Codice Oleario

I rischi dei contaminanti

Non basta una generica analisi chimico-fisica. Ci vuole un occhio speciale. Qualcosa da tenere bene in mente quando si produce un olio da olive. Avete mai sentito parlare di idrocarburi policiclici aromatici, agrofarmaci, solventi alogenati, solventi aromatici e ftalati? Gli esperti che collaborano al progetto Coltura & Cultura hanno affrontato la questione in maniera molto dettagliata

Olio Officina

I rischi dei contaminanti

Quando si parla di qualità, di solito si fa riferimento a quanto emerge dalle analisi chimico-fisiche, ed è giusto che sia così. Per ogni olivicoltore, il primo passo da compiere, il più spontaneo e immediato tra tutti, consiste nell’appurare immediatamente la bontà di quanto prodotto, portando al naso l’olio appena estratto. All’olfatto si colgono immediatamente le sensazioni. Basta osservare i movimenti involontari del viso di coloro che degustano per rendersi conto se lo hanno apprezzato oppure no.

Il bicchiere lo si scruta con grande attenzione, fino poi a introdurre una parte dell’olio in bocca, per valutarne la bontà anche al palato, prendenso in esame anche le percepzioni tattili, l’amaro, il piccante. E’ un primo passaggio immediato, che viene spontaneo compiere tra coloro che si occupano d’olio. Poi, c’è tutto un mondo dietro che non può essere trascurato. Non basta la valutazione sensoriale, tanto più quella dell’olio appena estratto. Occorre valutare anche analiticamente l’olio. Lo si fa con strumentazioni presenti in frantoio, ma non sono sufficienti. E’ il caso di approfondire portando ad analizzare i campioni d’olio prodotti in un laboratorio molto attrezzato di cui ci si può fidare. Sì, fidare, perchè anche le macchine vanno interpretate, non sono poche le analisi imprecise. Vale la pena individuare i laboratori più all’avanguardia, ma soprattutto quelli che sono specializzati nella materia olio da olive.

Le strumentazioni che la gran parte dei frantoi hanno sono utili, ma non sono sufficienti, meglio infatti effettuare analisi più dettagliate. Ciò che conta è prendere in esame anche alcuni particolari che non sempre vengono considerati. Avete mai sentito parlare infatti di contaminanti? Eppure i rischi sono elevati.

Gli esperti che collaborano al progetto Coltura & Cultura hanno affrontato la questione in maniera molto dettagliata; e autrice di tale studio, riportato tra l’altro nel volume L’ulivo e l’olio della celebre collana, consultabile anche nel portale (QUI) è Anna Maria Cane. Per essere sempre aggiornati, consigliamo di iscrivervi alla newsletter di Coltura & Cultura: QUI

“Per esprimere un giudizio di qualità su un olio di oliva dovremmo poter valutare un quadro analitico il più possibile completo”, si legge nelle raccomandazioni della dottoressa cane, tra le massime esperte di chimica dell’olio. È importante capire che il concetto di qualità è molto complesso e implica approfondimenti, da parte di chi produce e commercializza l’olio, non solo sui parametri consueti, ma anche su partivcolari non trascurabili, legati alla presenza di eventuali contaminanti.

Il prodotto è sicuro, perché in fondo si tratta di una spremuta di olive, ma i rischi non mancano. tavolta sono rischi “anche molto impattanti sulla salute del consumatore”, secondo Anna Maria Cane.

Siamo sicuri che un prodotto, pur genuino, non presenti tali rischi? I contaminanti derivano “quasi sempre da approcci superficiali nelle pratiche agronomiche di base o nel processo di trasformazione”. Diventa come primo passo utile molto importante effettuare un monitoraggio di una serie di contaminanti potenzialmente presenti nell’oliva e di conseguenza nell’olio prodotto.

Nessuno ci pensa, ma i fattori ambientali incidono sensibilmente. La prossimità degli oliveti a fonti inquinanti. E’ il caso per esempio, di oliveti che costeggiano strade o autostrade molto trafficate, o vicine a sedi di industrie, o anche collocate in condizioni di venti sfavorevoli. Così, pur lavortando bene, non è detto che sis sia immuni da rischi ambientali. In altri casi possono essere le pratiche colturali scorrette a creare problemi.

E’ necessario prestare attenzione a molti fattori. Nulla è da trascurare, anche le stesse modalità di trasporto delle olive al frantoio, nonché le condizioni dell’impianto di trasformazione e le condizioni di stoccaggio dell’olio dopo l’estrazione sono punti critici da tenere sotto controllo.

Il consiglio che diamo è leggere lo studio della Cane con molta attenzione. In ogni caso, per tutti i contaminanti è sempre “un’adeguata attività di prevenzione il sistema più efficace per ridurre il rischio igienicosanitario”.

