Sono sovrastato da giornali e libri, lo potete ben immaginare; e così sono abituato a leggere in perenne ritardo, chiuso nel mio pensatoio. Quest’oggi in particolare la mia curiosità l’ho concentrata sull’editoriale del bravo giornalista Giuseppe Casagrande, direttore di “Papageno”. Sul numero 31 dell’ottobre 2010 leggo alcune sue riflessioni particolarmente interessanti. Partono da una indagine condotta dall’Accademia italiana della Cucina a partire da venti chef superstellari.
Cosa è emerso?
Ecco uno stralcio tratto dall’editoriale di Casagrande:
L’Accademia ha pure sondato quanto costa pranzare in questi ristoranti-gourmet, in media, senza vino, dai 150 ai 200 euro a persona. Il costo comprende naturalmente le “coccole” riservate agli ospiti: su 45 coperti in media ci sono 8 addetti in sala e 12 in cucina, ognuno dei quali si prende cura di due clienti. Addirittura l’Enoteca Pinchiorri (Firenze) con 36 addetti (18 in cucina e 18 in sala) per 55 coperti vanta una media di un addetto ogni 1,5 clienti.
Bene, ora ho una considerazione da fare vox populi. Questi venti chef superstellari quanta attenzione ripongono nella scelta degli oli extra vergini di oliva? Con quale criterio scelgono i loro oli da utilizzare a crudo e in cottura? E, soprattutto: gli oli che utilizzano in ristorante li ricevono in omaggio dalle aziende o li acquistano? E in cucina, dove non si vede nulla, tranne che non vi sia una cucina a vista, che olio utilizzano? E su che fascia di prezzo si orientano di solito? E con che olio friggono? Presteranno secondo voi la medesima attenzione che rivolgono di solito a ciascuno dei loro ospiti?
Le stesse domande le pongo anche a chef meno stellari, ma altrettanto bravi e convincenti. Attendo paziente le risposte, con grande curiosità
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