Olivo Matto

L’amore degli italiani per gli oli di oliva? E’ tutto ancora da provare

Luigi Caricato

L’amore degli italiani per gli oli di oliva? E’ tutto ancora da provare

Non illudiamoci. Una seria conoscenza dell’olio extra vergine di oliva, checché se ne dica, è ancora di là da venire. Gi italiani non hanno ancora acquisito una solida cultura dell’olio. Lo consumano, anche in grandi quantità, ma ne ignorano l’identità. E soprattutto ne ignorano il giusto approccio, le applicazioni d’uso. Già, sono proprio molto ignoranti in materia. A provarlo una indagine demoscopica Astra di qualche anno fa. Ma, secondo voi, qualcosa è cambiato? Per onor della cronaca, l’indagine era stata commissionata dall’Osservatorio Bertoli-il gusto del benessere. E’ stata una fotografia implacabile del triste stato della realtà.

Dal documento di Astra Ricerche risulta che “la maggioranza del Paese sia poco informata e/o piena di convinzioni errate, col risultato di non poter godere appieno di questi prodotti e di non ricavarne altresì tutti i benefici per la buona alimentazione”.

L’indagine demoscopica è stata condotta nel giugno 2006 tramite 1.004 interviste telefoniche somministrate col metodo Cati (Computer Aided Telephone Interviewing) a un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 15 anni in su (esclusi i non residenti e i membri delle convivenze: carceri, ospedali, caserme, conventi, ospizi, ecc.), pari a un universo di 49.7 milioni di persone.

A scanso di equivoci, gli italiani conoscono assai bene l’esistenza degli oli per uso alimentare, tant’è che tra tutti gli oli l’extra vergine negli utilizzi degli oli in casa, stravince. Lo usa per condire oltre l’84% del campione esaminato. Il 13% ricorre invece all’olio di oliva non extra-vergine. Anche in cucina, per la cottura degli alimenti, l’extra vergine rimane la soluzione preferita, ma a preferirlo è solo il 60% del campion, mentre l’olio di oliva non extra-vergine di oliva lo utilizza il 14% del campione.

La notizia meno confortante riguarda le fritture, pratica culinaria in cui a dominare sono gli oli di semi (in quasi il 59% dei casi), mentre l’olio extra vergine di oliva arriva solo al 32%, e il non extra vergine di oliva supera di poco il 10%.

Nell’ambito delle fritture, si consuma ancora una dura battaglia. Scalfire certe antiche ed errate convinzioni non è facile: se è vero che il 58% del campione sul quale si è indagato sa che gli oli di oliva siano migliori rispetto agli oli di semi, giacché gli oli di oliva resistono di più alle alte temperature, è anche vero nel contempo che presso il 44% degli italiani è tuttora diffusa l’errata convinzione che gli oli di semi siano più adatti per friggere, in quanto più leggeri e digeribili (il 21% per essere più precisi non ha idee in merito, o comunque non percepisce differenze davvero significative).

Purtroppo le convinzioni errate in materia di olio sono piuttosto frequenti. Le maggiori delusioni si registrano soprattutto intorno alle modalità di produzione dei diversi oli d’oliva. Resistono certe idee distorte e in alcuni casi stravaganti: il credere per esempio che l’extra vergine sia migliore solo se è di prima spremitura a freddo. A crederlo è il 60%, pensando che il riferimento alla prima spremitura sia la garanzia di una qualità superiore, ignorando così che tutti gli oli extra vergine di oliva in realtà sono il frutto di prima spremitura. Non esiste, tanto per intenderci, una seconda o terza spremitura. Sono solo fantasie.

Il quadro emerso non è così edificante: il 67% del campione suppone che un olio che pizzichi in gola abbia un’acidità più elevata; il 38% è convinto invece che il gusto amaro di un olio extra vergine di oliva sia un difetto, segno di cattiva qualità. Mentre addirittura il 36% preferisce l’olio leggermente torbido, ipotizzando che sia di migliore qualità. Ah, quante libere e assurde fantasie!

E infine, per concludere, ecco un’altra impietosa percentuale: il 7% degli italiani – secondo l’indagine Astra Ricerche – non sa nulla, ma proprio nulla, degli oli. Il 46% ha solo qualche idea giusta, ma continua a navigare in un mare di convinzioni inesatte e spesso fuorvianti. Il 35% risulta al contrario moderatamene competente, e, sia fatta luce, solo il 13% del campione appare perfettamente informato.

Altro da aggiungere? Qualche dubbio sul fatto che gli italiani conoscano la materia degli oli?

Per ora mi fermo qui. L’indagine di cui vi ho riportato alcuni dettagli è datata, ma – credetemi – non è che sia cambiato molto da allora. Piuttosto, perché non si realizzano altre indagini analoghe?

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