Saperi

Come un popolo nella cattedrale degli ulivi

Inaudito! Accade anche questo in Italia. Complici, e colpevoli, due strani soggetti: Flavio Lenardon e Giuseppe Stagnitto. C’erano pure le forze dell’ordine, all’ingresso nell’oliveto; e perfino un monsignore, con un nutrito gruppo di sacerdoti al seguito. Ma a fare cosa?

Olio Officina

Come un popolo nella cattedrale degli ulivi

Inaudito! Accade anche questo in Italia. Complici, e colpevoli, due strani soggetti: Flavio Lenardon e Giuseppe Stagnitto. C’erano pure le forze dell’ordine, all’ingresso nell’oliveto; e perfino un monsignore, con un nutrito gruppo di sacerdoti al seguito. Ma a fare cosa?

E’ accaduto questo.

La data: lo scorso 13 luglio 2013, a partire dalle ore 11.

Il luogo: in Liguria, nelle campagne dell’Imperiese, ed esattamente nel feudo di Borgomaro – a Ville San Sebastiano, nell’oliveto “I Ciasi” di Rino Pellegrino.

I soggetti coinvolti: alcuni folli individui – in fondo in fondo proprio delle brave persone, così sembra; e in più, con loro, il pubblico convenuto – chiamiamoli pure fedeli.

Gli organizzatori: gli aderenti al movimento culturale TreeDream – tutto regolare, non sono sovversivi, anche se le loro azioni sono proprio da considerarsi sovversive nel senso pieno del termine, ma tant’è.

Il video: cliccare QUI.

Trascrizione degli interventi: a cura di TreeDream

Come un Popolo nella Cattedrale di Ulivi

Personaggi in ordine di apparizione.

Giuseppe Stagnitto, ingegnere, docente Università di Pavia, portavoce di TreeDream

Giorgio Barbaria, storico,docente del Liceo Classico di Albenga

Luigi Caricato, scrittore, oleologo, direttore di Olio Officina

Rino Pellegrino, olivicoltore

Flavio Lenardon, fondatore di TreeDream

Giorgio Brancaleoni, vicario generale della Diocesi di Albenga- Imperia

Presentazione di GIUSEPPE STAGNITTO

Flavio Lenardon è un puro.

Il compito che si è assunto è semplicemente “titanico”.

Da solo non può farcela. Ha bisogno di un sostegno sovrannaturale.

Noi confessiamo oggi la nostra fragilità, e per questo abbiamo chiesto a voi,

Sacerdoti di Cristo,

di benedire la nostra speranza, di benedire questo nuovo giorno.

Buongiorno a tutti. Monsignor Giorgio Brancaleoni, buongiorno.

Il nome di questo nostro incontro, “Come un popolo nella cattedrale di ulivi”, si ispira ad un brano di Giovanni Boine, in cui il nostro sistema dei terrazzamenti è paragonato ad una cattedrale.

Questo brano ha suggerito a noi di TreeDream l’idea di una celebrazione all’aperto, negli oliveti sostenuti dai terrazzi – la cattedrale dei liguri montani, la nostra cattedrale! -, con affidamento a Dio del nostro progetto e richiesta di benedizione del nostro impegno.

Quale sia lo scopo di TreeDream è noto a tutti: la rinascita dell’olivicoltura d’alta quota.

Flavio Lenardon, fondatore di TreeDream, non è solo un audace sognatore ma anche uno straordinario uomo d’azione, con i piedi ben piantati per terra. Non è certo questo il momento di esporre il suo articolato progetto che porterà alla rinascita del nostro territorio: il nostro piano è stato infatti apertamente spiegato in vari interventi, anche in congressi nazionali.

Il Prof. Giorgio Barbaria, esperto di storia locale, una “colonna” del nostro movimento (che seguiva ancor prima della sua nascita ufficiale), ha preparato un discorso di ampio respiro dal titolo significativo, “Incontrarsi negli ulivi tra cielo e terra“, che spiegherà il significato di questa celebrazione. Anticiperà, con la sua parola, ciò che farà Flavio Lenardon che, come Giacobbe, verserà olio sulla pietra.

