Olivo Matto

L’olivicoltura italiana ha urgente necessità di futuro

Luigi Caricato

Come possiamo ragionevolmente affrontare il futuro? È una domanda che mi pongo spesso, ma con una chiave di lettura differente rispetto a quel che di solito ci si attende da una simile questione sempre aperta a scenari e sviluppi incerti.

Il concetto di futuro a me è sempre piaciuto. Tutto ciò che penso e realizzo è sempre proiettato al futuro. Non penso mai in modo ossessivo al presente, giacché l’oggi lo vivo ogni giorno e non ha senso ruotarci troppo attorno, ma è solo pensando al futuro che si può vivere un presente migliore, ricco di aspettative.

Ragionare seguendo obiettivi futuri ritengo sia la strada più utile ed efficace per concretizzare qualcosa a cui teniamo molto, dando così forma a progetti, visioni e aspettative.

Lo scorso 23 marzo sono stato a Bisceglie, in Puglia, per un grande evento nazionale organizzato da Bayer CropScience, sul tema “Olivicoltura e suoi protagonisti. Il contesto italiano tra sfide, innovazione e passione”. Ho avuto il piacere e l’orgoglio di moderare l’evento, anche perché ogni iniziativa di questa importante società multinazionale è sempre ben congegnata, frutto di un lavoro di un team coeso, molto professionale e sempre propositivo. Il mio intervento introduttivo iniziava non a caso con una domanda, “C’è ancora un futuro per l’olivicoltura italiana?”, e nel corso della mia relazione ho posto un’ulteriore domanda, altrettanto fondamentale: quando ci poniamo di fronte a scelte che implicano una responsabilità personale e collettiva, ci chiediamo mai “Cosa succederà fra tot anni?”.

Io ritengo che molti – quantomeno nel campo agricolo – non pensano nemmeno lontanamente di investire energie e denaro progettando e in qualche misura prevedendo e anticipando il futuro. Questo accade perché non si ha volontà di sorvolare e superare (si badi bene: non cancellare) il passato. Non vi sono tentativi di aprire un nuovo corso ma c’è semmai il desiderio di reiterare il passato, inveterare e non staccarsi mai dal peso del passato. Si pensi allo slogan di Grom: “Il gelato come una volta”. Cosa significa il gelato di una volta? Molto meglio quello odierno, e ancora migliore sarà il gelato del futuro. Sono slogan nostalgici, ancorati al passato. Non va bene questo sguardo passatista. Per tornare all’olivicoltura, credo che se si voglia davvero farle rivivere una stagione d’oro, nuova e diversa, sia necessario voltare pagina.

L’olivicoltura italiana oggi è stanca e seduta su se stessa, non ha fame di futuro e nemmeno si preoccupa di prefigurare – immaginandolo, perfino sognandolo – il futuro. Non ci si può ancorare al passato e risultare anacronistici e inattuali. Ci vuole pensiero, progettualità, energia, e soprattutto è necessario acquisire un nuovo abito mentale. Il futuro è di per sé incerto e imprevedibile, basti pensare all’ineluttabilità della pandemia, o al barbarico conflitto in Ucraina. Ecco allora spuntare l’ombra funesta di Putin. Con lui l’immagine più desueta e vetusta dello scenario politico internazionale irrompe a gamba tesa e con violenza, seminando discordia e abusi. Come per Putin, ogni ritorno inglorioso al passato ci inchioda a un presente senza prospettive. Per uscire dal guado, non c’è altra soluzione che fuggire dagli spettri e dai relitti del passato. L’olivicoltura italiana ha oggi urgente necessità di futuro.

Questo testo riprende in toto l’editoriale pubblicato sul numero 27 della rivista digitale sfogliabile Oliocentrico

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L’evento nazionale organizzato da Bayer CropScience sul tema “Olivicoltura e suoi protagonisti. Il contesto italiano tra sfide, innovazione e passione”.

Per prendere visione dell’evento, scorrere il cursore al minuto 22.

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