Olio Officina Festival

Io consumatore voglio sapere

Oggi - ha sostenuto Alfonso Pascale nel corso della sua relazione a Olio Officina Festival 2016 - dobbiamo avere sempre più imprenditori e produttori capaci di costruirsi il proprio mercato. I mercati si costruiscono con le relazioni. Dobbiamo costruire di nuovo una relazionalità su cui impostare un nuovo modo di darsi fiducia e soprattutto di dare nuovi contenuti ai nostri prodotti.

Olio Officina

Io consumatore voglio sapere

Cosa si è detto e ascoltato nell’ultima edizione, la quinta, di Olio Officina Food Festival? A Palazzo delle Stelline sono stati tre giorni, dal 21 al 23 gennaio 2016, ricchi di tanti utili spunti di riflessione.

Riportiamo, a beneficio dei lettori di Olio Officina Magazine, la trascrizione dell’intervento di Alfonso Pascale, a cura del Centro Studi TreeDream. Va opportunamente segnalato che la trascrizione conserva i toni della lingua parlata. Per quanti vogliano prendere visione del VIDEO è sufficiente cliccare QUI.

Il gusto rivolto al futuro
Sintesi dell’intervento di Alfonso Pascale

LUIGI CARICATO – La parola ora ad Alfonso Pascale, che è un ospite fisso qui ad Olio Officina Festival. Le sue riflessioni sono sempre molto importanti e io do’ sempre grande rilievo ai suoi testi e ai suoi interventi. Qui compare con “Il gusto rivolto al futuro”, che abbiamo pubblicato su Olio Officina Almanacco, una pubblicazione annuale che spazia su diversi argomenti.

ALFONSO PASCALE – Grazie, Luigi. (…) Che cosa è il gusto?
Il gusto è la capacità che noi abbiamo di assaporare un alimento e di distinguerlo utilizzando le nostre facoltà sensoriali, oppure, anche, utilizzando il piacere.
Cosa si può aggiungere a queste due modalità? A mio avviso si può aggiungere un gusto riflessivo, un gusto che è frutto di una riflessione, di una costruzione mentale critica, di una consapevolezza di ciò che – in base alle nostre intime convinzioni – è utile o non è utile all’uomo, allo sviluppo umano.
Oggi io vedo che questo andare verso un gusto riflessivo sta determinando qualcosa che guarda al passato in modo nostalgico, come se il passato possa in qualche modo tranquillizzarci.
Io credo invece che noi non abbiamo bisogno di guardare al passato in termini nostalgici; dobbiamo sì guardare al passato per avere piena coscienza di quelle che sono le nostre radici, le culture da cui deriviamo.
Ma, dobbiamo, invece, guardare con fiducia al futuro. Oggi c’è un ripensamento di concetti come quello di “progresso” e come quello di “limite”.

(…)

Da quando è stata inventata l’agricoltura, diecimila anni fa, nel giro di alcuni millenni è nata anche una scienza agronomica che si è sempre caratterizzata, fino agli anni 50-60 del secolo scorso, come un ambito del sapere tecnico scientifico che aveva come caratteristica fondamentale quella di confrontarsi in modo paritario con i saperi esperienziali e con quella che Carlo Cattaneo chiamava, nella prima metà dell’ottocento, la “sagacia pratica”. Carlo Cattaneo diceva: “il progresso è mosso dall’intelligenza e dalla volontà, ma l’intelligenza non è soltanto sapere scientifico, l’intelligenza è l’osmosi tra il sapere scientifico e la sagacia pratica, cioè i saperi esperienziali degli agricoltori, dei contadini, dei proprietari terrieri, del mondo rurale”.

(…)

Io consumatore voglio sapere, voglio essere consapevole delle motivazioni di fondo che spingono un produttore a fare quel prodotto e a farlo in quel modo.
E’ importante capire questo passaggio perché significa, per tanti produttori, mettersi nell’ottica di raccontare le proprie storie di vita come un elemento fondamentale per ricostituire la fiducia.
Io penso, per esempio ai prodotti dell’agricoltura sociale: questo è un ambito dell’agricoltura che sta fortemente evolvendo negli ultimi anni. Oggi noi abbiamo un’attenzione verso questi prodotti perché noi abbiamo un cittadino che dice: “io, acquistando questo prodotto, sto dando un impulso a sostenere un certo modo di fare agricoltura, contribuisco a sostenere quei progetti in cui i soggetti che producono un bene si assumono delle responsabilità, nei confronti della collettività, che vanno oltre la legge”.
Oggi noi dobbiamo avere sempre più imprenditori e produttori capaci di costruirsi il proprio mercato. I mercati si costruiscono con le relazioni. Perché una comunità locale di una regione italiana, o europea, o di un Paese del Mediterraneo, non debba interloquire e stabilire relazioni con una comunità cinese, o giapponese o dell’america latina, o africana?
Dobbiamo costruire di nuovo una relazionalità su cui impostare un nuovo modo di darsi fiducia e soprattutto di dare nuovi contenuti ai nostri prodotti.

Io consumatore voglio sapere, voglio essere consapevole delle motivazioni di fondo che spingono un produttore a fare quel prodotto e a farlo in quel modo… acquistando questo prodotto, sto dando un impulso a sostenere un certo modo di fare agricoltura, contribuisco a sostenere quei progetti in cui i soggetti che producono un bene si assumono delle responsabilità, nei confronti della collettività, che vanno oltre la legge”.

La foto di apertura riprende un particolare di un’opera di Eugenia Scaglioni, esposta in una mostra collettiva di Arte da Mangiare

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