Parlerà poi lo scrittore Luigi Caricato che certo non ha bisogno di essere presentato. Luigi Caricato è considerato, pacificamente, il più importante promotore culturale dell’olio d’oliva italiano.

Il bene che fa alla nostra nazione è grande.

Rino Pellegrino, storico olivicoltore, farà una “pubblica confessione di fede”. Egli cioè dichiarerà pubblicamente la fede cristiana della nostra comunità, che è consapevole dell’importanza di questo momento decisivo per la propria rinascita. Sentiremo parole di fiducia, di certezza.

Flavio Lenardon ci ricorderà che “la nostra parola vale” e che ognuno di noi deve considerarsi un Re, un re giusto.

Vede, monsignor Brancaleoni, mi esprimo con semplicità e, se mi è permesso, con confidenza.

In questi giorni ho avuto necessità di ristudiare la “Lumen Gentium”, che anche se scritta cinquanta anni fa è più che mai attuale.

La più solenne enciclica del Concilio esorta i laici perché risanino le istituzioni e le condizioni del mondo.

E’ compito di noi laici costruire le condizioni perché la Chiesa possa in ogni luogo divenire il “sale della terra”.

Questo, semplicemente questo, è ciò che sta facendo, in questo angolo della Terra, TreeDream.

Flavio Lenardon è un puro.

Il compito che si è assunto è semplicemente “titanico”.

Da solo non può farcela. Ha bisogno di un sostegno sovrannaturale.

Noi confessiamo oggi la nostra fragilità, e per questo abbiamo chiesto a voi, Sacerdoti di Cristo, di benedire la nostra speranza, di benedire questo nuovo giorno.

L’intervento di GIORGIO BARBARIA

E’ un vero e proprio saggio, e merita di essere letto a parte, cliccando QUI.

Se riuscite, fatene tesoro, parlatene in giro, perché contiene una ricchezza di saperi, ma esprime anche un senso di grande e profonda spiritualità.

Discorso di LUIGI CARICATO

Buongiorno a tutti. Monsignor Giorgio Brancaleoni, buongiorno.

Sono felice di essere qui perché dare testimonianza è molto importante.

Infatti, quanto hanno fatto Flavio Lenardon, Rino Pellegrino, Giuseppe Stagnitto, e tutto il gruppo di TreeDream è, per me, molto importante.

Io, che ho scritto tanto sull’olivo e sull’olio, ho l’onore di aver avuto una postfazione – al mio libro, uscito nel 2001, intitolato “L’incanto dell’olio italiano” – scritta da Mons. Salvatore De Giorgi, Cardinale e Vescovo emerito di Palermo. Quella postfazione del Cardinale De Giorgi rendeva conto di quanto abbia di sacro l’olivo, e quindi l’olio che ne deriva.

Sempre lo stesso libro, fortunatissimo, ebbe la prefazione di Giuseppe Pontiggia, uno scrittore laico che però si confrontava con i grandi temi della fede.

Pontiggia ha sempre creduto nei valori trasmessi dai libri sacri.

Il fatto di credere o non credere è sempre un passaggio molto complesso e la complessità è magari maggiore quanto più si è intellettuali.

Però aveva questo animo sensibile. Parlando con lui, vedevo che, quando si toccavano gli elementi della sacralità, si sentiva particolarmente colpito.

Io gli fornivo sempre nuovi elementi e spunti per riflettere, e questo nonostante la casa di Pontiggia fosse tappezzata di oltre cinquantamila volumi, non mancando certamente materia per attingere a fonti scritte e a documenti. A lui interessava moltissimo ascoltare e attingere dall’esperienza diretta. Così, insieme compivamo un percorso di ricerca nei secoli, là dove l’olivo e l’olio hanno assunto un carattere di centralità – sia nell’ambito del mito, sia sul fronte delle tre grandi religioni del Libro: Ebraismo, Cristianesimo, Islam – a partire dal determinante passaggio da oleastro, pianta selvatica, a olivo, pianta addomesticata.

