Codice Oleario

Le recenti modifiche della norma commerciale Coi

E’ stato rivisto il parametro degli alchilesteri, sulla base di una sperimentazione italiana del Sissg, come pure il contenuto in cere e in stigmastadieni. E non solo. Passi avanti positivi sulla strada della qualità, soluzioni di alcuni annosi problemi, e decisioni a volte più “politiche” che tecniche

Lanfranco Conte

Le recenti modifiche della norma commerciale Coi

Il 27 Maggio 2013 si è tenuta a Madrid la Sessione straordinaria del Consiglio Oleicolo Internazionale, che è stata convocata in quanto in febbraio non si era potuto deliberare nulla a causa della mancanza del numero legale, dovuta all’anticipato rientro in patria di alcune delegazioni.

Vediamo quindi cosa è cambiato nella Norma Commerciale del COI tenendo conto che a differenza di quanto avveniva in passato, ora è la UE e non i singoli Paesi di essa membri a fare parte del Consiglio: la conseguenza più importante di questa modifica di status della UE è che ora essa deve recepire le indicazioni del COI all’interno del suo quadro normativo che per il comparto olio d’oliva significa essenzialmente Regolamenti.

Sulla base di numerosi dati presentati ed anche di una sperimentazione condotta in Italia dalla Società Italiana per lo Studio delle Sostanze Grasse (SISSG), in collaborazione con molte aziende del settore, è stato innanzitutto rivisto il parametro “alchil esteri”. Gli studi hanno dimostrato come nel tempo, il contenuto di esteri metilici mostri delle oscillazioni così come il contenuto di metanolo che, soprattutto negli oli non filtrati, secondo alcuni potrebbe derivare dall’idrolisi delle pectine, ma non solo, pertanto i Chimici del COI si sono orientati verso la modifica del parametro, considerando i soli etil esteri che risultano stabili, in ciò sostenuti dal MIPAAF; per quanto riguarda i limiti, la delegazione italiana propose 30 mg/kg, ma la delegazione spagnola non accettò questo limite, chiedendo di non scendere sotto i 40 mg/kg visto che il nuovo limite sarebbe entrato in vigore già dalla campagna oliviicola 2013/14 e che considerato le dimensioni produttive spagnole, esistevano dei problemi ad adeguare la struttura produttiva, riducendo ad esempio il tempo di stoccaggio delle olive.

La trattativa tra i Chimici del COI durò tre giorni ed alla fine si giunse ad un accordo, condividendo di considerare i soli etil esteri e modulando la diminuzione del limite in 3 campagne, ovvero etil esteri inferiori o eguali a 40 mg/kg per la campagna 2013/14, poi a diminuire, 35 mg/kg per la campagna 2014/15 per giungere infine a 30 mg/kg nel 2015/16.

Questo avvicinamento per gradi è stata l’unica strategia percorribile per ottenere una revisione del parametro e del limite, vanno messe in luce due cose:

1) dall’indagine condotta dalla SISSG che verrà prossimamente pubblicata sulla Rivista Italiana delle Sostanze Grasse si è evidenziato come in genere gli oli spagnoli, almeno quelli commercializzati in Italia, presentino valori più elevati di etanolo e metanolo;

2) in sede del Gruppo Chimici del Consiglio Oleicolo si era venuta a formare un’alleanza tra Spagna e Francia che aveva messo in minoranza la delegazione Italiana.

Un altro parametro per il cui limite si è approvata un’ulteriore riduzione, è il contenuto di stigmastadieni, come è noto questo è uno dei parametri associati alla presenza di piccole quantità di oli raffinati, venne adottato nel 1995 dalla UE con un limite di 0,15 mg/kg, poi alcuni anni fa si ridusse a 0,10 mg/kg ed ora a 0,05 mg/kg. La praticabilità di questa soluzione è stata valutata in base alle migliorate prestazioni dei laboratori riconosciuti dal COI (circa un’ottantina) che hanno acquisito una sempre maggiore familiarità che consente loro di dosare con un’ottimo accordo anche dell’ordine di 0,02-0,03 mg/kg.

La decisione è stata condivisa anche dalla UE, tuttavia si stanno registrando delle critiche da parte delle aziende confezionatrici che ritengono che possano sussistere problemi di contaminazione a livello di impianti di confezionamento che possono fare rientrare il prodotto nel limite di 0,10 mg/kg, ma possa essere problematico garantire una così perfetta pulizia delle linee da rientrare nei 0,05 mg/kg.

Attualmente, comunque, la Norma Commerciale del COI prevede il limite di 0,05 mg/kg.

