Codice Oleario

Annata olearia, la verità fa male

Campagna olivicola disastrosa? Oggi si è talmente indeboliti che anche le mosche fanno paura. E ci si rende conto solo adesso che esistono i servizi fitopatologici regionali in Italia che non funzionano, o che, forse, sono stati messi a fare altro. Chi l’olivicoltura la fa per davvero si è saputo in qualche modo difendere

Angela Canale

Annata olearia, la verità fa male

Avremmo preferito fiumi di olio e invece dobbiamo accontentarci di fiumi di parole. Penso sia stato detto di tutto da tutti. Esperti, non esperti, olivicoltori, frantoiani, commercianti, hobbisti, giornalisti, sommelier, sora Maria, Sor Antonio. In zona Cesarini poi sono anche arrivati degli outing a favore della grande serietà, forse un po in ritardo, ma meglio tardi che mai. Dimenticavo di aggiungere una nuova categoria appena coniata: i rural-chic. E qui mi piacerebbe si facesse un altro outing. Anche loro pur non rendendosi conto di esserlo hanno sproloquiato.

E comunque si cerca un colpevole, qualcuno su cui far ricadere questa disgrazia, anche se io aspetterei a chiamarla tale. Quando un problema ti mette la realtà in faccia non puoi certo evitarla e raccontarti una favola per far finta che non esiste. Allora anche le critiche possono essere costruttive se fatte con cognizione di causa, da chi l’argomento lo conosce.
Purtroppo tra i più accaniti ho incontrato anche persone che lo scorso anno non sapevano nemmeno di avere piante cariche di olive, in quanto nel campo non ci erano mai andate prima! Anche quest’anno si saranno affacciate nell’oliveto il giorno della raccolta dove ne hanno trovata un’altra di sorpresa.

Il più saggio mi sembra solo il fedele aiutante “Antero”, che da tre generazioni si occupa dell’oliveto. Il nonno lo ha lasciato in eredità con il terreno. Da che vive non ricorda annata simile e finalmente ammette che forse qualche trattamento ci sarebbe voluto e aggiunge: aven fatto sempre da noialtri, t qui la mosca nc’è, cemme l’aria bona e cemme tutto moraiolo ( qualcuno prestato all’agricoltura il moraiolo lo ha definito inarrivabile, potremmo anche qui scrivere fiumi di parole su questa varietà ma ve le risparmio) bensì st’anno nun emme raccolto manco ‘n secchio d’olive. Ho usato questo dialetto solo perchè a me più vicino, ma ne avrei potuto usare uno qualsiasi, visto che temo la storia si ripeta ovunque. Quanti olivicoltori hanno il loro Antero a cui affidano la conduzione dell’oliveto e guai a contraddirlo, la risposta è sempre la stessa: di qui la mosca nc’arriva e noialtri emme fatto sempre cussì.
Di freddi ne abbiamo vissuti e superati tanti, saltando il raccolto per più anni e ci siamo con rassegnazione rimboccati le maniche aspettando tempi migliori. Ma forse erano anche altri tempi, erano i tempi in cui si guardava all’olivicoltura come un settore da costruire, da gestire e da rendere produttivo ed efficiente. Erano gli anni in cui si scrisse un bellissimo piano olivicolo conservato ancora in qualche cassetto, io ne custodisco gelosamente una copia.

Oggi siamo talmente indeboliti mentalmente che anche le mosche ci fanno paura. Vogliamo a tutti i costi un colpevole senza passare per i mea culpa, che in genere sono i più efficaci per risolvere i problemi. Ma manco a parlarne.
Qualcuno dovrà pur dirgli che l’olivicoltura si gestisce e non si subisce.

Ma quando i conti non tornano meglio risparmiare dove si può: non potature, scerbature affidate a cavalli e asinelli, esche fatte di acqua, zucchero e alici, ma di concime quanto ne vuole, anzi di più. Li non si bada a spese. Quel chiacchiericcio mentre attendi il tuo turno nel negozio per prodotti agricoli è il metro su cui ci si basa. È il luogo dove si cerca d’imparare cosa serve, magari ieri è arrivata quella polverina magica che ci risolve tutti i problemi. Il consiglio del venditore è sempre il migliore. Personalmente nei miei 25 anni di lavoro nel settore non ricordo il numero delle telefonate ricevute di chi chiedeva gli venisse spiegata la potatura via cavo perchè lo avrebbero poi riferito al loro operaio che avrebbe eseguito il taglio o dosi di concimi da dare ai loro olivi che non avevano mai concimato ma ai quali qualcosa bisognava pur fare.
Oggi ci si rende conto che esiste un servizio fitopatologico regionale, quindi 21 in Italia, che non funzionano, o che forse sono stati messi a fare altro. Ci si ricorda che esistono le organizzazioni professionali, che possono anche offrire consigli tecnici, ma che saranno anche un po’ stanche di sentirsi rispondere che le aziende non hanno bisogno di chi conta le mosche ma vogliono che gli si organizzi la commercializzazione, anzi no, meglio la promozione. Loro le idee le hanno chiare.

