Codice Oleario

La grande truffa dell’olio extra vergine italiano falso

"Sei sicuro che l’olio che metti a tavola sia veramente extra vergine e italiano? Sei sicuro che non lo abbiano tagliato con oli per lampade o con oli di semi trattati chimicamente? Sicuro che non sia stato ottenuto da olive provenienti da Spagna, Grecia, Tunisia o Marocco?" Facciamo chiarezza

Luigi Caricato

La grande truffa dell’olio extra vergine italiano falso

Leggete con attenzione questo nostro articolo su Olio Officina e non fatevi ingannare dal titolo. La questione è molto delicata. C’è tutta una narrazione negativa intorno all’olio extra vergine di oliva che deve farci riflettere. A rimetterci è soprattutto la reputazione del prodotto. Non si può lasciar correre sempre. È bene porre un freno alle comunicazioni negative concepite al solo scopo di far breccia tra la gente e guadagnare facili consensi. Per promuovere commercialmente un prodotto di grande attrattiva come l’olio occorre cambiare registro e pensare a nuovi approcci, più costruttivi, appropriati ed edificanti.

Dite la verità, vi stupisce che compaia un simile titolo e sommario su Olio Officina, vero?

Sì, stupisce e lascia interdetti. Lo so. Infatti non è farina del nostro sacco. Abbiamo attinto sia il titolo, sia la restante parte del testo da un post apparso sui social.

In quella terra di nessuno ch’è facebook, la grande protagonista su tutti coloro che argomentano in materia di olio è il titolare di un’azienda calabrese che – dobbiamo dirlo – è riuscita brillantemente nell’intento di rendere virale un messaggio passato in modo diretto e immediato attraverso un video ben strutturato, alquanto efficace ed eloquente.

Il messaggio, volendo arbitrariamente sintetizzare, è il seguente: fa schifo tutto, comprate il mio olio. E infatti andando sul sito dell’azienda in questione, scorrendo il lungo lenzuolo di testo e immagini, si trova un linguaggio primitivo che parla alla pancia e perciò attrae.

Si legge:

Di’ addio a finti extra vergini italiani che non sono né extra vergini, né italiani.

E ancora, giusto per non lasciare spazio a equivoci:

Se non vuoi più comprare l’olio al supermercato per paura di ritrovarti con…

  • FINTI extra vergini tagliati con oli di semi trattati chimicamente…
  • FINTI oli italiani fatti con olive spagnole, tunisine, marocchine…
  • FINTI oli BIO su cui in realtà sono stati usati litri di pesticidi, erbicidi e trattamenti sintetici…

Eccetera, eccetera.

Il resto si può ben intuire.

Il video è fantasmagorico. Impeccabile. Ogni elemento è al suo posto. Tutto studiato sin nei minimi particolari. Un montaggio da fuoriclasse, lasciando nel contempo trasparire tanta spontaneità. Si vede e si ascolta volentieri, ispira credibilità.

Il protagonista della scena è un produttore ma chi si occupa professionalmente di comunicazione sa bene che è un attore consumato pur senza essere un attore.

È tutto studiato nei minimi particolari. Ci sono perfino i sottotitoli, per dare maggiore enfasi e per spingere nel contempo coloro a cui appare in visione ad aprire subito l’audio e seguire.

Ci sono provette, clorofilla, olio di semi, tutto l’occorrente per eseguire con maestria l’atto della truffa, seppure sia una frode ormai per soli pischelli, tanto è risaputa e banale, facilmente riscontrabile. Però, colpisce, rende l’idea.

Il protagonista del video mescola il tutto e fa capire in modo plastico ed elementare come si può imbrogliare l’ignaro consumatore.

Il messaggio passa con efficacia, lo si vede dai commenti, veri o finti che siano: non c’è nessun problema, il produttore è lì che ci mette la faccia e garantisce in prima persona.

Anche leggendo da sito il messaggio è diretto ed esplicito:

È un olio artigianale, non industriale.