Sono gli stessi temi che ha affrontato e che abbiamo oggi ascoltato dal professor Barbaria.

Barbaria in particolare ha letto un brano di Giovanni Boine, uno scrittore che io amo moltissimo, e che ho apprezzato sin da quando ero studente all’Università Cattolica di Milano, dove c’è una biblioteca ricca di volumi altrove introvabili. Lì uno dei miei primi “incontri” è stato proprio con Giovanni Boine, avendo coltivato da sempre la poesia, che è parte di me, della mia formazione. Giovanni Boine ha visto proprio bene la realtà in tutta la sua evidenza, avendo considerato l’oliveto simile a una cattedrale. E’ proprio così.

Le mie letture fanno emergere tanti elementi di sacaralità presenti nell’olivo e nell’olio. Sono tra l’altro un grande lettore di Simone Weil: una pensatrice che vedeva nel sacerdote una figura molto importante e centrale, come sanno tutti quelli che capiscono cosa sia e cosa significhi il sacerdozio.

Non è un caso che nella realtà siamo tutti “sacerdoti”, una volta battezzati. Anche se vi è comunque chi è più sacerdote di altri, pur non indossando l’abito talare: Rino Pellegrino e i suoi compagni olivicoltori sono per esempio tra i sacerdoti speciali.

Per Simone Weil i contadini erano sacerdoti proprio perché celebravano anche loro, ogni giorno, una santa messa. I contadini di tutte le epoche celebrano il proprio sacrificio quotidiano tra gli olivi. Proprio così: sacrificio; anche perché è una grande fatica coltivare gli olivi.

Lo penso ogni volta che vengo in Liguria, specie dopo aver letto un libro molto bello di Laura Marvaldi, dove ha raccontato la storia dell’olivicoltura ligure attraverso la storia di una famiglia, la propria.

Rileviamo, dal confronto con altre aree di coltivazione, come qui sia veramente difficile la coltivazione, soprattutto in quegli oliveti in cui le pendenze sono notevoli e in alcuni casi estreme.

E’ veramente un grande sacrificio. Ed è proprio questo sacrificio, come diceva Simone Weil, che il contadino vive e offre nel corso del suo lavoro quotidiano.

Il sangue e il corpo di Cristo, il pane e il vino, il grano e l’uva sono il frutto del lavoro del contadino. Questo incarnare la figura del sacerdote è un’idea che a me è sempre piaciuta. Ecco perché ho apprezzato molto l’idea di TreeDream, una idea che io ho poi fortemente sostenuto. Sono iniziative che vanno infatti sostenute. Anche un semplice appoggio psicologico può essere utile, in quanto non sempre le idee migliori trovano l’approvazione da parte di una società che sta perdendo in continuazione i propri valori di riferimento.

L’idea di testimoniare, e quindi di “lasciare un segno”, la ritengo fondamentale. E’ un punto fermo.

Su questa nostra celebrazione, proprio nella cattedrale degli ulivi in cui ci troviamo, io scriverò diversi articoli per le varie riviste per le quali collaboro, anche perché secondo me è centrale questo insistere sul ritorno alle origini proprio attraverso i segni della fede.

Questa adesione può valere anche per chi ha una fede molto debole, o per chi la fede non ce l’ha affatto, anche perché questo elemento di sacralità va percepito ed è sicuramente presente. Io la sperimento anche quando leggo i testi sugli olivi, sia essi testi lirici o brani in prosa.

Proprio l’altro giorno ero sul Garda, dai Turri, dove ho ideato una Camminata d’Arte tra gli Olivi, con opere d’arte esposte tra gli ulivi.

