Codice Oleario

Funzionalità sensoriale

E’ attraverso di essa che si può restituire il valore perduto all’olio extra vergine di oliva. Invece manca la necessaria attenzione verso il segmento degli oli d’oliva di eccellenza. Sono pochissime le marche che promozionano gli extra vergini con claims salutistici e nutrizionali e il premio di prezzo che ottengono è comunque nullo, mentre è significativo per gli oli di semi, le margarine e il burro

Olio Officina

Funzionalità sensoriale

Continua il dibattito intorno al tema delle categorie merceologiche degli oli da olive. Interviene sull’argomento anche il tecnologo alimentare Lamberto Baccioni.

Ci si chiede di essere sinceri, ma veramente sinceri, sul tema delle categorie merceologiche degli oli da olive. Penso che nel settore dell’olio da olive vale ciò che George A. Akerlof ha scritto per quello dei Lemons (auto usate negli USA), nell’articolo dell’ agosto 1970: The Market for “Lemons”: Quality Uncertainty and the Market Mechanism, che gli è valso il Nobel nel 2001. Dice Akerlof che in un mercato in cui c’è asimmetria informativa tra chi compra e chi vende, e chi compra non ha fiducia in chi vende, il prodotto cattivo scaccia quello buono e la tendenza naturale del prezzo è verso il valore più basso possibile. Quel prezzo, aggiungo io, a cui l’acquirente può sperare di non essere fregato e semmai di guadagnare qualche cosa, se il venditore ha ancora un barlume di professionalità e si vergogna di vendere un’ assoluta schifezza.

Luigi Caricato ha fatto una condivisibile considerazione: “ritengo che le categorie al di fuori dell’olio extra vergine di oliva, rappresentino comunque un valore e una opportunità”.
Concordo e penso che in alcuni casi le diverse categorie sono necessarie per esitare prodotti comunque disponibili e che in altri casi creano aree di potenziale rischio di adulterazione. Nei Paesi produttori tradizionali, dove esistono ancora oliveti inadatti ai moderni sistemi di raccolta meccanizzata o agevolata e impianti di estrazione obsoleti, la produzione di olio lampante è ancora significativa e quindi la sua destinazione naturale è quella di venire rettificato per diventare Olio di Oliva per uso industriale (sott’oli) o culinario (frittura e cottura) o alimentare quando non è richiesto un pregio sensoriale.

L’olio di sansa, che rappresenta il 25% dell’olio da olive usato dai ristoranti, lo eliminerei dal mercato, anche se il suo uso per la frittura potrebbe essere ancora accettabile.

La differenza di prezzo tra l’olio di oliva e l’olio extravergine di oliva all’ingrosso, che è tra 0,50 e 1 euro al Kg, non lascia spazio per una categoria come quella dell’olio vergine che, di fatto, non esiste nel mercato.
Poi si entra nella gamma degli oli extravergini di oliva che partono da 3 euro al litro, al confine tra l’adulterazione e il difettoso, in competizione con oli di semi qualificati sotto il profilo nutrizionale e salutistico (olio di riso, olio di germe di mais, olio di semi di girasole alto-oleico estratto per pressione, ecc), passano ai 6/8 euro al litro per gli oli 100% italiani di marca e arrivano ai 15/18 euro al litro per oli IGP/DOP e BIO nella GDO qualificata, con punte di oltre 40 euro al litro per oli d’oliva di eccellenza, posizionati in Corner appositi (ad esempio un Laudemio presente in CONAD).

Pochissime marche promozionano gli oli extra vergine di oliva con claims salutistici e nutrizionali e il premio di prezzo che ottengono è comunque nullo, mentre è significativo per gli oli di semi, le margarine e il burro (dal 50 al 100 %, sino al 200 %, in più, tra prezzo del prodotto normale e quello dietetico). Penso che manchi invece l’attenzione verso il segmento degli oli d’oliva di eccellenza, il cui valore sta nella loro funzionalità sensoriale. La ragione di ciò è che tali oli sono espressione di una categoria che sul mercato non è ancora presente in maniera significativa: quella dei Produttori Artigianali che gestiscono con la loro competenza e responsabilità l’intera filiera, dall’oliveto alla tavola.

Lamberto Baccioni

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