dalle caratteristiche iniziali di un extra vergine la sua durata nel tempo?
Gli oli di vent’anni fa - sostiene il professor Maurizio Servili - erano totalmente distanti da quelli odierni. Per nostra fortuna, aggiungiamo noi. C’è da riflettere al riguardo. Anche perché la velocità con cui si ossida l’olio è di gran lunga superiore a quanto si possa pensare. La bottiglia in vetro scuro non è in grado di mantenere per un lungo periodo le proprietà sensoriali e salutistiche del prodotto. Per affrontare la questione, è stato elaborato uno specifico software predittivo
Ci stiamo avvicinando alla undicesima edizione di Olio Officina Festival, in programma a Milano dal 10 al 12 febbraio 2022.
Ma intanto, a beneficio di chi ci segue, proponiamo l’intervento del professor Maurizio Servili sul tema “Vita olei: un modello predittivo per valutare lo shelf-life dell’olio extravergine di oliva”, pronunciato nell’ambito della passata edizione del festival, nel corso dell’incontro “Componenti minori e shelf life. Come sono cambiati e come cambieranno gli strumenti e il linguaggio per raccontare il prodotto”.
Buon lettura.
Vita olei: un modello predittivo per valutare lo shelf-life dell’olio extravergine di oliva
Le innovazioni sviluppate negli ultimi dieci anni sono di origini italiane perché la ricerca nazionale, e le industrie che hanno sede in Italia, stanno lavorando molto sul fronte della ricerca.
Ciò che è interessante è vedere che l’innovazione va verso il miglioramento della qualità.
L’olio extra vergine d’oliva, vent’anni fa, era un prodotto totalmente distante da quello che è ora.
Si passa da un prodotto alimentare a qualcosa che associabile a un prodotto culturale: c’è la necessità di raccontare storie.
Le storie vanno intese nel senso della certezza scientifica di quegli aspetti che vanno d’accordo con il concetto di qualità.
Questi elementi diventano sempre più importanti, così come la territorialità, l’origine, e questi aspetti sono stati anche affrontati nell’ambito del progetto Oleum.
Tutto ciò si ripercuote anche su quella che è la durata nel tempo di queste caratteristiche: io faccio un olio di qualità superiore, un premium, però rimane un problema il non sapere quanto durano nel tempo quelle che sono le caratteristiche peculiari che quel particolare tipo di olio può avere e conservare.
È un punto cruciale.
Uno degli elementi che mi ha più colpito quando abbiamo iniziato a lavorare su questi concetti è stato il fatto che la velocità con cui si ossida l’olio è molto superiore di quanto uno possa pensare, soprattutto per quello che riguarda la fase di foto ossidazione: la luce ha una capacità di degradazione dell’extra vergine impressionante; la velocità in cui si deteriora il prodotto è importantissima.
Si è sempre pensato che fosse la temperatura il fattore di maggiore impatto nel deterioramento qualitativo dell’olio, ma se consideriamo le condizioni normali di conservazione del prodotto, soprattutto sullo scaffale, la temperatura è poco rilevante.
Ciò che invece lo è, è l’esposizione, appunto, alla luce.
Inoltre, noi abbiamo sempre avuto come idea il fatto che il vetro verde proteggeva, il vetro uvag, quando in realtà in termini di scherma, questo vetro non ha capacità superiori nel preservare le proprietà salutistiche e sensoriali dell’extra vergine.
Questi sono dei fattori importantissimi che devono portare come risultato finale ad una ridefinizione del packaging: per questo c’è bisogno di innovazione tecnologica appositamente pensata per l’olio extra vergine d’oliva.
La bottiglia scura non è in grado di mantenere per periodi lunghi le proprietà sensoriali e salutistiche del prodotto.
Abbiamo quindi bisogno di una tipologia di packaging che protegge in modo assoluto, soprattutto dalla luce, e questo aspetto deve essere divulgato il più possibile.
Ci sono vari materiali impiegabili, ma in ogni caso l’elemento caratterizzante deve essere l’assenza di luce.
La questione va anche in base al tempo di permanenza dell’esposizione.
Sugli scaffali dei supermercati in Italia, l’olio resta circa 15 – 20 giorni, ma quando viene esportato, i tempi di permanenza possono arrivare anche a oltre un mese.
A quel punto, per mantenere le caratteristiche di un prodotto, c’è il bisogno assoluto di avere dei packaging specifici.
La domanda a cui abbiamo cercato di dare una risposata anche all’interno del progetto Oleum è la seguente: si può capire dalle caratteristiche iniziali del prodotto, quella che è la sua durata nel tempo? Quale sarebbe il best before reale che il prodotto può avere sulla base di quelle che sono le sue caratteristiche iniziali?
Abbiamo creato due modelli: il primo che simulava la presenza della luce e l’olio sullo scaffale; il secondo modello, invece, ha visto i campioni esposti al buio, in modo da cogliere la differenza.
Abbiamo usato oli industriali con composizione in acidi grassi molto varia, e abbiamo cercato anche i composti fenolici più differenziati.
Questi oli arrivavano dal bacino del Mediterraneo, e in quanto blend puntavamo ad ottenere il massimo della variabilità in termini di contenuto di questi parametri.
Questo è stato molto importante per avere una casistica, la più ampia possibile, di varie tipologie di olio che si possono trovare sullo scaffale, in modo da vedere, in funzione della variazione e della composizione chimica dell’olio, come questo si comporta sia alla luce, sia al buio.
Abbiamo seguito l’evoluzione dell’ossidazione di questi oli per 12 mesi alla luce e 24 al buio, poi abbiamo elaborato un modello di validazione e da qui abbiamo applicato dei metodi statistici multi-variabili per rielaborare i dati.
Abbiamo ottenuto delle funzioni predittive che ci permettono di stimare e successivamente sono state validate, utilizzando un altro modello simile al primo dove gli oli sono stati esposti allo scaffale, e quindi abbiamo confrontato il dato della predizione con il dato reale della condizione di ossidazione dell’olio per valutare l’efficacia del modello. Quest’ultimo ha un errore di circa un mese alla luce, su 12 mesi, e di due mesi al buio, su 24 mesi.
Sulla base di quanto raccolto abbiamo, poi, elaborato un software predittivo: vita olei.
Ha la possibilità, una volta inserite all’interno alcune analisi di base, di dare un’indicazione diretta della stima, della durata del prodotto, alla luce e al buio.
Un altro elemento importante che abbiamo inserito è l’informazione relativa all’evoluzione dei composti fenolici bioattivi riferiti al regolamento 432, con lo scopo di predire qual è l’evoluzione di queste sostanze sia alla luce, sia al buio. In questo modo, quando voglio usare il claim posso sapere con una certa accuratezza fino a che punto posso dare il best before al mio prodotto, prima che il contenuto fenolico scenda al di sotto del valore di 250 milligrammi per chilo, quello che il claim prevede per poter vantare le proprietà salutistiche dei composti fenolici.
L’utilizzo del claim è fortemente consigliato solo se si hanno oli con concentrazione fenolica media o medio alta, soprattutto se vengono conservati utilizzando una tipologia di packaging che non espone l’olio alla luce: nel momento in cui l’olio viene esposto alla luce, anche se ha mille di polifenoli, il contenuto fenolico dei 250 milligrammi per chilo non supera i sei mesi di conservazione. È, quindi, molto pericoloso utilizzare il claim con vetro chiaro, uvag e altre tipologie di vetro.
Maurizio Servili
Testo elaborato da Chiara Di Modugno su quanto pronunciato da Maurizio Servili
Foto in apertura di Olio Officina©
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