Questa proprio non ci voleva! Dopo tutto il tam tam fatto sul Made in Italy, l’olio che è il fiore all’occhiello non doveva mancare. Direi che la mosca sia riuscita a farci dimenticare per un po’ anche la Xylella e a farci recuperare tutto quello che consideravamo bassa qualità, l’importante che non faccia male alla salute.
Qualcuno è preoccupato perchè non avremmo prodotto da portare ad Expo 2015. Ma non dovevamo portare solo filmati e foto?

Tutto fuori misura: l’inverno trascorso che non è stato abbastanza freddo da uccidere mosche e zanzare, piogge equatoriali, temperature miti estive, tutto a favore di insetti e funghi che hanno avuto la meglio. Ma la peggio non l’hanno avuta soltanto le olive, anche l’uva è stata attaccata così come tutti gli altri frutti. Come avranno fatto viticoltori e frutticoltori? In fondo queste colture hanno anch’esse bisogno del clima mediterraneo, con estati calde e senza piogge quotidiane.
Proprio adesso che ci eravamo finalmente convinti di poter diventare tutti bio, senza dare concimi e senza fare trattamenti, tanto la mosca da noi non arriva, ovunque sia il nostro oliveto.

Da luglio eravamo tutti in allerta: arriva la mosca sarà il caso di organizzarsi!

Mai come quest’anno la lettura delle trappole è stata superflua, considerare i valori dell’umidità e delle temperature sarebbe stato sufficiente. Ma le scarse produzioni e l’impegno da sostenere per trattare non era poco. Chi la olivicoltura la fa e la gestisce ha fatto qualcosa per difendersi e dove lo ha fatto al momento giusto con due o tre trattamenti ha controllato la situazione, tanto che rappresentano oggi quella percentuale di produzione nazionale di extravergine.
Ho visto già a settembre innalzare calici di novellini dal colore verde brillante, definiti poco amari e poco piccanti, ma dal leggero profumo di clorofilla, proprio come piace alla Signora Maria. A settembre, mi è sembrato fossero ancora tutti calmi e tranquilli, o no?

“Trattamento”, che brutta parola. Ci fa subito pensare a un veleno che va ben oltre l’annientamento del parassita. Esistono sempre quelli contemplati nei disciplinari del biologico, ma ne vanno fatti tanti, troppi. Acqua zucchero e un’alicetta è l’unica alchimia accettata da coloro che non vogliono trattare. Quindi è anche un problema di costi, troppo alti quando si fa agricoltura biologica. In molti casi abbiamo terreni impervi, piante dalle chiome altissime o troppo poche piante e poca produzione perchè ne valga la pena. Ci vuole un patentino per acquistare e usare questi prodotti, ci vogliono attrezzature disponibili nelle 24 ore, insomma un’organizzazione aziendale adeguata.

Nella confusione delle colpe mi accorgo che i primi ad attaccare sono quelli che con meravigliosi filmati hanno dichiarato straordinarie produzioni, quelli che fanno biologico da astinenza, quelli che non riconoscono la professionalità dei tecnici tranne dopo che sventura sia accaduta. Mi accorgo anche che regioni straordinariamente produttive vogliono vendere olive a prezzo d’oro per monetizzare subito, finalmente la fortuna è dalla loro parte. Mi accorgo che quella riorganizzazione di ruoli, di competenze, di programmi per il futuro tarda a venire perchè la nostra generazione possa vedere luce. Mi accorgo che siamo insuperabili quando vogliamo distruggere un comparto. Muoia Sansone e tutti i filistei.

Vorremmo anche un governo che paghi i debiti, che non metta tasse, che tolga le persone sbagliate dai posti giusti non rimuovendo però i nostri amici e parenti, vorremmo una scuola severa ma che metta buoni voti ai nostri figli, che ci dessero l’allarme per straordinari eventi naturali per uscire di casa o rimanerci a seconda della calamità, senza però inutili allarmismi.

Tutti in cerca disperatamente di creare quegli equilibri che accontentano tutti, compreso gli insetti che vorremmo debellare lasciando vivi quel tanto che basta per nutrire nella catena alimentare altri insetti che di mosca si nutrono, per evitare che in mancanza potrebbero cambiare gusti e attaccare le utilissime coccinelle.
Come dire: la storia di sempre si ripete ancora una volta, mai alterare gli equilibri.

La foto di apertura è di Luigi Caricato

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia