Olivo Matto

Le parole che vanno dette, perché alle volte non si può tacere

Luigi Caricato

Le parole che vanno dette, perché alle volte non si può tacere

Sono rimasto colpito dall’assordante silenzio del ministro Giancarlo Galan, riguardo all’anniversario dei 50 anni dell’olio extra vergine di oliva (leggete il mio editoriale su Teatro Naturale di quest’oggi); e ancor di più mi ha deluso, sul piano professionale e umano, la squadra operativa di cui si circonda, per l’insensibilità e la maleducazione dimostrata.

E così ho scritto sia al Capo Gabinetto del Ministero delle Politiche agricole e forestali, sia all’Ufficio del Portavoce del ministro Galan.

Evidentemente il mondo che ruota intorno alla politica (ma qui non dico nulla di nuovo) interviene solo là dove c’è una convenienza, là dove c’è l’opportunità di agire.

Sono anni che mi muovo per dare voce al mondo dell’olio, pubblicando libri su libri, scrivendo articoli su articoli, agendo concretamente nella storia, e sempre a testa alta, senza mai chinare la schiena ai vari gruppi di potere che si susseguono famelici, e cosa ho ottenuto? Il silenzio, la mancanza di rispetto. Con tutta la mia storia personale di cui sono orgoglioso, con tutto il mio impegno costante e instancabile, cosa ho ottenuto? Nessuna risposta, come se il mio lavoro fosse stato inutile.

Al mio invito rivolto al Ministro, a presenziare alla giornata evento dei 50 anni dell’olio extra vergine di oliva non ho avuto nemmeno una risposta.

Ho scritto personalmente agli indirizzi cui avevo inviato l’invito, senza ottenere il benché minimo segnale: maleducazione allo stato puro, sintomo di una arroganza che fa parte intimamente di chi pensa di detenere un piccolo potere e di sentirsi “qualcuno” proprio per questo.

E’ grave tale silenzio, ancor più perché l’invito parte da chi come me, agendo dal basso, sta lavorando sodo per tenere in piedi sul piano culturale un settore, quello dell’olio, cui tutti hanno attinto a piene mani, depredandolo di cospicue risorse finanziarie e soprattutto di dignità. Non ho chiesto danaro, ma solo un segno che non è arrivato.

Se il Ministro non aveva tempo da dedicare alla giornata-evento del 2 dicembre a Milano – giornata di grande, spettacolare, successo – poteva certamente avvalersi della tecnologia e collegarsi in videoconferenza per un saluto; ma poteva anche realizzare un video da inviare, o un comunicato stampa in cui si evidenziava il valore dell’iniziativa. Ma niente, il fatto è che l’agricoltura è l’ultimo pensiero del ministro Galan e del suo ufficio. Conta altro nella vita, ne sono ben consapevole.

Non finisce qui. Questo episodio è il chiaro segnale della netta separazione tra società e mondo della politica e della burocrazia: due entità nettamente distinte, con valori differenti e agli antipodi. Ciò che è grave, è che questo Paese arretra proprio per l’insensibiltà e l’arroganza nel gestire ciò che appartiene alla sfera pubblica. Ma questa è storia risaputa: da una parte c’è chi lavora in solitudine, reo di non appartenere a gruppi di potere, dall’altra c’è chi sorride pensando a quanti poveri illusi credano sia possibile ancora una società fondata sull’etica.

Per la cronaca: alla manifestazione del 2 dicembre vi erano, tra il pubblico, diversi funzionari del Ministero. L’assenza di chi ruota a vario titolo attorno al Ministro, la loro manifesta maleducazione nel non fornirmi una risposta, diventa ancor più grave e ingiustificabile.

E’ evidente che abbia concluso la mia email indirizzata al gruppo di lavoro del ministro Galan esprimendo nessuna cordialità (anche perché questa va meritata), salutandoli tout court, senza alcuna stima nei loro confronti

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