Codice Oleario

Quel che non va nel panel test

I parametri chimico-fisici sono facilmente controllabili, perché riconducibili a protocolli standardizzati. Si può dire lo stesso per la valutazione organolettica degli oli di oliva vergini tramite panel test? C’è da riflettere su questo punto, senza pregiudizi. I panel ufficiali sono strutturalmente inadeguati al controllo di ingenti quantità d’olio. Intanto, una proposta: perché non rendere obbligatoria tale analisi sensoriale al frantoiano al momento della vendita dell’olio? Sarebbe da cambiare anche la classificazione merceologica

Olio Officina

Quel che non va nel panel test

Non è un testo scritto da Olio Officina Magazine. Ci è giunto in Redazione con il chiaro intento di renderlo pubblico e di mettere nero su bianco una serie di problematiche con altrettanti interrogativi che è giusto porsi, intorno alle valutazioni sensoriali degli oli da olive da parte dei panel. Sono tante le problematiche che non si ha purtroppo il coraggio di affrontare.

LE PROBLEMATICHE DELL’OLIO DI OLIVA E PANEL TEST

Il Regolamento (CEE) N. 2568/91 e s.m.i. riporta tutti i saggi, a cui deve esser sottoposto un campione di olio di oliva vergine, per essere classificato nell’ambito delle tre diverse categorie previste dal Regolamento.

I parametri analitici chimico-fisici sono facilmente controllabili in quanto riconducibili a protocolli standardizzati di lavoro, facenti riferimento a tecniche strumentali di laboratorio ove gli errori sono matematicamente calcolabili e ascrivibili in un range, detto incertezza analitica di misura, che può essere al più del 20%. Tutti i saggi sono poi ripetibili e riproducibili, come dettato dalle norme sulla validazione dei metodi.
In particolare i laboratori operanti in tali determinazioni, debbono gestire i Ring-test in conformità della norma EN ISO 17043.

Non avviene altrettanto con l’impiego della “Valutazione organolettica degli oli di oliva vergini Panel test” (si veda l’Allegato XII al Regolamento comunitario) in quanto tale metodo seppure riporti i dati di ripetibilità e riproducibilità, come previsto da Accredia, tuttavia determina un’incertezza analitica del 200%, e nonostante tale forte incertezza le competenti Autorità sanzionano ugualmente le aziende con costi che gravano sul settore e sul sistema Paese.

Gli oli di oliva vergini vengono prodotti nel mondo, a secondo delle annate olivicole, in quantità di ca. 3.000.000 TM.

Il maggiore paese produttore è la Spagna seguito, secondo la produzione oleicola dell’annata 2014/2015, da Tunisia e Grecia, quindi dall’Italia.

Tutti gli oli commercializzati in Italia e nel mondo vengono normalmente sottoposti all’accertamento dei dati chimici e chimico-fisici con i metodi di analisi previsti dal Regolamento comunitario n. 2568/91 e s.m.i., metodi di analisi previsti di dati di riproducibilità e ripetibilità, mentre la valutazione organolettica panel-test si connota per una forte soggettività.

I panel riconosciuti nel mondo sono 56. Premesso che nessuno vuole sottrarsi al saggio organolettico che peraltro esiste solo per gli oli di oliva vergini (non esiste ad esempio sul pane, sul pesce, sui salumi e sui prodotti alimentari in genere). Il gusto (se extra vergine o vergine), quindi, è definito per legge e non per il gradimento del consumatore. Una bella aberrazione della vita!

Ma volendolo applicare ed esser sicuri al 100% delle papille gustative degli assaggiatori facenti parte del Panel-test, occorre fare qualche calcolo.

La trasformazione primaria delle olive in olio è svolta nel frantoio. E’ il frantoio, sotto qualsiasi forma organizzato di impresa individuale, di società o di cooperativa, che immette l’olio di oliva vergine nel circuito commerciale.
Pertanto, una certificazione così soggettiva, come il Panel-test, deve obbligatoriamente essere effettuata dal frantoiano al momento della vendita della partita di olio di oliva vergine e tale certificazione deve essere applicata ed estesa con gli stessi metodi con cui avvengono oggi i controlli all’industria e al commercio.

Infatti, il Panel-test secondo il regolamento comunitario non deve essere applicato per controllare solo l’industria ed il commercio ma tutti i soggetti che partecipano alla filiera a partire dal primo produttore.

Ebbene, a parte il fatto che oggi i controlli sono mirati principalmente alle aziende commerciali, senza pensare che si potrebbero togliere dal mercato le incertezze se la certificazione e la conseguente classificazione fosse resa obbligatoria all’origine, vale la pena calcolare in cosa consisterebbe tale obbligatorietà.

Un panel è formato da 8/10 assaggiatori ed ogni sessione di panel non può effettuare più di 4 assaggi durante la riunione. Considerando che tali riunioni si svolgano periodicamente, pensiamo ad un periodo qualsiasi, per esempio una settimana, per una produzione mondiale di 3 milioni di TM occorrono circa 600.000 sessioni da 4 campioni ciascuna con un impiego di un esercito di assaggiatori (qualche milione).

Certo si andrebbe incontro anche ad una crescita raggiungendo l’obbiettivo di un pieno impiego nel settore, ma più seriamente la via percorribile non è l’attuale.

