Codice Oleario

Come valutare un olio oggi

Il metodo utilizzato per l’analisi sensoriale dell’extra vergine è arrivato al capolinea? È tempo di cambiare approccio e/o destinatari? A queste domande, tutto il comparto oleario è chiamato a darsi delle risposte urgenti e chiare. C’è una sorta di distorsione. Si assegna troppa attenzione ai difetti e non si aiuta a focalizzare, da subito, l’attenzione per gli elementi di pregio. Si formano soprattutto i cacciatori di difetto

Lorenzo Cerretani

Come valutare un olio oggi

Il metodo utilizzato per l’analisi sensoriale dell’extravergine è arrivato al capolinea? Ve lo siete mai chiesto?
È forse arrivato il tempo di cambiare approccio e/o destinatari?
Queste sono due di una lunga serie di domande che sono state formulate in una chiacchierata telefonica con il mio amico Luigi Caricato.

Le domande sono in effetti scaturite sul finire della conversazione. Le constatazioni che hanno portato a tali quesiti sono state tutte volte a riconoscere il ruolo, meritorio, dell’analisi sensoriale nel settore degli oli extra vergini di oliva.
Questo metodo, nato più di trent’anni fa, ha consentito la crescita di tutto il settore.
Questo strumento, ha permesso dapprima di prendere consapevolezza delle caratteristiche sensoriali, quindi ha portato alla nascita degli esperti, ma soprattutto ha fornito gli elementi per una differenziazione degli extra vergini.

Con la conoscenza delle caratteristiche sensoriali, il metodo ha permesso a tutti di comprendere la differenza tra gli oli buoni e quelli con difetto che di fatto non potevano appartenere alla categoria degli extra vergini, ma a quella dei vergini, dei correnti o dei lampanti, in funzione dell’intensità del difetto.

Al raggiungimento di questo obiettivo, probabilmente il principale per il quale il metodo era nato, hanno contribuito i vari esperti, i vari giudici sensoriali o, più comunemente, gli assaggiatori che per primi si erano formati e quindi prodigati per la diffusione del verbo. Chiaramente, è noto a tutti, che nel mercato esistono ancora oli che presentano difetti, ma sono meno, molti ma molti meno di tanti anni fa.

La differenziazione è arrivata successivamente, e si è coniugata nelle varie forme: nelle intensità (il leggero, il medio e l’intenso trasferiti al consumatore con i vari sinonimi), nella caratterizzazione varietale (da qui i monovarietali) o territoriale (la cui piena espressione si trova nelle Dop e Igp).

Si può dire che il metodo si è un po’ adattato allo scopo di differenziare e descrivere le caratteristiche sensoriali dell’extra vergine, ma, in realtà, resiste fortemente nell’impostazione il suo primo obiettivo, ovvero quello di trovare la presenza di difetti sensoriali.

Nei corsi di idoneità fisiologica all’assaggio, che hanno l’obiettivo di selezionare i giudici, si lavora soprattutto per insegnare loro i difetti e per valutare la capacità di ognuno di riconoscerne le intensità.
In questi corsi si insegna anche a riconoscere le caratteristiche di pregio, ma forse non è corretto il bilanciamento tra queste due attività.
Troppa attenzione ai difetti non aiuta a focalizzare da subito l’attenzione agli elementi di pregio, si formano soprattutto cacciatori di difetto: tutti a caccia degli oli di bassa qualità, tutti cacciatori di frodi!

Io credo che sia arrivato il momento di rivedere questi corsi, di rivedere il metodo di assaggio, rivederne le finalità.
Una maggiore attenzione alle conoscenze delle caratteristiche di pregio, alla individuazione delle differenze tra oli extra vergini di qualità, alla valutazione delle caratteristiche sensoriali o varietali e, da qui, anche al loro utilizzo, potrebbe fornire uno strumento più calato nella realtà del momento.

Il mondo dell’olio di oggi è diverso da quello di trent’anni fa, quando c’era ancora una guerra tra i frantoi tradizionali (perdenti) e quelli continui (chiaramente i vincitori), quando non erano diffusi concorsi né guide, quando la differenziazione si giocava soprattutto sui marchi, quando le conoscenze scientifiche erano molto diverse da quelle di oggi, quando non si pensava ancora all’abbinamento olio-cibo.

La foto di apertura è di Lorenzo Cerretani

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