Sulla validità del panel test
Quando l’olio extra vergine di oliva non risponde a determinati parametri, il messaggio che emerge, anche legittimamente, è: “Attenzione, qui c’è frode”. Le conseguenze, negli anni, si sono rivelate devastanti sull’immagine del prodotto-olio, in Italia e all’estero. Eora, è giunto il momento di aggiornare questa tipologia di analisi, rendendola più efficace. Occorre un processo di “oggettivazione” del metodo, che ne assicuri la corretta applicazione e riduca fortemente le attuali criticità
Tra i pregiudizi più comuni sugli industriali dell’olio d’oliva c’è anche quello che ci vuole ostili al panel test. Invece no. Il metodo per l’analisi organolettica, basato sull’assaggio da parte di un gruppo di esperti, è quello che usiamo nelle nostre aziende: valutiamo, ogni giorno, per selezionare e realizzare i nostri prodotti
A questo metodo va poi riconosciuto il merito storico di aver spinto tutto il settore verso una più attenta ricerca della qualità e di un gusto migliore. Nell’eterna lotte alla frode che vede impegnati gli operatori del comparto, l’analisi organolettica ha rappresentato uno strumento importante.
Tuttavia, dopo anni di applicazione, da più parti ci si è cominciati a interrogare sulla validità del panel test. Sono troppi i casi in cui i giudizi di due diversi panel risultano agli antipodi, con il prevedibile scontro tra addetti ai lavori e l’inevitabile scia di polemiche sui media. Basta che un gruppo di esperti definisca “non extravergine” un olio, che magari ha soltanto un piccolo difetto di conservazione, per scatenare il putiferio, sui giornali e nell’intero comparto. Il che, in un mercato che ha incoronato l’extra vergine come unico condimento possibile, destinando gli altri oli da olive all’emarginazione, equivale alla scomunica.
Al riguardo, va ricordato come il settore del vino, che vive di assaggi e degustazioni, sia ben lontano da tutto ciò. Si può parlare di migliore o peggiore qualità, ma non troverete un solo esperto che dica: “Questo non è vino”. Perché di vino si tratta, ovviamente. Invece, dopo i nostri panel test, se il prodotto non risponde a determinati parametri, il messaggio che emerge, anche legittimamente e in punta di legge, è: “Attenzione, qui c’è la frode”. Le conseguenze, negli anni, si sono rivelate devastanti sull’immagine del prodotto-olio, in Italia e all’estero.
Purtroppo, la catena di distribuzione dei prodotti è lunga e può danneggiare la qualità del prodotto (quanti vini in origine ottimi arrivano sulla tavola che “sanno di tappo” o sono marsalati?) e che qualsiasi assaggio, anche se operato da un professionista, ha un handicap, ovvero la soggettività di chi assaggia. Un dato che, nel mondo del vino, è ammesso, mentre, in quello dell’olio, è escluso a priori.
Che fare per salvaguardare tutto ciò che di positivo il panel test ha portato e, al tempo stesso, eliminare le incertezze che lo danneggiano? A nostro avviso, è giunto il momento di aggiornare questa tipologia di analisi, rendendola più efficace. Occorre un processo di “oggettivazione” del metodo, che ne assicuri la corretta applicazione e riduca fortemente le attuali criticità.
Al riguardo, la proposta di ASSITOL, presentata anche in Commissione anti-contraffazione alla Camera dei Deputati, consiste nel garantire il blind test, ovvero l’assaggio alla cieca, sia nella prima analisi che nella contro-analisi. È vero che gli assaggiatori non vedono quello che assaggiano, ma il capo panel sì. Nonostante la competenza e l’onestà di chi dirige la prova d’assaggio, noi riteniamo che, in certi casi, questo possa influenzare l’attività del panel.
Alle prove “cieche”, inoltre, si farebbe seguire un test di ultima istanza, basato sull’impiego di markers chimici per l’identificazione dei difetti organolettici. In pratica una verifica strumentale come controprova dell’assaggio. Su questi fondamentali indicatori, da tempo ASSITOL ha lanciato l’idea di una ricerca, che noi siamo disponibili a finanziare.
A nostro avviso, l’introduzione dei markers renderà più stringenti i parametri di riferimento dei nostri prodotti ma sarà anche un driver fondamentale per un ulteriore miglioramento qualitativo e, nel contempo, darà maggiori certezze agli operatori. Ciò consentirà a tutte le aziende oneste di lavorare in trasparenza e, soprattutto, con maggiore serenità rispetto al passato.
E’ chiaro che ripensare il panel test sarebbe impossibile senza l’accordo dei protagonisti del mondo dell’olio. Per il suo peso, anche internazionale, l’auspicio è che ciò avvenga nella cornice del COI, dove, oltre a Paesi storicamente oleari come Italia, Spagna e Grecia, sono rappresentate realtà emergenti come Stati Uniti, Cile e Australia.
Ci piacerebbe che, a proporre l’aggiornamento del panel test, fossero gli italiani, tutti insieme, in un’ottica di ritrovata coesione. Così modificato, sarebbe uno strumento straordinario per la promozione della qualità della produzione olivicola e olearia del nostro Paese. Ci auguriamo davvero che si abbia il coraggio di farlo.
La foto di apertura è di Lorenzo Cerretani
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