Olivo Matto

La brutta figura mondiale dell’Italia sul caso Xylella

Luigi Caricato

Quando ai tempi dell’università entravo nel vivo di alcune parole come “relativismo”, non riuscivo esattamente a intendere il senso profondo. Lo avvertivo, certo, ma solo su un piano strettamente filosofico. Di fatto, non riuscivo ad associare il concetto di “relativismo” alla vita quotidiana, e soprattutto non lo attribuivo come possibile in un ambito strettamente istituzionale.

Mi sono sbagliato. Esaminando infatti la situazione italiana degli ultimi anni, debbo purtroppo ammettere che il relativismo è entrato a pieno titolo non soltanto nella società degli ultimi, dei disagiati, di chi non ha un adeguato bagaglio di studi, ma ha contagiato perfino le figure istituzionali, quelle nelle quali si dovrebbe trovare invece un solido ancoraggio e risposte certe.

È questo lo stato di declino culturale e morale che sta attraversando il Paese. Di fronte alle emergenze, inevitabilmente, lo si nota ancor di più.

Partiamo dunque dal caso Xylella fastidiosa. Quando si è notato il problema nella sua più drammatica evidenza, mai immaginavo che una procura della Repubblica, quella di Lecce, indagasse scienziati, ricercatori e funzionari, con l’infamante accusa di contagiare gli olivi. L’iscrizione nel registro degli indagati, perfino del commissario straordinario Silletti, nominato appositamente per fronteggiare l’emergenza, è il segno di una deriva istituzionale senza precedenti. Anche lo stesso Ministero, che non ha fatto nulla per rifiutare le dimissioni del commissario straordinario, è l’esempio emblematico di una realtà istituzionale inconsistente e senza principi morali.

In tutta questa brutta storia, l’atto in assoluto più deprimente, sul piano culturale, è stato l’aver posto perfino sotto sequestro gli olivi. Per molti mesi, favorendo così la diffusione sempre più rapida del batterio.

Non mi soffermo volutamente su una classe politica squinternata, che pur di non perdere il consenso, non si è mai assunta la responsabilità di agire per il bene collettivo, anche prendendo decisioni impopolari quando necessarie.

Ora, dopo anni di fallimenti e di una pessima gestione dell’emergenza, la Commissione europea come era prevedibile ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia, per l’oggettiva incapacità di prevenire l’ulteriore diffusione di un organismo nocivo da quarantena che tutti, fuori dall’Italia, temono ormai per le terribili conseguenze che ne possono derivare. Non bastasse ciò, alcuni sindaci dei comuni pugliesi si sono opposti alle misure indicate da un decreto del 13 febbraio 2018, nel quale si prevedono trattamenti fitosanitari obbligatori.

Nel frattempo, c’è chi per fortuna, dopo anni di assurdi tatticismi pur di evitare le eradicazioni degli alberi, fa marcia indietro, non chiedendo scusa, certo, ma almeno evitando di abbracciare una strada rovinosa senza ritorno.

Non finisce qui, l’ultima notizia è un dispaccio di agenzia dove si comunica che la sezione pugliese dell’Aiab, l’associazione italiana per l’agricoltura biologica, si è offerta di finanziare eventuali ricorsi al Tar, come se non bastassero i tanti, troppi, che hanno finora bloccato le azioni di contrasto alla diffusione della Xylella.

L’Aiab, nel caso specifico, si oppone alle direttive del governo nazionale, perché – come si legge nella nota – gli agricoltori si troverebbero costretti a svendere le proprie aziende, riportando la Puglia ai latifondi del passato, e questa volta con l’aggravante di favorire la coltivazione intensiva di cultivar di olivi non autoctoni.

Vi sembra così paradossale questa storia? Ebbene sì, siamo proprio giunti a livelli così bassi, ma non è finita, perché si può sprofondare ancor di più e le premesse ci sono tutte. La brutta figura internazionale rimediata dall’Italia per la sua incapacità di gestire una grave emergenza come la Xylella, non rende più sagge le persone ma le imprigiona nelle maglie del relativismo.

Siamo dunque alla deriva totale, e se questo per alcuni non è relativismo, cos’altro è?

Io nel frattempo confesso in tutta franchezza di non giudicare favorevolmente coloro che si oppongono alle eradicazioni degli ulivi infetti e a ogni rispettabile azione di contrasto della diffusione del batterio. So per certo che questi errori si pagheranno a caro prezzo. Le poche centinaia di olivi non eradicati a suo tempo, quando era necessario farlo, ora sono milioni di alberi e diventeranno sempre di più.

Questa è la realtà che alcuni non vogliono riconoscere.

Piaccia o meno, siamo purtroppo precipitati in una fase di inarrestabile declino e di conseguenza ogni azione e atteggiamento del pensiero inducono a considerare tutto come relativo, così che nessuna scienza può più pronunciare giudizi di valore e tutto, appunto, è miserabilmente relativo.

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