Idrocarburi policiclici aromatici (IPA)

Gli idrocarburi policiclici aromatici sono composti costituiti da più anelli benzenici condensati. La loro formazione è associata a fenomeni di combustione incompleta di materiale organico a elevata temperatura. Questi idrocarburi diffondono nell’atmosfera e attraverso l’azione veicolare delle piogge possono essere riversati a terra sulle colture. I vegetali, comprese le olive, assorbono gli IPA al proprio interno in entità correlabile al carattere idrofilico di queste molecole. La penetrazione nell’interno dell’oliva degli IPA leggeri (con un numero di anelli non superiore a 4) risulta, quindi, più rilevante di quella degli IPA pesanti (con un numero di anelli condensati superiore a 4); questi ultimi si concentrano essenzialmente sulla buccia del frutto. Durante il processo di trasformazione in frantoio, la preliminare fase di lavaggio delle olive determina la sostanziale rimozione degli IPA più pesanti rimasti sulla parete esterna, mentre gli IPA più leggeri, penetrati nell’interno, permangono. Nella successiva fase di formazione dell’emulsione acqua/olio gli IPA si ripartiscono quasi esclusivamente nella fase oleosa assecondando la propria natura idrofobica. Una contaminazione da IPA delle olive porta quindi, inevitabilmente, a una contaminazione da IPA dell’olio estratto. In passato, in alcune zone vigeva la pratica di potare gli olivi nel periodo di raccolta e conseguentemente di bruciare i resti della potatura in campo nelle immediate vicinanze delle olive appena raccolte o in fase di raccolta. Tale pratica costituiva un’importante fonte di contaminazione da IPA. È bastato informare adeguatamente gli operatori agricoli per ridurre significativamente i livelli di contaminazione. Tra gli IPA studiati, 15 rivelarono mutagenesi/genotossicità in esperimenti su animali in vivo e per il solo benzo(a)pirene venne testata e confermata un’azione cancerogena sull’uomo. Data l’elevata possibilità di indurre la formazione di tumori all’interno dell’organismo umano anche per gli altri 14 idrocarburi aromatici, si decise di assumere il benzo(a)pirene come marker per la presenza di questi IPA mutagenici all’interno dei prodotti alimentari. Venne, quindi, indicata una quantità massima giornaliera di assunzione per l’uomo di benzo(a)pirene e si suggerì che la quantità totale degli altri 14 IPA non dovesse essere 10 volte superiore a quella del benzo(a)pirene. Attualmente è in vigore il Regolamento Europeo 1881/2006 che impone 2,0 ppb come limite massimo di benzo(a)pirene negli oli e grassi destinati al consumo alimentare diretto o all’uso come ingredienti di prodotti alimentari. Per i prodotti destinati all’infanzia il limite massimo è ridotto a 1,0 ppb.

Agrofarmaci

Le piante di olivo sono soggette a diverse avversità parassitarie derivanti sia da malattie infettive (funghi, batteri e virus) sia da fitofagi (prevalentemente insetti). Tali patologie creano sofferenze nella pianta con conseguente ridotta produzione di olive di modesta qualità. Con il ricorso a pratiche agronomiche accurate o attraverso l’uso di antagonisti naturali dei fitofagi il grado di infestazione delle piante può essere contenuto, ma non completamente eliminato. Nasce inevitabilmente l’esigenza di ricorrere a preparati chimici. Tali preparati appartengono tradizionalmente alla classe degli organofosforati, dei carbammati, dei piretroidi per contrastare l’azione dei fitofagi e dei composti rameici per combattere i patogeni fungini. Sono inoltre utilizzati erbicidi che svolgono la funzione di controllare la crescita delle erbe infestanti. Se questi agrofarmaci sono presenti sulle olive nel periodo della raccolta essi si trasferiscono all’olio attraverso un coefficiente di diluizione diverso per ciascun prodotto e dipendente dal grado di idrofilia della molecola: più la sostanza è idrofila, minore è il suo grado di ripartizione nella fase oleosa dell’emulsione olio/acqua che si viene a generare durante il processo estrattivo. Per questa ragione sono stati definiti un tempo di carenza (intervallo tra il trattamento e la raccolta) e un limite di tolleranza, che definisce la quantità massima di residuo di agrofarmaco (MRL, espressa in mg/kg o ppm) ammessa per legge.

Solventi alogenati

Con questo termine si indica un gruppo di idrocarburi alogenati, principalmente cloro e bromo-derivati. In campo industriale trovano diverse applicazioni (sbiancatura della cellulosa, pulizia di indumenti); in altri casi si formano per effetto collaterale di un processo (per es. potabilizzazione dell’acqua). Sulla base dei risultati degli studi tossicologici l’Unione europea ha da tempo emesso dei limiti sul contenuto di solventi alogenati nell’olio di oliva. Nel Reg. Europeo 1989/2003 viene indicato 0,1 mg/kg come limite massimo per ogni solvente alogenato rilevabile nell’olio di oliva e 0,2 mg/kg come limite per la somma totale dei solventi alogenati rilevabili. In taluni casi la presenza accidentale di tali contaminanti è stata ricondotta allo stoccaggio dell’olio, anziché in idonee cisterne in acciao inox, in contenitori riciclati precedentemente destinati a solventi per lavanderie. In passato casi di contaminazione da solventi alogenati erano riconducibili allo smaltimento di piccole quantità di miscele olio-solvente (derivanti dall’analisi della resa in olio delle olive) attraverso diluizione nell’olio stesso.