La pianta di olivo è un’opera, di per sé, della natura. Negli oliveti ci sono tante forme che esprimono un’identità forte, con a volte sembianze umane. Posso dire che da queste esperienze sia emersa una autentica ricerca interiore proprio a partire dalla natura.

Io credo dunque che il movimento di opinione TreeDream, le cui inziiative più volte ho recensito nei miei articoli, abbia fatto bene a perseguire l’idea di valorizzare l’elemento sacrale intrinsecamente presente nell’olivo.

TreeDream sta anche portando avanti un altro aspetto, che non è affatto da sottovalutare, e che parte da un’espressione che ritengo alquanto felice: l’essere, il sentirsi, un movimento a responsabilità politica, proprio allo scopo di recuperare quel senso della “polis” che noi abbiamo perduto e che abbiamo imprudentemente svilito.

Tutto ciò è racchiuso nella parole che abbiamo ascoltato, nel saggio del professor Barbaria.

Io ho avuto non solo il piacere di leggere in anteprima il discorso che oggi abbiamo ascoltato dalla viva voce di Barbaria, ma anche il piacere di leggere in anteprima un suo libro che sarà pubblicato a breve, sul rapporto tra l’olio e la letteratura.

Sono molto contento di questo momento che stiamo vivendo oggi, per me molto importante, di introspezione, anche perché tutto ciò dà senso anche a quanto vado continuamente scrivendo. Senza un senso comunitario di partecipazione e condivisione, la scrittura resta solo parola riportata su carta. Ogni nostro pensiero deve necessariamente poggiare nel concreto della realtà.

Chi entra in un oliveto, secondo me, recupera la fede, anche perché è come se entrasse in una cattedrale elevando un inno a Dio. Noi siamo in una cattedrale – qui, tra gli olivi – e la benedizione mi sembra più che giusta.

Anzi, la desideravo da tempo. Grazie dunque a TreeDream, a Lenardon, a Stagnitto e a Pellegrino per questa iniziativa. Grazie in particolare a monsignor Giorgio Brancaleoni per aver presieduto.

Io sono figlio di olivicoltori. Così, a un certo punto della mia vita mi sono detto: perché mio padre si alza alle quattro e mezzo del mattino? Purtroppo non sempre c’è la giusta renumerazione per il proprio, duro, lavoro: si lavora tanto, e il prezzo dell’olio non giustifica l’impegno e il grande sacrificio.

Ero ragazzino, e questo mio pensiero lo vivevo come un senso di grande ingiustizia.

Ed è qui che è subentrato il grande scrittore Giuseppe Pontiggia, quando mi ha detto: “Bene, allora tu hai questo compit: testimoniare”.

E io ho testimoniato. L’ho fatto anche tramite un romanzo intitolato “L’olio della conversione”, nel quale racconto la vita di san Giuseppe da Copertino (tra l’altro mi sono laureato con una tesi di laurea sul santo).

Giuseppe Da Copertino era afflitto da una malattia che lo ha devastato per sei lunghi anni, ma poi è stato miracolosamente guarito ricorrendo all’unzione con l’olio. Proprio a partire da questo gesto miracoloso ho tratto una biografia in forma narrativa del santo, in cui emerge la forte valenza sacrale sia dell’olio sia dell’olivo.

Mi fermo qui, perché potrei proseguire senza sosta…

Discorso di RINO PELLEGRINO. Pubblica confessione di fede

Queste terrazze sono un dono di Cristo e una preghiera a Dio.

(…)

In questo ultimo periodo della nostra storia

siamo stati contaminati da idee estranee al nostro modo di pensare,

estranee alla nostra cultura di conservazione del territorio,

idee che ci sono state imposte.

Anche noi siamo diventati selvaggi

come le nostre terre sono diventate selvatiche.

Confessiamo oggi che questa è una nostra colpa.

(…)

Siamo consapevoli delle difficoltà che incontreremo.

Uniti nel nostro movimento culturale, siamo anche certi di superarle.

(…)

La nostra debolezza oggi si sposa con la forza di Dio!

Mille anni fa ebbe inizio quell’opera di trasformazione del territorio di cui ancor oggi ammiriamo la grandiosità e la bellezza.

Non possiamo sottrarci dal pensare all’immensa fatica cui si assoggettarono i nostri avi che con caparbietà ed ostinazione hanno costruito e ci hanno lasciato i terrazzamenti liguri.

Noi confessiamo oggi che solo per la loro fede cristiana i nostri padri si sono impegnati in uno sforzo millenario perché sulle colline scoscese ed impervie potessero crescere questi ulivi.

Possiamo affermare che queste terrazze sono un dono di Cristo e una preghiera a Dio.

In questo ultimo periodo della nostra storia siamo stati contaminati da idee estranee al nostro modo di pensare, estranee alla nostra cultura di conservazione del territorio, idee che ci sono state imposte.

Anche noi siamo diventati selvaggi come le nostre terre sono diventate selvatiche. Confessiamo oggi che questa è una nostra colpa.

Confessiamo oggi che per l’amore misericordioso di Dio abbiamo ereditato questi ulivi, dai quali non possiamo separarci.

Siamo certi di onorare i nostri avi con una rinascita. Vogliamo rivedere e lasciare ad altri quel giardino che era il nostro territorio.

Oggi per me, per noi, per tutti voi è un grande evento!

Siamo consapevoli delle difficoltà che incontreremo. Uniti nel nostro movimento culturale, siamo anche certi di superarle.

Chiediamo a Dio e a Lei, Monsignor Brancaleoni, di benedire le nostre speranze e quello che sarà il nostro lavoro.

La nostra debolezza oggi si sposa con la forza di Dio!

Discorso di FLAVIO LENARDON

Siamo qui per ricordare, soprattutto a noi stessi, che Noi Siamo!

Che la nostra parola vale, anche se c’è il tentativo di accantonarci e dimenticarci togliendo il nome al nostro lavoro.

La nostra parola vale, e la facciamo sentire come il nostro passo, che da secoli incede su queste montagne, come l’olio che verso ora su questa pietra presa da un muretto a secco di questa cattedrale che ci circonda,

tutta frutto del lavoro degli uomini di questa umanità, per la quale chiedo al nostro Monsignor Brancaleoni la benedizione.

Chiedo a Monsignor Brancaleoni di benedire Noi popolo degli ulivi,

questa chiesa qui raccolta e il TreeDream simbolo del nostro movimento culturale, con i suoi intenti di far risorgere il sentimento di attaccamento

a queste meravigliose terre, costruendo un mondo nuovo, un sistema nuovo, che ponga al suo centro l’uomo anziché il sistema economico che, pur necessario in quest’epoca, sta sostituendo le nostre coscienze con l’aridità propria del materialismo.

Noi di TreeDream, noi popolo degli ulivi, sappiamo accogliere con gioia, sappiamo cosa sono felicità, sogno, futuro, benessere, autonomia e responsabilità. Sa, ognuno di noi, essere Re a casa propria,

Re giusto che ascolta e si offre alla natura.

Ognuno di noi sa che, risvegliando la coscienza di molti, tutto ciò in cui crediamo diventa realizzabile,soprattutto quando i nostri sogni e desideri

sono in accordo con Dio e con la natura.

Questo, degli insegnamenti dei nostri avi, non va dimenticato.

L’urgenza che ci accomuna è quella di non perdere ulteriore tempo e dunque passare ai giovani il testimone di questa passione che ci tiene qui uniti con il desiderio di continuare, migliorandolo, il lavoro che da sempre sappiamo e vogliamo fare.

Discorso di monsignor GIORGIO BRANCALEONI

Pensavo – mentre ascoltavo i vari interventi, ed anche adesso, mentre vedevo il gesto che è stato appena fatto [Flavio Lenardon ha versato dell’olio su una pietra] – che, se qualcuno fosse capitato all’improvviso in questo oliveto, avrebbe potuto fare parecchie ipotesi sui presenti: la prima, magari, di un gruppo di “pazzi”, di qualche nuova setta che si rifà a riti arcani e astratti.

Invece non c’è stato nulla di tutto questo, anzi, è stato più volte sottolineato che si voleva simboleggiare il congiungimento tra la terra e il cielo, cioè l’espressione di quello che è l’uomo, nella sua natura e nel suo valore, così come l’ha voluto Dio; l’uomo che continua l’opera creatrice di Dio, promuove ciò che Dio ha già fatto, lo valorizza, soprattutto ne “conosce” il valore.

Quest’attività passa attraverso il dono della fede (e anche questo è stato più volte oggi detto), perché difficilmente senza la fede si può sostenere una grande fatica, si può sostenere una passione che porti veramente un grande frutto.

Infatti, quello che stiamo compiendo non è né un rito panteista e neppure qualcosa di accademico o retorico, quasi una forma di teatro all’aperto.

Le parole che sono state usate, “testimonianza” e “confessione”, sono quelle giuste, sono quelle per ridire che Dio ha voluto l’uomo e tutto quello che fa parte della sua vita compresi gli olivi: sarei curioso di vedere chi è che trova lo scopritore dell’olivo, l’inventore dell’olivo: anche i Greci consideravano l’olio come il dono di una dea (anche se noi non abbiamo bisogno di tanti dei, ma ne riconosciamo uno solo).

L’uomo ha bisogno di Dio. Basterebbe ricordare quello che Gesù ha detto: «senza di me non potete far nulla».

Queste pietre, impastate a volte di terra, a volte di calce, a volte purtroppo anche di cemento, sono state impastate soprattutto della tenacia, della fede e della passione degli uomini.

Certamente Dio non ha mai abbandonato questa opera, gli uomini qualche volta sì. Si sono stancati quando è venuta meno la fede nella Sua presenza.

Allora quello che facciamo oggi è semplicemente un riconsacrare a Dio quello che già Gli appartiene, per avere da Lui il dono della grazia e della fortezza.

Nel rito del battesimo ci sono due unzioni: la prima è quella fatta con l’olio dei catecumeni, simbolo che ricorda che il candidato al battesimo, una volta diventato figlio di Dio, dovrà lottare contro il peccato e contro il male. Ma da solo non ce la farebbe. Quell’olio è il segno della forza che gli dà Dio.

E’ una simbologia legata a realtà distanti da noi.

I catecumeni erano persone adulte che ricevevano il battesimo. Allora lo sport più seguito non era, come oggi, il calcio, ma era la lotta greco-romana: i lottatori sia per scaldarsi i muscoli sia per sottrarsi alla presa dell’altro, si ungevano il corpo. Così il cristiano, nella sua lotta contro il male, ha bisogno di questa prima unzione.

Nel battesimo vi è però la seconda unzione, quella con l’olio misto a profumo, cioè con il “crisma”: è questa unzione che dice al cristiano: “tu sei reso perfettamente somigliante a Cristo che è Sacerdote, Re e Profeta”.

È infatti vero quello che è stato detto prima, cioè che attraverso il battesimo siamo partecipi di un Sacerdozio comune che si esercita con l’offerta della preghiera e della propria vita, del proprio lavoro, della propria fatica e anche della propria gioia.

Così possiamo essere dei Re in mezzo a quello che ci è stato dato, di cui possiamo disporre.

Come ogni buon Re dovrebbe sapere, per non vedersi sgretolare il proprio regno sotto le mani, deve coltivare, deve darsi da fare, altrimenti non cresce nulla.

La Profezia credo si attui in modo particolare per quello che avete intrapreso e volete portare avanti.

