Codice Oleario

Quanto serve sapere sui grassi

Expertise. Il dibattito sui grassi continua. Il problema ossidativo degli acidi grassi (e soprattutto del colesterolo) è molto temuto dal nostro organismo. Ecco ciò che è bene conoscere per non cadere in rovinosi pregiudizi o essere vittime di bugie sul tema. Di fronte a questioni delicate, riguardanti la salute, meglio informarsi anzichè essere imprecisi

Giovanni Lercker

Quanto serve sapere sui grassi

Oli di semi, grassi saturi e alimentazione è con questo titolo che torna sull’argomento grassi il professor Giovanni Lercker, dopo essersi già pronunciato (QUI), e dopo gli interventi del professor Francesco Visioli (QUI), del professor Massimo Cocchi (QUI) e del professor Maurizio Servili (QUI). Il dibattitocontinua, nei prossimi giorni con il professor Claudio Peri.

Ricordiamo che tutti gli eccessi, anche in campo alimentare, sono da evitare e che le attività enzimatiche del nostro organismo tendono a diminuire progressivamente con l’avanzare dell’età. A questo proposito, è necessario considerare che:

-gli enzimi cosiddetti “riparatori” sono diversamente attivi nel ciclo della vita;

-gli acidi grassi assunti con la dieta in parte sono assimilati dal nostro organismo e diversi di essi sono utilizzati dal nostro corpo per una destinazione di componenti strutturali (ad es. membrane cellulari);

-il problema ossidativo degli acidi grassi (e soprattutto del colesterolo) è particolarmente temuto dal nostro organismo, che lo dimostra dal numero elevatissimo di antiossidanti previsti (molecole e precise attività enzimatiche), pur dovendo comunque fare i conti anche con le ossidazioni di acidi grassi polinsaturi che sono controllate e biologicamente importanti (prostaglandine, prostacicline, tromboxani, ecc.);

-la produzione di energia nel nostro corpo avviene per combustione (ossidativa) di zuccheri ed acidi grassi;

-nella fascia di età dei bambini nelle membrane cellulari la protezione cellulare è ottenuta con la presenza di acidi grassi saturi, come la composizione del latte materno nei lipidi e in particolare degli acidi grassi in posizione 2 dei trigliceridi (con il 72% molare della presenza di acido palmitico, oltre all’11% di acido stearico, Tabella 1) che irrigidiscono la membrana in sostituzione del colesterolo ancora poco sintetizzato in quel periodo della vita;

-con l’avanzare degli anni aumenta la necessità di introdurre acidi grassi polinsaturi attraverso un’adeguata alimentazione;

-il nostro organismo, ad eccezione del periodo della vecchiaia, è in grado di trasformare –secondo necessità- l’acido oleico in acido stearico (utile per i bambini) e viceversa (utile per bambini ed adulti), in relazione anche alla modulazione e al corrispondente adeguata fluidità delle membrane cellulari;

-il nostro organismo ha la necessità di disporre di acidi grassi polinsaturi w-3 e w-6, per il suo corretto funzionamento, essendo acidi grassi “essenziali” sintetizzabili solo a partire dai precursori introdotti con la dieta (acido linolenico e acido linoleico, corrispondenti;

-l’assunzione di acidi grassi monoinsaturi non completa le nostre necessità biologiche, pur avendo importanti funzioni biologiche e non influenzando l’ossidazione lipidica con questo tipo di acidi insaturi se presenti nel nostro organismo, a differenza di tutti gli acidi grassi polinsaturi;

-la necessità di assumere acidi grassi w-3 del tipo DHA e EPA, in fase avanzata di età, perché impossibilitati di sintetizzarli a partire dei precursori degli acidi linolenici (alfa e gamma) pur introdotti con la dieta;

-il nostro organismo “costruisce” le membrane cellulari (ad eccezione per i globuli rossi”) con una composizione che risente poco delle disponibilità ingerite di acidi grassi, come se le membrane fossero di composizione prestabilita in relazione alle funzioni.

Con queste premesse l’ingestione di alimenti di qualsiasi composizione degli acidi grassi presenti nei corrispondenti lipidi, può riguardare solo la facilità o meno della loro sensibilità all’ossidazione, che potrà verificarsi in qualunque sito corporeo ove si trovino. Naturalmente, sarà necessario che siano presenti nelle dieta sufficienti quantità di polinsaturi, w-3 e w-6, al fabbisogno corporeo. Tutte le quantità eccedenti devono essere considerate problematiche ai fini degli equilibri red-ox presenti nel nostro organismo.

Il Prof. Massimo Cocchi ed io, ma anche altri, sono anni che sosteniamo scorrette le bugie sugli acidi grassi saturi, che giustamente non vanno sottovalutati nelle quantità introdotte per una corretta alimentazione, così come le bugie sugli oli polinsaturi. Se è noto che di w-3 siano sufficienti le presenze negli oli da olive (0,7-1,0% dell’olio e polinsaturi da 8-21% del totale dei lipidi) con un normale consumo, allora sostituire questa fonte di condimento con oli che avrebbero acidi grassi polinsaturi dal 40 ad oltre il 70% (Tabella 1) è un rischio alimentare che non vale la pena di correre. Questo per evitare di introdurre eventuali sostanze ossidate o oli polinsaturi più facilmente ossidabili di quelli ricchi monoinsaturi (come quelli ricchi di acido oleico, vedi oli da olive) o quelli più saturi. Questo anche in considerazione della possibile presenza di acidi grassi ossidati nelle materie prime (semi) e nell’olio, oltre che nei procedimenti di conservazione e di indicazioni di shelf life dei prodotti alimentari che li hanno impiegati.

