È solo una proposta, ma con ogni probabilità è l’unica soluzione possibile per costringere la Gdo a seguire regole ferree nell’atto di conservare gli oli extra vergini di oliva nei propri magazzini, collocandoli in spazi adeguati, a temperature idonee alla corretta conservazione e senza che altri fattori di rischio possano pregiudicare la qualità originaria degli oli da porre in commercio.
Non se ne parla pubblicamente, ma i casi di anomalie sul prodotto mal conservato sono frequenti, e finora a pagare le conseguenze sono le aziende olearie, poco tutelate e sicuramente parte debole rispetto alla Gdo. Non sono purtroppo pochi i casi di extra vergini sequestrati dagli organismi di controllo perché non corrispondenti alla qualità merceologica riportata in etichetta.
A un attento esame, verificando il lotto di produzione, si scopre che solo nei magazzini in cui è stato mal conservato l’olio si presentano anomalie, non invece su altri campioni prelevati da altre catene commerciali o sulle confezioni del medesimo lotto presenti nella sede dell’azienda confezionatrice. Il che, è evidente, è la prova che il cattivo stato di conservazione pone seri rischi che vanno affrontati su piano giuridico a tutela del produttore/confezionatore, del prodotto stesso e del consumatore.
Tutto tace, al momento, su una questione che si ripresenta di anno in anno senza che nessuno tuttavia si preoccupi di risolverla in maniera definitiva, imponendo alle imprese distributive di conservare correttamente gli oli, oltre che presentarli bene al pubblico, sugli scaffali, in maniera altrettanto decorosa, senza che luce e temperatura danneggino il prodotto.
L’olio, si sa, è materia fragile e va pertanto protetto, ma tale sensibilità, e professionalità, manca di fatto a molte insegne commerciali, troppo imprudenti come sono, piuttosto sfacciate e senza dubbio poco serie al riguardo, senza mai ammettere le proprie falle nel sistema, forti come sono della loro intoccabilità, anche di fronte agli stessi organismi di controllo che tendono a trascurare le responsabilità dell’intera filiera.
La giurisprudenza tuttavia viene in soccorso. Per esempio, gioca favore delle aziende olearie che hanno subito un deperimento del prodottola sentenza n. 39037 della sezione penale della Corte di cassazione, depositata il 28 agosto 2018, dove si riconosce l’illecito penale quando, nel caso specifico di tale sentenza, l’acqua è stata conservata male. Lo stesso, è evidente vale per l’olio extra vergine di oliva, dal momento che la negligenza della Gdo, anche di insegne molto note a grande pubblico, trascurano di conservare correttamente gli oli.
Alcuni mesi fa pubblicammo una foto eclatante, con bancali contenenti bottiglie, lasciati d’estate sotto il sole cocente, in un’area scoperta, per molto tempo accatastati all’aperto.
I casi di cattiva conservazione sono purtroppo veramente tanti e frequenti, e riguarderebbero molti alimenti, alcuni dei quali molto “fragili” e a rischio. Finora c’è stato un silenzio generale al riguardo, anche da parte delle Istituzioni, inclini come sono a gridare allo scandalo, con leggerezza e superficialità, ma poco sensibili nell’andare a fondo alle cause che determinano anomalie sui prodotti.
L’ipotesi di considerare illecito penale la cattiva conservazione degli oli sarebbe un buon punto di partenza per costringere le catene commerciali a osservare e seguire con la massima serietà le più elementari regole a protezione delle materie prime alimentari. Ciò che stupisce, in tutto ciò, è la latitanza delle Istituzioni. Si spera pertanto che questa sentenza della Cassazione smuova un po’ le coscienze e si cambi il prima possibile rotta.
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui
Commenta la notizia
Devi essere connesso per inviare un commento.