Olivo Matto

Le Città dell’Olio e la cultura. Un esperimento sociale

Luigi Caricato

Ho sempre ritenuto che la parola “cultura” sia sempre sulla bocca di tutti. E ciò è vero più che mai, soprattutto nella fase storica che stiamo attraversando, fatta più di annunci e molto meno di impegni concreti.

A essere onesti, nessuno, di fatto, si cura di promuovere e facilitare investimenti reali incentrati sulla cultura di prodotto. E quando dico cultura di prodotto non alludo certo a qualcosa di generico, a una minestra riscaldata fatta di formule desuete e inefficaci.

Purtroppo, rappresentando un costo vivo, seppur minimo, ma con risultati che si raccolgono solo nel lungo periodo, nessuno crede realmente nella cultura. E così, trincerandosi dietro una parola che comunque affascina solo a pronunciarla, in molti pensano che basti evocarla per sentirsi a posto con la coscienza, ma non è così.

Eccomi allora impegnato in un esperimento sociale di cui vi riporto i risultati. In Italia, come immagino sappiate tutti, abbiamo, operativa ormai da diversi anni, l’associazione nazionale delle Città dell’Olio.

Che senso abbia una organizzazione che mette insieme comuni, province e camere di commercio nel promuovere una materia prima nobile qual è l’olio da olive, e con esso il paesaggio e di conseguenza l’olivo, ve lo siete sicuramente chiesto in tanti, io per primo. Non vi sono certo finalità commerciali, dal momento che si tratta di una organizzazione non a fini di lucro. Quindi di mezzo c’è solo ed esclusivamente la cultura. Che altro, altrimenti, se non la cultura?

Ebbene sì, è proprio la cultura a dover essere esaltata e rilanciata, proprio a partire dai micro territori dove alligna l’olivo. È proprio per questo che ho avuto la brillante idea di realizzare un esperimento sociale. Ho incaricato una mia collaboratrice di inviare una mail personalizzata a ciascun referente locale delle Città dell’Olio, in modo da presentare il progetto culturale di Olio Officina, richiedendo pertanto, a esclusivo vantaggio degli abitanti dei vari centri produttivi d’Italia (se ne contano oltre trecento), di prendere in considerazione l’ipotesi di abbonarsi alla rivista trimestrale cartacea OOF International Magazine, oppure all’annuario Olio Officina Almanacco, o ai vari titoli di libri in catalogo, tra manuali, saggi e testi di letteratura ispirati al mondo dell’olio e, per estensione, a quello agricolo.

A questo punto immagino che vogliate sapere il riscontro avuto dai numerosi scambi di mail effettuati, preceduti tutti da telefonate dirette, volte a individuare la persona cui fare riferimento.

Il risultato? Nessuno tra gli oltre trecento comuni aderenti all’associazione ha mai risposto alla mail, tranne il comune di Massa Marittima, che attraverso l’Ufficio di Segreteria del Sindaco, ha gentilmente dato riscontro con le seguenti parole:

“…ringraziandola per la gentile proposta, le comunico che la Giunta Comunale, nella seduta del 17 aprile u.s., non ha ritenuto opportuno aderire alla stessa ed ha deciso di non procedere all’acquisto delle pubblicazioni”.

Ora, la questione non è di natura prettamente commerciale. Se tale fosse stata la natura del contatto, ci saremmo direttamente rivolti o al presidente Enrico Lupi, o al direttore Antonio Balenzano, che avrebbero senz’altro favorito e rilanciato tale proposta, in linea con i principi che animano l’associazione.

Non ho voluto ricorrere a simili forzature, sia perché non fanno parte della mia natura, sia, soprattutto, perché ho voluto fare un esperimento sociale. Per verificare. Per toccare con mano le motivazioni che muovo delle istituzioni ad aderire a una associazione di prodotto e di territorio.

La collaboratrice che si è occupata delle relazioni con i vari comuni ed enti non ha mosso alcuna obiezione, di fronte alla mia richiesta, ma si comprendeva molto bene, dalla sua espressione, che ogni contatto sarebbe stato un salto nel buio. Così è stato.

Oltretutto, c’è da osservare che nella totalità dei comuni aderenti alle Città dell’Olio, chi rispondeva al telefono ignorava del tutto l’esistenza di una simile associazione, segno che il personale dedicato a relazionarsi con il pubblico non era certo all’altezza del compito, o che la stessa municipalità non abbia mai adeguatamente formato i propri centralinisti.

Ora, per entrare più nel dettaglio, la mia idea di esperimento sociale è consistita in una libera proposta esclusivamente al fine di sondare il grado di attenzione e sensibilità, oltre che il reale impegno da parte dei comuni nel favorire l’affermazione di una reale e non immaginaria cultura dell’olio.

Sappiamo tutti che un buon comune lo si valuta dalla sua biblioteca ed emeroteca, così come le famiglie dai libri e dai giornali che hanno (o non hanno) in casa. E visto che abbiamo in Italia comuni finanziariamente ridotti al collasso, in un deficit assoluto e insanabile, se solo avessero chiesto di ricevere comunque la rivista, anche in omaggio, l’avremmo fatto molto volentieri. Purtroppo, ciò che è venuta a mancare, è stata la sensibilità e l’educazione nel rispondere, il fatto che nessuno (tranne uno) abbia avvertito il bisogno di offrire alla propria cittadinanza degli utili strumenti culturali.

L’olio, di conseguenza, con queste premesse, è solo un pretesto e non c’è nulla di serio nell’aderire ad associazioni che altrove, in altri Paesi, trovano invece ben altro esito.

Non è una critica con intenti polemici, ma solo un accorato invito ai rappresentanti delle Città dell’Olio che si riuniranno in assemblea il 29 e il 30 giugno ad Asolo, a riflettere sul proprio compito. Fare qualcosa senza crederci, è una scelta infelice, da scoraggiare. Occorre invece avere le giuste motivazioni e credere concretamente nella cultura di prodotto.

Io già immagino il Presidente Lupi, stancamente e ossessivamente ripetere: “porto il saluto delle 300 e passa Città dell’Olio”. Ogni volta cambia il numero, si sale, si scende, in base al rinnovo e al pagamento della quota di iscrizione e alle nuove adesioni.

D’accordo, è vero, una associazione di identità come questa ha senso e risponde a una logica nobile, lo so bene, ma educhiamo tuttavia i rappresentanti delle municipalità, invitiamoli a darsi da fare, ad agire, a suscitare attenzioni non epidermiche sul valore inestimabile dell’olio.

Non solo parole, ma atti concreti.

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