Il profeta è quello che parla in nome di Dio, che annuncia cose che verranno, ma che indica anche i guai che ci sono nel mondo. Per questo i profeti non hanno mai avuto una buona sorte.

Per voi invece l’augurio è che la vostra profezia, la vostra testimonianza, il vostro impegno recuperi molto di quello che si è perduto.

Sono contento di aver visto questo segno dell’olio sulla pietra.

Quando vado ad amministrare la Cresima, al momento dell’unzione della fronte con l’olio, spiego sempre ai cresimandi che il segno che stanno per ricevere ha questo significato: se prendiamo dell’olio e lo facciamo cadere sulla pietra esso si spande.

Così il dono dello Spirito Santo, della consacrazione che Dio dà, riveste tutto l’uomo, tutto quello che fa, proprio come l’olio si spande sulla pietra.

Tutte queste cose credo ci riconfermino in quello che abbiamo detto, che abbiamo ascoltato ma che, soprattutto, è nel cuore.

Se mi permettete, voglio raccontarvi un ricordo di quando ero bambino, per dire come si possa imparare quanto è importante l’olio anche da cose molto semplici.

Io ho un fratello più grande di me di cinque anni. Mentre un giorno eravamo in casa, giocando con un attrezzo forse troppo a nostra portata di mano, mio fratello ruppe una piccola damigiana d’olio.

L’olio si sparse sul pavimento ed io, molto piccolo, ho visto questa cosa bella, mi ci sono seduto dentro e ho cominciato a sbatterci le mani.

Ricordo ancora la disperazione di mia nonna non tanto perché mi ero unto (forse era già un presagio della mia futura vocazione) ma perché quell’olio era, ed è, una cosa preziosissima. Non era neanche la disperazione perché si doveva comprare dell’altro olio, ma proprio la sofferenza per la perdita di quello che l’olio è, per quello che l’olio rappresenta.

L’olio è, insieme al pane e al vino, l’altra realtà naturale della nostra vita. Il Signore non poteva scegliere altri elementi.

Invochiamo la benedizione del Signore su quello che Lui ha fatto, su quello che noi vogliamo fare.

Daremo la benedizione in due momenti: oltre a me benedirà anche don Italo Arrigoni, Assistente Ecclesiastico della Coldiretti, un sacerdote che quindi ha un motivo in più per starvi vicino e per pregare.

Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo. Amen.

Dice il Signore Gesù: «Il Regno dei Cieli è simile a dieci vergini che prese le loro lampade uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stole e cinque sagge. Le stolte presero le lampade ma non presero con sé l’olio. Le sagge, invece, insieme alle lampade presero anche dell’olio in piccoli vasi».

Rivolgiamo al Signore la nostra preghiera con le parole che ci ha insegnato Gesù. E’ la preghiera perfetta che ci insegna a chiedere: «dacci oggi il nostro pane quotidiano», cioè tutto quello che serve alla vita dell’uomo e quindi anche il dono dell’olio, come frutto di una fatica, di una passione, di un sacrificio.

Gli chiediamo tutto quello che è necessario perché la nostra vita di consacrati a Dio, quello che è proprio dell’uomo, diventi una realtà giorno per giorno.

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome

Venga il tuo regno sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano.

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.

Non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male.

Sii benedetto Dio nostro Padre, Creatore del Cielo e della Terra

Nel frutto dell’ulivo tu ci hai dato un segno della tua provvidenza e un messaggio di pace e di amore.

Stendi la Tua mano su di noi, sugli oliveti e sull’olio.

Ravviva nei nostri cuori la luce della fede e il fuoco del Tuo amore.

Perché possiamo riconoscere Cristo Tuo figlio presente nel sacramento dell’Eucarestia, nella Chiesa e nel più piccolo dei fratelli.

Per Cristo nostro Signore. Amen.

Grazie perché ci avete fatto partecipare ad una cosa importante.

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