Riportiamo integralmente l’editoriale del direttore, apparso sul numero 11 di OOF International Magazine.
In un dato momento, verso metà febbraio, pochi giorni dopo la conclusione della nona edizione di Olio Officina Festival, ma soprattutto con i primi giorni di marzo, mi sono subito reso conto che qualcosa stava cambiando profondamente. La nuda verità dei fatti ci ha poi messo davanti agli occhi il crollo di tutte le nostre certezze. L’ingresso in scena del Coronavirus ha comportato un ribaltamento della nostra vita personale e sociale. È stato tutto così inimmaginabile, improvviso, per molti versi imprevisto, drastico e drammatico, al punto da farci intravedere un futuro quanto mai incerto. Anche la speranza in alcuni momenti è venuta meno.
È stata una paura collettiva, che ha coinvolto tutti i continenti e tutti i popoli. Lo spavento è stato enorme, e, a parte la dolente nota delle vittime, l’istinto della sopravvivenza ha creato in noi le condizioni per resistere, senza consegnarci alla disperazione e alla disfatta. Non è stato facile. Non è ancora finita. Non sappiamo cosa succederà di noi. Nessuno, intanto, potrà mai dimenticare le tante sofferenze, i tanti morti, la grande disperazione sui volti della gente nel periodo più convulso.
L’ingresso in scena del virus ha cambiato radicalmente lo scenario. Lo cambierà anche in termini prospettici, lasciando le attività economiche in uno stato di una crisi terribile che ci trascineremo per anni. Di conseguenza, ora per tutti noi esiste un ante e un post Covid-19, anche se è prematuro parlare al momento di una fase successiva, non essendo certi che tutto sia finito, è fondamentale che tutto sia però pronto e predisposto per la ripartenza e la rinascita. Si tratta di programmare il futuro e di non consegnarci al domani con la mente rivolta al passato.
Tutto è stato travolto da quest’onda distruttiva. Noi per esempio eravamo già pronti per andare in stampa con il numero 11 di OOF International Magazine. Restavano solo da impaginare gli articoli, ma ci siamo fermati e rivisto completamente la struttura dei testi, perfino le stesse immagini. Il tema è rimasto tuttavia invariato: “L’olio democratico, l’olio elitario. Come dove e perché acquistarlo”. Solo che nel frattempo abbiamo rinunciato anche a una serie di testi già scritti perché divenuti anacronistici e fuori luogo. La stessa indagine sui criteri di acquisto e di consumo degli oli extra vergini di oliva nei nuovi mercati e in quelli tradizionali, non ha più alcun senso da proporre, anche perché di fatto tutto di qui in avanti cambierà.
Occorre reinventarsi. Siamo rimasti scioccati, è vero, ma forse è anche un bene questo ribaltamento della realtà. Un alimento così unico e speciale qual è l’olio extra vergine di oliva, pur avendo conquistato nuovi consumatori in nuovi Paesi, non era perfettamente in piena forma, soffriva di una lacerazione interna ed esterna, visibile e invisibile.
Leggete al riguardo il J’accuse dello scienziato Francesco Visioli, per capire in che condizione eravamo e cosa sia giusto oggi rivedere e fare. Sono convinto che il cambiamento che di qui in avanti ci riguarderà non sarà da leggere solo in chiave negativa. Vivremo anni di crisi, l’economia soffrirà, le condizioni di tutti cambieranno, salvo per i soliti che hanno spalle forti e continueranno a coltivare i propri egoismi, ma possiamo dire con certezza che siamo chiamati tutti, in relazione a un cambiamento così radicale, a ripensare quel che eravamo, a partire dai nostri stessi comportamenti individuali e relazionali.
Cambiare è doveroso e necessario. Forse è proprio questo dramma collettivo l’occasione giusta per iniziare un nuovo percorso. Un ribaltamento che se da un lato ha portato a una grande sofferenza, dall’altro ci può purificare e migliorare, aprendoci a una nuova dimensione.
