Codice Oleario

Il dibattito sui grassi

Fanno bene, fanno male? Sono scorrette le bugie sugli acidi grassi saturi, che giustamente non vanno sottovalutati nelle quantità introdotte per una corretta alimentazione, così come le bugie sugli oli polinsaturi. Un recente articolo apparso su “Panorama”, che prende spunto da un serio lavoro scientifico, li ha rivalutati (1. continua)

Giovanni Lercker

Il dibattito sui grassi

La produzione di sostanze grasse da semi ha avuto uno forte sviluppo alcuni decenni dopo la rivoluzione industriale e, a causa della riduzione di costi di produzione, gli oli da semi sono diventati molto competitivi in commercio.

Leggendo l’articolo “La rivincita dei grassi”, apparso su un recente numero di “Panorama” (QUI e QUI), che prende spunto su di un altro lavoro veramente scientifico, si comprende come da un apparente errore risalente al 1977, siano state fatte affermazioni molto negative su acidi grassi saturi e sul colesterolo. Dico apparente, perchè la mia convinzione è quella di affermazioni “necessarie” a spaventare tutti quei consumatori (statunitensi) che si alimentavano dalla mattina alla sera di prodotti di origine animale (con naturali conseguenze intuibili).

Le affermazioni del 1977 sono poi state prese per buone da tutto il resto del mondo che si occupava della salute e dell’alimentazione umana (come del resto è stato sempre fatto, senza considerare le differenze degli stili di vita dei vari Paesi, spesso completamente differenti da quella statunitense). Su questo, poi, le aziende multinazionali e non che producevano oli e alimenti di origine vegetale hanno giocato un importante ruolo di cassa di risonanza, per meglio vendere prodotti come gli oli di semi.

Ora, il fatto che oggi si senta – timidamente – affermare che gli oli di semi fanno venire il cancro, è spiegabile scientificamente basandosi sull’instabilità all’ossidazione che hanno gli acidi grassi polinsaturi, di cui sono ricchi. Ci sono alcuni lavori che parlano di oli di mais (ma che valgono anche per quelli di soia, girasole, colza, ecc.) sui quali sono state fatte sperimentazioni scientifiche a riguardo (li ho ricevuti da un collega, qualche anno fa, e forse oggi se ne troverebbero anche altri in internet).

Il valore commerciale degli oli di semi, credo reperibile sul “Sole 24 ore” del venerdì, mostra che più sono insaturi gli oli neno valgono (ad esempio l’olio di soia è il meno caro pur essendo quello più ricco di w-3 !). Questo è dovuto alla loro instabilità all’ossidazione che rende più difficoltosa la loro vendita.

Massimo Cocchi ed io, ma anche altri, sono anni che sosteniamo scorrette le bugie sugli acidi grassi saturi, che giustamente non vanno sottovalutati nelle quantità introdotte per una corretta alimentazione, così come le bugie sugli oli polinsaturi. Se è noto che di w-3 siano sufficienti le presenze negli oli da olive (0,7-1,0% dell’olio) con un normale consumo, allora sostituire questa fonte di condimento con oli che ne avrebbero dal 40 al 60% è un rischio alimentare che non vale la pena di correre. Questo per evitare di introdurre eventuali sostanze ossidate o oli polinsaturi più facilmente ossidabili di quelli ricchi monoinsaturi (come quelli ricchi di acido oleico, vedi oli da olive) o quelli più saturi.

Ricordiamoci però che il consumo di sostanze grasse in Italia è costituito per circa la metà da oli da semi (e da frutti non oliva) e l’altra metà per oli da olive (quest’ultima fonte corrisponde alla quantità totale prodotta in Italia). Pertanto se da un momento all’altro tutti decidessimo di consumare solo oli da olive e non di altre fonti oleaginose, non sarebbe facilmente realizzabile in tempi brevi. Per cui abbattere le fonti di sostanze grasse non provenienti dalle olive, richiede una certa cautela.

In sostanza possiamo concludere che gli oli di semi nom sarebbero nocivi direttamente, più di tanti altri alimenti. La loro problematicità sarebbe da attribuire alla maggiore probabilità di ossidare i loro acidi grassi polinsaturi, una volta introdotti in quantità nel nostro organismo (non considerando gli eventuali prodotti di ossidazione già presenti nella loro composizione).

Per gli oli di sansa, in un recente passato era stato riscontrato una non banale presenza di idrocarburi policiclici aromatici (sigla IPA o PAH, in inglese), dovuta al sistema di essiccamento delle stesse prima del processo di estrazione con solventi (essiccamento condotto con il contatto diretto dei fumi di combustione di una parte delle sanse per riscaldare efficacemente quelle da disidratare). Credo che attualmente il problema non vi sia più.

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