Mentre scrivo da Meknes, mi chiedo dove siamo finiti noi italiani. Ho partecipato alla prima giornata della tre giorni di lavori della settima edizione delle Giornate mediterranee dell’olivo in Marocco, e sono a chiedermi dove sia finita la celeberrima scuola olearia italiana, quella che un tempo si imponeva all’attenzione generale ovunque nel mondo. Trovare la Spagna onnipresente, mi fa pensare che l’Italia abbia fatto volontariamente uno o più passi indietro, e non è certo per mancanza di professionalità, ma per l’assenza di un sistema paese.
Nel corso dei lavori, sempre molto interessanti, balza in evidenza il ruolo centrale che l’università di Jaen svolge in Marocco; poi, via via che le relazioni si infittivano, ho notato che anche i resoconti di altri Paesi ospiti della manifestazione avevano la costante presenza della Spagna. In sostanza, ovunque si abbia a che fare con l’olivo e l’olio, non c’è il nostro Paese, ma la Spagna.
Noi non siamo del tutto assenti, per fortuna, ma, diciamo pure, con tutta onestà, che siamo, o comprimari, quando ci va bene, o testimoni di una massiccia presenza altrui, in cui la nostra parte quando c’è è marginale.
Non so se rendo l’idea. Quando sostengo che manca il sistema paese, forse non ci rendiamo nemmeno conto di cosa possa significare essere uniti e coesi e realizzare progetti comuni esportando la nostra identità e le nostre conoscenze.
Ebbene, oggi questariflessione ad alta voce ha per me il sapore dell’amarezza, ma non vuole essere una semplice constatazione e una presa d’atto. Vuole semmai essere uno sprone a riprendere il nostro ruolo internazionale che abbiamo ceduto forse per pigrizia, forse per stanchezza, forse per inettitudine, ma che – credetemi – non è bene prosegua all’infinito.
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