Pur tentando di dominarle, il contadino è servo delle stagioni, ma non è servo di un altro uomo

Luigi Einaudi

“Il contadino, il quale cinge con una siepe il campo, vi edifica una casa per sé e vi fa crescere sopra frutta e viti ed olivi e fiori, forse non ha mai meditato sulla libertà, eppure istintivamente si sente libero. Pur tentando di dominarle, egli è servo delle stagioni, della pioggia, della siccità, della grandine ma non è servo di un altro uomo. Sa che, se i suoi prodotti sono belli e buoni, potrà sempre permutarli con le altre cose a lui bisognevoli vendendoli sul mercato a uomini, i quali rendono servigio a lui come egli lo rende ad essi.

Non so se il bisogno di libertà del contadino del mercante dell’artigiano dell’industriale del professionista dell’artista, il bisogno di vivere la propria vita nel modo che ognuno pensa essere più adatto a se stesso, entro i limiti in cui, servendo a sé, si serve anche degli altri, sia di specie diversa od inferiore in confronto al bisogno del pensatore di meditare liberamente, alla libertà del religioso di predicare il proprio verbo, alla libertà dell’uomo in genere di possedere la uguaglianza giuridica con ogni altro uomo, alla libertà di essere giudicati da magistrati indipendenti e di concorrere alla scelta dei capi destinati a governare gli affari comuni. Dico che tutte queste libertà sono l’una all’altra legate; e che in una società comunistica ‘coercitiva’ o in una società capitalistica ‘chiusa’ le libertà ordinarie non possono esistere, perché non è libero l’uomo il quale trema al cenno del superiore che gli può togliere il mezzo di procacciare pane a sé ed ai figli; e la suprema libertà, quella di pensare ed operare in conformità ai dettami della coscienza morale, diventa l’appannaggio di alcuni pochi eroi anacoreti”.

Luigi Einaudi

1937

Si ringrazia Alfonso Pascale per la segnalazione

Luigi Einaudi