Insomma, ci si può fidare. Davanti a una dimostrazione così eloquente c’è la salvifica parola di chi produce e garantisce in prima persona. A che servono le certificazioni?

Le parole sono quelle giuste, colpiscono:

È un olio di uomini, non di macchine.

Questo perché fare olio non è come fare bulloni.

E poi, sì. Perché no? Basta mettere la parola amore ed è fatta:

L’olio buono ha bisogno di amore…

Un amore che le macchine non possono dare…

Il sito è esteticamente brutto ma ammirevole, fatto soprattutto di tanto testo con messaggi incalzanti e finalità unicamente commerciali; tutto sembra scritto ad arte per suscitare sentimenti di comprensione e solidarietà.

Si entra anche in questioni di natura agronomica. Parla l’esperto, non ha senso dubitare. C’è da prendere tutto per vero, perché lo dice appunto il produttore in gamba, quello che è maestro e a tutti insegna:

Purtroppo molti produttori di olio coltivano i loro ulivi in pianura, perché è più comodo.

Per risparmiare sulla manodopera coltivano in pianura, pur sapendo che le olive migliori crescono in collina.

Si entra ovviamente nel dettaglio delle tecniche adottate in frantoio, sempre con l’obiettivo di preservare la purezza dell’olio.

La filtrazione priva l’olio della sua identità. Lo rende anonimo e standard.

Insomma, si vede subito che si ha davanti un serio professionista che sa il fatto suo. Un maestro. Ci si può fidare. Ci mette anche la faccia, d’altra parte.

Non vado oltre, e chiudo qui con le citazioni, ma è divertente leggerle. È uno spasso. Anche perché è la dimostrazione di come questo post su facebook abbia avuto un successo straordinario. Ad oggi, al termine del la giornata di martedì 23 marzo 2021, sono state oltre 20 mila le condivisioni del video e costantemente viene sponsorizzato. Non si scherza mica. Alta strategia di marketing. C’è sempre chi ci crede.

Insomma, le lezioni di comunicazione e marketing di Coldiretti hanno funzionato, sono servite. Non a caso la nota organizzazione viene citata nel video. Si prosegue pertanto nella narrazione negativa e inquietante che è stata fatta nel corso degli ultimi anni in maniera incalzante.

Vi ricordate i comunicati stampa in cui si annunciavano percentuali di oltre il 90 % di finto extra vergine? Anzi, le percentuali cambiavano di volta in volta, perché magari ci si dimenticava. Ci sono però i comunicati stampa che dimostrano la grande maestria di Coldiretti. D’altra parte, quando i maestri sono bravi i risultati prima o poi arrivano.

In questi giorni in molti mi chiedono di esprimere un pensiero al riguardo, ma io non ho bisogno di farlo. Il mio pensiero è chiaro da sempre, lo conoscono tutti.

Comunicare non è difficile, tanto più con i mezzi oggi a disposizione. I social hanno amplificato le chiacchiere del bar del paese o di quartiere. I social dettano ormai legge e chiunque, un po’perché baciato dalla fortuna, un po’perché effettivamente bravo a comunicare lo è, si ingegna come ha fatto il giovane che dopo la dimostrazione pratica che simula una truffa promette il sogno: il vero olio extra vergine di oliva, il vero italiano sicuro al 100 %. E così la comunicazione diventa virale. Il video ti insegue.

Come giudicare questi messaggi che riscuotono un grande consenso di pubblico? Semplice: il fatto che sia condiviso da un’enormità di persone significa che il messaggio è passato, è stato accettato, ritenuto credibile e perciò divulgato proprio perché percepito come giusto, onesto, corretto.

Non voglio indugiare su questione sociologiche, ragionando sul perché di un successo così spettacolare. Non ha senso e mi interessa poco farlo.