Nel caso specifico dell’olio extra vergine di oliva, il mercato, soprattutto nelle aree di produzione del sud Europa, era piuttosto stanco e avvilito, per via di prezzi – sia del prodotto sfuso, sia del prodotto sullo scaffale – a dir poco deprimenti. Lo stesso consumatore non sempre riesce a comprendere il valore del prodotto in sé, e nemmeno sa distinguere la qualità alta da quella media o di livello base.
Per ragioni molto complesse – dovute in parte a speculazioni di pochi spregiudicati, in parte a una mancanza di una progettualità nel lungo periodo, in parte a non conoscenza del prodotto – si era perso nel corso degli ultimi anni il valore di una materia prima nobile e di alto profilo nutrizionale e salutistico, nonostante che in due millenni di estrazione dell’olio dalle olive non ci sia mai stata una fase storica così virtuosa sul fronte del conseguimento di una qualità alta, variegata e durevole. Nel nuovo contesto operativo del mercato, la grande distribuzione organizzata è al centro dell’attenzione in chiave ambivalente. Da un lato va attribuito ad essa il merito di aver reso popolare (ma, ancor meglio: democratico) il prodotto “olio da olive”, consentendo il suo utilizzo su vasta scala e a prezzi accessibili per tutti gli strati sociali. Dall’altro lato, le medesime catene distributive hanno di fatto depauperato, involgarito, spogliato l’olio extra vergine di oliva di tutto il suo valore intrinseco e iconico, con continue promozioni in sottocosto, rendendolo di fatto un “prodotto civetta”, buono solo per attrarre (e ingannare?) il consumatore.
La folle e disperata corsa alla promozione a discapito del prodotto è talmente stolta da farci venire il sospetto che i buyer della Gdo siano sostanzialmente incapaci di gestire le merci. Le politiche commerciali basate segnatamente sul prezzo si ritorcono contro le stesse insegne distributive, anche perché alla fine, a conti fatti, resta un’operazione fallimentare e suicida per tutti. Di conseguenza, si sta verificando una situazione paradossale: chi ha avuto il merito di diffondere il consumo di olio extra vergine di oliva negli ultimi tre decenni, un po’ per negligenza, un po’ per incultura, un po’ per arroganza, sta distruggendo quanto di buono era stato fatto in passato.
Eppure, la “democratizzazione” dell’olio è stata una conquista sociale molto importante. Renderlo disponibile a tutti è stata una operazione vantaggiosa per la stessa salute della collettività, essendo l’olio extra vergine di oliva un valido presidio di medicina preventiva. Occorre prendere dunque la palla al balzo a partire dal rovesciamento di prospettiva determinato da questa pandemia e rivedere i paradigmi del mercato per riscattare l’olio dalle maglie della mala gestione e dell’ignoranza.
In questo numero 11 di OOF International Magazine– che per noi segna un passaggio importante, perché si passa da una periodicità trimestrale a una semestrale – abbiamo voluto offrire nuove opzioni e inedite chiavi di lettura, con l’obiettivo (non facile, e per questo speriamo di esserci riusciti) di far gestire al meglio un prodotto che merita sempre più una maggiore competenza e professionalità da parte di tutti gli operatori coinvolti a vario titolo, senza pertanto trascurare gli stessi fruitori professionali del prodotto, chef e ristoratori, e, in particolare, senza dimenticare in nessun caso di prendersi sempre cura dei consumatori. Perché, ricordiamolo a noi stessi, tutto ciò che è negativo si può trasformare in elemento positivo.
È possibile richiedere copia cartacea del numero 11 di OOF International Magazine, così come gli altri dieci numeri finora pubblicati, scrivendo a posta@olioofficina.com, oppure, per chi desidera leggere la rivista nella versione digitale sfogliabile, è possibile acquistarla sulla piattaforma Issue: QUI
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