I panel ufficiali nel mondo sono, a tutt’oggi, 56, rappresentando una struttura chiaramente inadeguata a controllare una produzione di 3.000.000 TM.

Infatti, i panel test non possono esser deputati a controllare solo e soltanto i prodotti dell’industria e del commercio, in quanto tali settori produttivi acquistano partite di oli vergini di oliva prodotte dalla trasformazione primaria: il frantoio, che trasforma le olive in olio ed altri sottoprodotti.

Tali Aziende dovrebbero provvedere “obbligatoriamente” ad una certificazione tramite Panel-test “ufficiali” e fornire tale certificazione al compratore sia dell’industria che del commercio.
In tal modo tutto l’olio prodotto sarebbe certificato all’origine ed eventuali anomalie, se non certificate, potrebbero rappresentare una frode.

Peraltro, così facendo si attribuirebbe un corretto valore alle merci, che con la forma di commercializzazione attuale procurano un beneficio al solo produttore originario, in quanto i prezzi dell’olio vergine e dell’extra vergine si discostano di poco, mentre con la certificazione il prezzo dell’olio extra vergine di oliva assumerebbe un prezzo ben superiore a quello del vergine di oliva.

Se l’industria e il commercio dovessero, in via preventiva, analizzare tutti i propri acquisti, occorrerebbe una struttura pubblica oggi inesistente, con decine di migliaia di “Panel ufficiali”.

Nell’indicare ciò, si è tenuto conto anche dei tempi necessari all’acquisto ed alla velocità con cui si opera nel mercato degli oli vergini di oliva.

Quindi, una serie di complicazioni operative che non permettono un corretto svolgimento del processo produttivo e distributivo. Occorre, pertanto, trovare delle procedure adeguate che rendano effettivo il controllo della valutazione organolettica.

Una prima soluzione, potrebbe essere la determinazione dei difetti per via chimico-fisica (marker chimici) in tal modo le materie prime possono essere facilmente controllate in laboratorio agevolando così la promozione del prodotto e la sua distribuzione.

Esistono numerosi studi e lavori sperimentali:

1. Identification of olive oil sensory defects by multivariate analysis of mid infrared spectra (Eva Borràs , Montserrat Mestres , Laura Aceña , Olga Busto , Joan Ferré, Ricard Boqué,Angels Calvo ).panel test – MIR.pdf

2. 2.0 Toward a definition of blueprint of virgin olive oil by comprehensive two-dimensional gashromatography (Giorgia Purcaro,∗, Chiara Cordero,∗∗, Erica Liberto, Carlo Bicchi, Lanfranco S. Conte)JCA 2014 1334 101-111.pdf

3. Sistema Olfattivo Artificiale (SOA – naso elettronico) SOA.pps

4. Sostanze volatili: HS-SPME-GC-MS (Marzia Migliorini, Giacomo Gianni, Laboratorio Chimico Merceologico Azienda Speciale della CCIAA di Firenze) AROMA OLIO.pdf

Tali studi sono stati condotti da Organi ufficiali italiani e stranieri, che consentono di accertare i più comuni e principali difetti quali: Riscaldo, Muffa, Rancido, Avvinato, con strumentazione di laboratorio che risolverebbe rapidamente questo tipo di problema.

I laboratori aziendali opererebbero, in tal senso, in via preventiva evitando contraddizioni e malintesi.

Una secondo soluzione potrebbe essere rappresentata dal panel test effettuato in doppio cieco, in modo da non influenzare la soggettività del panelista e del capo panel.

Non ci possiamo altresì esimere dal considerare che l’ ”olio di oliva vergine” è comunque un olio organoletticamente difettoso e con l’attuale classificazione è introvabile sugli scaffali, ergo tutto l’olio di oliva vergine che si produce confluisce nell’olio extra vergine di oliva.

Sarebbe, quindi, opportuno cambiare l’attuale classificazione degli oli di oliva vergini con l’abolizione della categoria “olio di oliva vergine” e mantenere due sole categorie:

– “Olio extra vergine di oliva”, con caratteristiche organolettiche richieste attualmente dai Panel ufficiali e con caratteristiche chimiche e chimico-fisiche più restrittive delle attuali.

– “Olio di oliva lampante” destinato alla raffinazione. Così facendo verrebbero eliminati anche i piccoli difetti e soprattutto subirebbero una corretta pulizia dai pesticidi.

Infine il panel test dovrebbe essere circoscritto agli oli DOP e IGP e all’alta qualità, che sul mercato rappresentano delle nicchie di eccellenza, per poter raccontare al consumatore qualcosa in più sul prodotto.

Quanto proposto è sicuramente una posizione estrema che evidenzia l’onere di certificazione e controllo che la trasformazione primaria vorrebbe accollare all’industria e commercio e ad oggi ha accollato all’industria.

Su tale base quindi è possibile una trattativa fondata comunque su parametri anche restrittivi, ma facilmente verificabili in laboratorio.

Tale condizione è essenziale per la operativa delle aziende dell’industria e del commercio operanti nel settore dell’olio di oliva che debbono avere la certezza del loro lavoro con metodi chimico fisici, ripetibili e riproducibili.

La foto di apertura è di Lorenzo Cerretani

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