Mi fa invece piacere evidenziare il successo di Coldiretti. Occorre dar atto che sono bravi e tenaci, non demordono e hanno un seguito. Possono anche simulare le adunate oceaniche tutti vestiti di giallo con bandiere sventolanti, portando pensionati raccolti di paese in paese, di quartiere in quartiere, ma sono maestri e hanno discepoli impareggiabili. Nessuno come loro. Non li invidio, perché sono diverso e inadatto a essere come loro e i loro seguaci, ma loro ci sanno fare. Il seguito, al di là delle piazze piene all’occorrenza, c’è. Le lezioni che hanno saputo trasmettere sono state utili e hanno prodotto tutti i risultati sperati.

Nessuno si stupisca, dunque. Non si trascuri il fatto che i tanti messaggi di allarmismo lanciati nel corso degli anni hanno dominato ogni spazio, occupando tutti i mass media, nessuno escluso. I giornalisti hanno rilanciato senza mai porsi domande.

La grande truffa dei finti extra vergini – poco importa se sia una boutadeo meno – è diventata di fatto un messaggio chiaro e inequivocabile. Quindi l’aver sostenuto che in commercio circoli tantissimo falso extra vergine è stato un messaggio recepito con estrema chiarezza. Sei davanti a uno scaffale di oli? C’è poco da fidarsi. Stai in guardia. Sono più gli inganni che le certezze.

Ora, non sto qui a giudicare le persone, le loro strategie, i loro obiettivi, i risultati raggiunti. Non ha senso, ormai. A cose fatte si può solo constatare.

Mi chiedo soltanto se dopo tanto allarmismo si sia oggi in grado di gestire la comunicazione aziendale, come pure quella di prodotto.

Mi chiedo solo se la strada giusta sia quella del giovane produttore calabrese, protagonista del video, che si è attivato attraverso il ricorso alla denuncia eclatante, o se vi siano altre strade percorribili.

Mi chiedo se vale la formula che possiamo riassumere così: il mio olio è buono e sicuro, perciò compratelo, mentre quello che trovate sugli scaffali dei supermercati, come vi ho dimostrato, è falso, frutto di reiterate frodi. Mi chiedo se sia davvero la soluzione più opportuna, o se, al contrario, si possono concepire e mettere in atto altre modalità espressive.

Vale dunque il ricorso alla demonizzazione dell’olio altrui (soprattutto se confezionato da grandi azienda, che poi di fatto si riforniscono da chi l’olio lo produce nei campi), o valgono piuttosto altri argomenti, forse meno eclatanti ma volti a promuovere l’olio extra vergine di oliva in termini positivi, cogliendo le luci e non le ombre (ammesso che ve ne siano per davvero)? Tuttavia è bene anche chiedersi se di fatto vi sia in circolazione chi ha ancora la capacità di valorizzare le proprietà e peculiarità degli extra vergini senza il ricorso a facili contrapposizioni positivo/negativo, onesto/disonesto, buono/cattivo.

Il sospetto, ma in realtà per me è una certezza, è che il modo preponderante di comunicare, oggi largamente praticato su vasta scala, sia soprattutto la formula denigratoria, anche perché è la via più elementare per raggiungere il consenso facile e immediato, tanto più che oggi tutti pensano in chiave negativa e malmostosa.

In tutto ciò, va pur detto che stupisce l’assenza degli organi istituzionali, la loro inadeguatezza nel porre fine, o comunque nel definire quanto meno dei limiti al continuo chiacchiericcio in chiave negativa intorno agli oli da olive, anche perché, forse, è proprio il caso di ammettere che sono state proprie le stesse istituzioni ad aver prestato il fianco a questa narrazione di congetture, contribuendo a gettare ombre funeste sull’olio extra vergine di oliva, seguendo pure loro e in maniera fedele la lezione autorevole e alquanto efficace e premiante di Coldiretti.

Insomma, la logica è la seguente: c’è del marcio ovunque, la colpa del disastro italiano è di chi froda, di conseguenza fidatevi soltanto di chi ci mette la faccia, non andate al supermercato, ma concedete spazio e onori solo al km 0, salvaguardando salute e portafogli.

Io a questa narrazione non ci credo, ma non intendo nemmeno far proseliti, ciascuno segua la propria coscienza.

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