Anche il contenuto di cere è stato rivisto, in questo caso a causa però di una serie di osservazioni da parte di Paesi neoproduttori: l’Argentina, in particolare, ha ripetutamente reclamato la necessità di innalzare il limite del contenuto di cere invocando composizioni anomale legate a fattori climatici.

Anche se è plausibile che un clima particolarmente caldo secondo alcuni possano influire sul contenuto in cere provocandone un incremento, si è tuttavia palesato il fatto che che da un lato i chimici argentini invece di applicare il metodo COI, applicano il metodo ISO, sviluppato per la determinazione delle cere in olio di girasole, e non adatto all’applicazione ad oli di oliva, tanto che la norma ISO riporta un’avvertenza in tal senso, dall’altro lato non sono in grado di separare adeguatamente due picchi delle cere a 40 atomi di carbonio, uno solo de quali però è una cera lineare, essendo l’altro costituito da metil beenato, come brillantemente dimostrato da Mariani e non va pertanto computato nel calcolo del contenuto di cere.

Ciò nonostante, si è preferito percorrere una strada che a giudizio dello scrivente e degli altri Chimici Italiani del gruppo Chimici del COI presenta notevoli criticità: si è deciso di eliminare la cera C40 dal calcolo (per i soli extra vergini) nel contempo abbassando il limite a 150 mg/kg.

Le criticità risiedono innanzitutto nella filosofia che è alla base di questa modifica: un determinato parametro analitico (in questo caso la cera C40 per gli oli extra vergini) rappresenta un problema e la soluzione è eliminarlo; se tale approccio dovesse estendersi, si correrebbe il rischio di smontare pezzo per pezzo una norma faticosamente costruita nel corso di molti anni, inoltre eliminare il C40 e ridurre a 150 mg/kg il contenuto di cere non sarebbe di alcuna utilità a mettere in evidenza la presenza di oli di seconda molitura.

A proposito di composizioni anomale, si è finalmente giunti ad approvare due alberi decisionali per gli oli che presentino contenuti elevati di campesterolo e di delta-7-stigmastenolo. Questo approccio degli “alberi decisionali” era stato elaborato nell’ambito di un gruppo di lavoro dei chimici della UE coordinato dalla Commissione Tecnica Italiana (un’emanazione del Ministero dell’Industria che ha sviluppato per decenni metodi analitici prima di essere improvvidamente cancellata di fatto dal ministero stesso che non ha più provveduto a rinnovarne il mandato).

Il contenuto di campesterolo può arrivare in taluni oli a 4,5% solo se contemporaneamente tali oli presentino un contenuto di stigmasterolo inferiore o eguale ad 1,4% e di delta 7 stigmastenolo inferiore a 1,3%: questi due steroli sono contenuti in elevate quantità in oli di semi che presentano altrettante elevate quantità di campesterolo.

Per il delta-7-stigmastenolo, invece, si è previsto una serie di parametri integrativi di garanzia più coroposa, che prevede una riduzione del contenuto di campesterolo, di stigmasterolo e di delta ECN42 ed un limite per il rapporto Beta –sitosterolo apparente / (campesterolo +delta- 7stigmastenolo) che deve risultare non eccedente il valore di 25.

Tutti questi parametri integrativi sono stati “collaudati” prima dell’adozione, applicandoli ad un’ampia popolazione di campioni con composizione anomali presentati al COI dai Paesi produttori che reclamavano la esistenza delle anomalie compositive descritte.

Naturalmente ciò comporta che questi parametri integrativi di garanzia valgano in forza dell’universo campionario sul quale sono stati sperimentati, d’altra parte il COI aveva chiesto a tutti i Paesi che avevano reclamato anomalie compositive di inviare un campionamento rappresentativo, in altri termini si era data una possibilità a tutti e c’è chi l’ha sfruttata e chi no, è d’altra parte chiaro che si debba andare con i piedi di piombo nell’approvare deroghe a limiti stabiliti per difendere la purezza del prodotto.

Infine è stato approvato il cosiddetto “Metodo Globale”, un approccio analitico basato sull’analisi dei trigliceridi sviluppato nell’ambito del progetto UE MEDEOO.

I limiti a parere dello scrivente sono che ancora non sono stati resi noti, ancorchè si dichiari siano stati valutati nell’ambito del progetto UE predetto, i limiti di confidenza del metodo, inoltre nell’ambito di un Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale (PRIN) coordinato dall’Università di Udine, si sono evidenziati dei severi limiti di efficacia del metodo suddetto.

In conclusione, si sono fatti alcuni passi aventi positivi sulla strada della qualità, si sono risolti alcuni annosi problemi relativi a produzioni con alcune anomalie, da un altro lato però, si sono assunte decisioni più “politiche” che tecniche che avrebbero richiesto qualche approfondimento scientifico in più.

(Credito fotografico: Lorenzo Cerretani)

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