La produzione di sostanze grasse da semi ha avuto un forte sviluppo alcuni decenni dopo la rivoluzione industriale e, a causa della riduzione di costi di produzione, gli oli da semi sono diventati molto competitivi in commercio. In un articolo (“La rivincita dei grassi”) apparso su un recente numero di Panorama che prende spunto da un altro lavoro veramente scientifico, si può capire come da un apparente errore risalente al 1977 siano state fatte affermazioni molto negative su acidi grassi saturi e sul colesterolo. Dico apparente, perchè la mia convinzione è quella di affermazioni “necessarie” a spaventare tutti quei consumatori (statunitensi) che si alimentavano dalla mattina alla sera di prodotti di origine animale (con naturali conseguenze intuibili).

Le affermazioni del 1977 sono poi state prese per buone da tutto il resto del mondo che si occupava della salute e dell’alimentazione umana, come del resto è stato sempre fatto, senza considerare le differenze degli stili di vita dei vari paesi, spesso completamente differenti da quella statunitense. Su questo, poi, le aziende multinazionali e non, che producevano oli e alimenti di origine vegetale, hanno giocato un importante ruolo di cassa di risonanza, per meglio vendere prodotti come gli oli di semi.

Ora, il fatto che oggi si senta -timidamente- affermare che gli oli di semi fanno venire il cancro, è spiegabile ipoteticamente basandosi sull’instabilità all’ossidazione che hanno gli acidi grassi polinsaturi, di cui sono ricchi (Tabella 2). In letterature si trovano alcuni lavori che parlano di oli di mais (ma che valgono anche per quelli di soia, girasole, colza, ecc.) sui quali sono state fatte sperimentazioni scientifiche a riguardo (li ho ricevuti da un nostro Collega, qualche anno fa e forse oggi se ne troverebbero anche altri in internet).
Il valore commerciale degli oli di semi, credo reperibile sul Sole24 ore del venerdì, mostra che più sono insaturi gli oli meno siano valutati (ad esempio l’olio di soia è il meno caro pur essendo quello più ricco di w-3, tra i più diffusi in commercio!). Questo è dovuto alla loro instabilità all’ossidazione che rende più difficoltosa la loro conservazione e la vendita.

Ricordiamoci però che il consumo diretto o indiretto di sostanze grasse in Italia è costituito per circa la metà per oli da semi (e da frutti non oliva) e l’altra metà per oli da olive (quest’ultima fonte corrisponde alla quantità totale prodotta in Italia). Pertanto se da un momento all’altro tutti decidessimo di consumare solo oli da olive e non di altre fonti oleaginose, non sarebbe facilmente realizzabile in tempi brevi. Per cui abbattere le fonti di sostanze grasse non provenienti dalle olive, richiede una certa cautela.

In sostanza gli oli di semi non sarebbero problematici direttamente, più di tanti altri alimenti. La loro criticità sarebbe da attribuire alla maggiore probabilità di ossidare i loro acidi grassi polinsaturi una volta introdotti in quantità nel nostro organismo (non considerando gli eventuali prodotti di ossidazione già presenti nella loro composizione).

Per gli oli di sansa, in un recente passato era stato riscontrato una non banale presenza di idrocarburi policiclici aromatici (sigla IPA o PAH, in inglese), dovuta al sistema di essiccamento delle stesse prima del processo di estrazione con solventi (essiccamento condotto con il contatto diretto dei fumi di combustione di una parte delle sanse per riscaldare efficacemente quelle da disidratare prima dell’estrazione dell’olio). Credo che attualmente il problema non vi sia più, tuttavia questo rimane l’olio da olive meno pregiato che sia in commercio.

Concludendo, l’introduzione di esagerate quantità di polinsaturi è sempre da evitare, considerando quanto già detto. Addirittura, nel caso dei bambini, sarebbe meglio scegliere il contrario (Tabella 1).

Bibliografia essenziale
-Bockish, M. Fats and Oils Handbook, AOCS Press, Champaign, Illinois, USA, 1998.
-M. Cocchi, L. Tonello, G. Cappello, G. Tarozzi, L Nabacino, E. Pastorini, S. Bucciarelli, L. Solazzo, M. De Luca, G. Visci, G. Caramia (2008). Membrane platelet fatty acids: biochemical characterisation of the ischemic cardiovascular desease, characteristic of the paediatric age, through an artificial network interpretation., Pediatr. Med.Chir., 30(1), 25-30.
-Lercker G. Cocchi, M. (2010). Il grasso del latte: membrane, composizione e struttura. Progress in Nutrition, 12: 183-194.
-Sørensen A.D.M., Xu X., Zhang L., Kristensen J.B., Jacobsen C. (2010) Human Milk Fat Substitute from Butterfat: Production by Enzymatic Interesterification and Evaluation of Oxidative Stability. J. Am. Oil Chem. Soc., 87,185–194
-La Rivista Italiana delle Sostanze Grasse, Caratteristiche degli Oli e Grassi Vegetali., supplemento al numero 1-2, (2002).

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