Solventi aromatici

Alla classe dei solventi aromatici appartengono 5 composti designati con l’acronimo BTEXS (benzene, toluene, etilbenzene, isomeri para, orto e meta dello xilene, stirene). Nel 1994 in Germania venne rilevata la presenza di BTEXS in oli vergini di oliva. Data la cancerogenicità del benzene e la tossicità dei suoi derivati venne concentrata maggiore attenzione sulla possibile presenza dei BTEXS nell’olio di oliva. La presenza di toluene, isomeri dello xilene ed etilbenzene risultò, per lo più, causata da contaminazione ambientale. Diversi campioni di olio vennero, infatti, inquinati con i vapori della benzina e si notò un incremento nei livelli di toluene, degli isomeri dello xilene e dell’etilbenzene. Poiché in alcuni frantoi era abbastanza consueta la pratica di far entrare mezzi meccanici direttamente al loro interno, si imputò agli scarichi di questi veicoli la contaminazione dai solventi aromatici citati. A livello europeo venne emessa unicamente una raccomandazione, (20/01/1999)10, che definì non preoccupanti e nocivi per la salute umana i livelli di contaminazione da BTEXS dell’olio di oliva. Come per i solventi alogenati, anche la presenza di questi composti aromatici negli oli extravergini è dovuta a contaminazioni esterne (ambiente inquinato) o in fase di stoccaggio dell’olio. Infatti, questi composti possono essere rilasciati dai rivestimenti interni dei serbatoi costituiti da materiali non perfettamente idonei o in cattivo stato di manutenzione.

Ftalati

I diesteri dell’acido ftalico costituiscono una classe di composti organici denominati ftalati. Tra le svariate applicazioni industriali, trovano impiego come coadiuvanti per la produzione di articoli in plastica, in particolare prodotti in PVC. L’addizione degli ftalati consente al materiale plastico, spesso frangibile, di dilatarsi e diventare flessibile ed elastico. Prodotti tipici cui vengono aggiunti tali sostanze sono pellicole, materiali per la pavimentazione, tubi, cavi, vernici, lacche ma anche cosmetici. Gli ftalati sono, inoltre, utilizzati come lubrificanti sgrassanti, come vettori per pesticidi, cosmetici e profumi. Tra tutti gli ftalati il DEHP è quello utilizzato con maggior frequenza. Dato il loro largo utilizzo e la loro moderata resistenza alla degradazione, gli ftalati sono ubiquitari nell’ambiente. Queste sostanze, non essendo legate chimicamente al materiale plastico ed essendo sostanze con uno spiccato carattere lipofilo, quando entrano in contatto con una matrice grassa migrano dal materiale alla matrice grassa. Nel caso dell’olio d’oliva la presenza degli ftalati può essere ricondotta ai materiali di natura plastica con i quali le olive o l’olio entrano in contatto nella fase di stoccaggio, trasformazione, trasporto e confezionamento. Nel settore oleario gli ftalati possono essere presenti nei materiali plastici a contatto (packaging primario, tubazioni, raccordi, parti di impianto di molitura, contenitori vari ecc.). Data la vasta diffusione dei materiali plastici in tutta la filiera oleicola, è importante verificare che i materiali a contatto, oltre a essere food grade siano anche ftalati free. Il rischio associato all’assunzione di queste sostanze con gli alimenti è associato alla loro tossicità, che raramente risulta acuta. Solo alcuni composti, primo fra tutti il DEHP, possono rivelarsi pericolosi in caso di esposizioni prolungate o ripetute (problemi legati alla fertilità maschile). Dato che il contatto più significativo dell’uomo con queste sostanze avviene attraverso l’assunzione di alimenti, l’Unione europea ha emanato un Regolamento, il 1935/2004, che definisce i criteri con i quali materiali o oggetti a uso alimentare vengono immessi sul mercato comunitario e costituisce una prima base per la tutela della salute del consumatore. In aggiunta l’Unione ha emesso la direttiva 2002/72/CE, che stabilisce un limite di migrazione specifica (LMS), nell’alimento o in un simulante, per ogni singola sostanza elencata nella direttiva e un limite di migrazione specifico totale (LMS)T, espresso come totale delle sostanze elencate. Tutti questi parametri (e, volendo, altri ancora) sono elementi importanti per valutare la qualità di un olio di oliva, soprattutto extravergine, a prescindere dall’origine e dalla cultivar da cui esso deriva. Da quanto sopra esposto si evince facilmente quanto complessa sia la valutazione qualitativa di un olio e solo dall’esame dettagliato del quadro analitico completo, comprensivo anche dei parametri legati alla food safety, si può dedurre un giudizio di qualità obiettivo.

L’immagine di apertura è un particolare di una foto di Massimo Occhinegro

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