Olivo Matto

Le virtù miracolose del lampante

Luigi Caricato

Vi stupirete, lo so; ma chi mi conosce sa bene che amo provocare. Le provocazioni sane, quelle necessarie per far riflettere, fanno bene: seminano dubbi.

Questa volta – dopo aver opportunamente provocato reazioni urticanti in merito all’olio di sansa di oliva, male accolto universalmente dal mondo della produzione, perché quasi ritenuto escremento, qualcosa di cui vergognarsi – vi provoco con l’olio vergine lampante. Aspettate, però, prima di sentenziare.

Già l’articolo “L’apparizione del vergine” ha destato scalpore, anche se non tutti trovano il coraggio di esporsi, vergognandosi un po’. Ho infatti scoperto che il mondo dell’olio è popolato da molti pusillanimi, poco propensi a guardare in faccia la realtà, riconoscendola per quello che è. L’onestà intellettuale è merce rara, lo è stata sempre.

Per nostra grande fortuna, in Italia siamo produttori di eccellenze impareggiabili. Abbiamo da esserne fieri, da qui alle generazioni future. Riusciamo a fare non solo una qualità con punte di eccellenza, ma anche una variegata e biodiversa, ben connotata, in grado di essere personalizzata anche nell’ambito di un territorio ristretto. Possiamo anche essere fieri della nostra attitudine nel realizzare blend – ciò che i francesi chiamano cuvée, a proposito di Champagne per esempio. Eppure siamo capaci anche di denigrare i blend, non comprendendone appieno il significato e l’importanza di quest’arte. Già la parola italiana è penalizzante: miscela – ricorda il carburante che riempiva il serbatoio del mitico “Ciao” della Piaggio.

Le eccellenze olearie per fortuna in Italia ci sono, anche se all’estero non sono affatto meno bravi di noi. Ma accanto alle eccellenze abbiamo anche dei comuni extra vergini, dignitosi, buoni, apprezzati dai consumatori – ma abbiamo anche degli onesti oli vergini di oliva (prodotti peraltro in grande quantità) e disponiamo perfino di grandi (mi verrebbe da dire ingenti) quantità di olio vergine lampante (non ci credete? Provate a rinfrescarvi le idee leggendo l’articolo di Domenico Petrosillo: “L’invasione del lampante”).

Bene, il lampante. E’ evidente che si tratti di un olio dichiarato “non commestibile”, ma non per questo non consumato, soprattutto nei luoghi di produzione classici: Calabria, Salento – ma anche altrove, per carità. Ebbene, il lampante – e qui ci sta tutta la provocazione del titolo di questa mia “incursione” – ha le sue virtù miracolose. E vi spiego perché.

Sono decenni, e secoli, che ci si nutre di lampante. Eppure quest’olio è da tanti denigrato, e a ragione, perché non possiede certo le medesime proprietà di un extra vergine d’eccellenza – volete mettere i polifenoli? Eppure quest’olio, il lampante, ha fatto campare a lungo tante persone. E’ stato l’elemento chiave della fortuna che ha poi riscosso la dieta mediterranea. Ricordate Ancel Benjamin Keys?

Perché scrivo questo? Ma è naturale, nei mesi scorsi ho letto – da qualche parte, non ricordo dove – di un anziano signore calabrese, di oltre cento anni, scelto come testimonial per gli oli da olive. Hanno fatto bene, occorre testimoniare che con l’olio ricavato dalle olive si campa bene e a lungo. E allora, in ragione di questa scelta di testimonial, mi chiedo, e vi chiedo: se in Calabria, terra (soprattutto nel recente passato) storicamente produttrice di lampanti, un uomo di cent’anni si è nutrito ricorrendo agli oli della propria terra, allora – ma guarda un po’ – anche gli oli lampanti esercitano sull’organismo delle virtù miracolose, allungando oltre misura la vita.
E voi, voi che ne dite?

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